Scritta antisemita al Lido: un segnale da non sottovalutare

2024-05-14 GAZZETTINO -Scritte antisemite al Lido un campanello di allarme

Esprimo, a nome del mio partito e mio personale, il raccapriccio e l’esecrazione per la scritta antisemita apparsa al Lido. Azione si unisce alla condanna unanime da parte di tutte le forze politiche e apprezza la prontezza dell’Amministrazione nel cancellare quelle parole deliranti. Si potrebbe essere tentati di derubricare l’accaduto a bravata di un dissennato, tanto truculenta e insensata è la minaccia apparsa sul muro del Galoppatoio di via Sandro Gallo. E verosimilmente l’autore della scritta è davvero uno squilibrato. Tuttavia, accende un segnale serio di attenzione: le manifestazioni di antisemitismo si stanno pericolosamente moltiplicando, nelle università l’aria per gli studenti ebrei è diventata irrespirabile e da più parti è imposta una narrazione antisemita tout court, del tutto scollegata dalle responsabilità del governo Netanyahu e neppure correlata alla umana e doverosa solidarietà per la tragedia umanitaria dei palestinesi. È invece necessario saper scindere le azioni delle forze armate israeliane, dalla appartenenza alla comunità ebraica. E soprattutto è necessaria la consapevolezza che la questione israelo-palestinese è maledettamente complessa e vi sono torti e ragioni da tutte le parti. Vi è invece un certo immaginario collettivo, fatto di terzomondismo e sensi di colpa occidentali per i peccati del colonialismo, per il quale gli ebrei sono i cattivi perfetti: ovvero i ricchi che vessano i poveri, gli amici degli amerikani. La stessa nascita di Israele, per taluni, è il colpo di coda del colonialismo. Insomma, prendersela con loro ha la fascinazione del sentirsi progressista, pacifista, buono e superiore. Poi i risultati sono le scritte al Galoppatoio. Ricordiamoci sempre delle parole di Francisco Goya: il sonno della ragione genera mostri.

Paolo Bonafè – Segretario Comunale

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14 maggio 2024

L’Hydrogen Park di Marghera si rinforza: la strada giusta

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Notizia freschissima: a Porto Marghera sorgeranno una stazione di rifornimento per gli autobus a idrogeno (che sarà, a tendere, la tecnologia esclusiva per gli autobus di AVM in terraferma, così come l’elettrico è quella ormai massiva per Lido e Pellestrina) e una centrale di produzione di idrogeno tramite elettrolisi con alimentazione da energia rinnovabile (il cosiddetto “idrogeno verde”) per rifornire la stazione stessa.
Si rafforza la svolta green nella mobilità pubblica veneziana e il cosiddetto Hydrogen Park di Marghera, ovvero il complesso di attività orientate all’innovazione e allo sviluppo nel settore delle applicazioni stazionarie dell’idrogeno che si sta affermando come una delle fonti energetiche più promettenti potendo veicolare energia pulita e rinnovabile e quindi, mostrando un potenziale capace di trasformare non solo il settore dei trasporti, ma anche l’industria e la produzione stessa di energia. Con l’eventuale possibilità di estendere anche alla flotta di navigazione questa tecnologia.
È la strada giusta: Marghera ha la possibilità di ospitare attività industriali pulite, anzi vocate alla transizione energetica, creando engagement per imprese di grandi dimensioni e prestigio e diventare un riferimento internazionale per questa tecnologia del futuro”.
“È precisamente la nostra visione di futuro per questa città – precisa Paolo Bonafè, Segretario Comunale – valorizzare l’asset di Porto Marghera per ospitare attività industriali di pregio, che creano posti di lavoro di alta specializzazione, attirano giovani e inseriscono la nostra città in un circuito virtuoso di scambi, ricerca, coinvolgendo un network di imprese innovative e multinazionali. È la giusta ricetta per contrastare la vituperata monocultura turistica e costruire la città del futuro.

Paolo Bonafè – Segretario Comunale
Luca Cotecchia – Delegato Attività Produttive, Ambiente e Green Economy

L’INSEGNAMENTO DI ALDO MORO COME GUIDA ALL’IMPEGNO POLITICO DEL CATTOLICO

Il 16 marzo è l’anniversario della strage di via Fani. La memoria di quella tragica  giornata, dove
morirono cinque uomini della scorta e dove venne rapito  l’On. Aldo Moro è un atto dovuto perché
è stata la sconfitta dello Stato e la morte della prima Repubblica. Forse le nuove generazioni non
sanno neppure cosa sia successo allora, chi fosse stato Aldo Moro o come visse l’Italia
democratica in quegli anni del terrore: il rapimento di Moro e la sua uccisione, dopo 56 giorni di
prigionia, segnarono in modo lacerante e irreversibile la storia della nostra Repubblica.
Ma chi era Aldo Moro: certamente un rappresentante, forse il più significativo, di una generazione
di giovani intellettuali cattolici che, al termine del secondo conflitto mondiale, volle, nel solco
tracciato da Alcide De Gasperi, dedicarsi alla fondazione e costruzione dello stato democratico,
prima nell’Assemblea costituente, e poi nell’azione di governo. Moro fu leader di quel cattolicesimo
democratico cui va il merito di aver dimostrato che esiste una conciliabilità fra cristianesimo e
democrazia, anzi la possibilità di un arricchimento della democrazia attraverso i valori e la
tradizione religiosa. In lui erano presenti una grande capacità di dialogo e di ascolto delle ragioni
dell’altro, di lucidità nella lettura dei segni di cambiamento nella storia del nostro paese, di apertura
a nuove prospettive dell’azione politica, costruendo le condizioni per l’entrata dell’allora Partito
Comunista Italiano nell’area del governo. Raffinato intellettuale, politico sapiente, rimase sempre
un uomo profondamente fedele e coerente ai valori del cattolicesimo, il suo pensiero, sul rapporto
fra i cattolici impegnati in politica e la Chiesa, è ancora oggi di assoluta attualità e modernità. Nella
sua azione politica, ebbe ben presente la complessità della vita umana, la diversità dei valori, la
distinzione dei piani nei quali si esplica l’attività umana, con una posizione morale dominante,
ribadendo che l’azione dei cattolici nello Stato, svolta in piena autonomia e sotto la propria
responsabilità, è appunto un omaggio reso allo Stato.
Oggi questi valori e queste affermazioni stridono con le azioni dei politici che invece, molte volte
antepongono gli interessi personali rispetto all’etica e ai doveri di trasparenza, che dovrebbero
essere il fulcro dell’azione amministrativa per chi si candida a rappresentare i cittadini e gli
interessi pubblici. Inoltre, allora,  il tema della morale e della autonomia dell’azione dei cattolici in
politica era un presupposto di manifesta autonomia e garanzia della vita democratica piuttosto di
appiattimento sulle tesi della chiesa stessa.  Non dimentichiamo che in quegli anni si svolsero
referendum importanti per la determinazione di importanti diritti che sono entrati nella nostra vita
quotidiana, come quello per il divorzio o sulla legge 194 e questo è veramente stridente con quello
che sta avvenendo in questo periodo.
Si può evincere quindi quanto sia stato importante l’insegnamento della “lezione morotea” sulla
laicità, sullo sforzo di comprensione, sul rispetto, dell’ascolto reciproco e sull’inquietudine, che
accompagna sempre l’impegno politico dei cristiani che più è il loro destino. Ma che «è pur sempre
un grande destino» diceva Moro.
Paolo Bonafe’  Segretario Comunale Azione Venezia
Venezia 10/05/2024

Basta morti sul lavoro, necessita coltivare la cultura della sicurezza e rinforzare le strutture di controllo

Purtroppo, un altro caso di tragedia sul lavoro è accaduto anche ieri. Fermo restando che le indagini appureranno le responsabilità, al momento non valutabili, resta il fatto che, purtroppo questo è l’ennesimo caso di tanti da inizio anno.

Per me, che faccio politica, ma che sono anche un professionista della sicurezza, come RSPP e Formatore, quello che avviene è un fallimento doppio, dato che anche la politica ha le sue colpe.

La sicurezza nei luoghi di lavoro è normata dal Testo Unico sulla sicurezza – Dlgs 81/2008 e da altre norme tecniche, che il legislatore ha emanato nel tempo in forma di decreti legislativi e Decreti Ministeriali.  Quindi le norme ci sono, è la loro applicazione e la valutazione dei rischi, diretti ed indiretti, che poi ne determina l’efficacia.

Quindi necessita operare su due livelli:

Il primo è quello di “inculcare” la cultura della sicurezza, a partire dai Datori di Lavoro e poi nei dipendenti. Si intende per cultura della sicurezza, la modalità con cui le problematiche relative alla sicurezza vengono affrontate nel luogo di lavoro, ovvero “gli atteggiamenti, le convinzioni, le percezioni e i valori condivisi dai lavoratori in relazione alla sicurezza”. In altri termini, il modo in cui ogni organizzazione fa sicurezza. La cultura della sicurezza di un determinato contesto può essere valutata in termini di maturità, basandosi su come vengono gestiti e si affrontano gli incidenti, quando si verificano e i Near Miss, ovvero i mancati incidenti che però sono campanelli d’allarme. Per fare questo si parte dalla organizzazione interna dei preposti e responsabili alla sicurezza e si finisce con una organizzazione del lavoro ottimale, con figure chiare in aziende che investono risorse economiche e monitorizzino con i propri preposti i processi di lavoro, gli errori e le violazioni commessi dai diretti responsabili per negligenza, imprudenza e sventatezza.

Il secondo è quello dei controlli da parte degli organi di vigilanza. perché i controlli siano effettuati e le norme siano rispettate. E qui interviene la politica, ovvero le azioni degli organi dello stato e degli enti locali nella loro funzione di controllo del territorio. Si deve quindi sopperire con nuove risorse alla cronica mancanza di personale e quindi intervenire verso le forze istituzionali chiamate a garantire il rispetto della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, in primo luogo le ASL, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, dotandoli di risorse economiche, risorse umane e di mezzi idonei per la loro funzione di prevenzione.

Con queste due azioni combinate molti degli incidenti accorsi si potevano evitare ed evitarsi in futuro di nuovi

Paolo Bonafe’ Segretario Comunale Azione Venezia e vicesegretario Metropolitano

DDL SANTANCHE’

Azione Venezia

COMUNICATO STAMPA DDL SANTANCHÈ

Azione convintamente ritiene che la proliferazione incontrollata delle locazioni turistiche (“LT” nel seguito) sia una delle cause (certo non l’unica) dello spopolamento della città e, insieme, costituisce un fattore che impatta in modo significativo sul fenomeno del cosiddetto overtourism.

È convinta che sia necessario introdurre per legge disposizioni per regolamentare le LT così come vengono regolamentati e disciplinati tutti gli altri settori delle attività produttive.

Per chiarezza, si precisa che non si ritiene che le LT siano un “male assoluto” (la loro presenza offre anche spazi positivi, di servizi al turista, di lavoro ai residenti e di possibilità di manutenzione dei palazzi) ma certamento lo è il loro proliferare senza alcun tipo di controllo o di pianificazione.

Il fenomeno riguarda tutte le città d’arte (e non solo) e ne depriva i centri storici non solo degli abitanti ma pure di tutto ciò che non è funzionale alla fruizione turistica e, in un circolo vizioso, rende sempre meno attraente e conveniente vivere in centro città, desertificandolo dalle funzioni urbane.

I centri delle nostre città non sono solo pietre e palazzi, sono topoi della mente, entità complesse che non possono non comprendere la memoria di sé e i loro abitanti, senza i quali ogni città diventa un non luogo, un “parco a tema”.

Questo finisce anche con l’impoverire significativamente la stessa esperienza di fruizione turistica da parte del visitatore.

L’obiezione dell’intangibilità della proprietà privata, posta dalle organizzazioni delle LT per contestare in punta di principio ogni limitazione all’uso dell’appartamento di proprietà, non è consistente: lo stesso art. 42 Cost recita “La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.

Ovvero il godimento della proprietà è sempre condizionato al bene comunee/o pubblico.

E appunto per Azione, il concetto di bene pubblico si applica anche per elementi immateriali come l’esistenza in vita dei centri storici e la salvaguardia dei loro abitanti e delle loro tradizioni. In altri termini, il diritto di utilizzo di una proprietà privata è sempre comunque vincolato al non nuocere alla comunità; e questo non comporta un vulnus al principio – che non vogliamo certo mettere in discussione – del diritto alla proprietà privata.

Del resto, già città in altri Paesi, dove certamente il diritto alla proprietà privata non è discussione, hanno preso provvedimenti di regolamentazione che introducono limitazioni.

L’Italia, buona ultima, tramite il DDL Santanchè ha se non altro cominciato a porsi il problema.

All’iniziativa del Ministero del Turismo va dunque riconosciuto il merito di cercare di mettere mano al fenomeno.

Il pregresso

Il DDL Santanché (inizialmente previsto come Disegno di Legge, poi convertito in Decreto e successivamente ancora riportato a Disegno) ha visto tre successive scritture.

La prima bozza del testo del DDL Santanchè data 23/5 u.s. prevede una registrazione a livello nazionale delle attività di LT rendendo obbligatorio un CIN (Codice Identificazione Nazionale) che sostanzialmente rispecchia quello che in molte Regioni (tra cui il Veneto) esiste già.

È un utile disposto che contrasta l’abusivismo e l’evasione fiscale ma che, soprattutto ove già previsto un CIR (Codice Identificativo Regionale), non impatta sulla limitazione del fenomeno.

L’unico disposto vagamente restrittivo (e infatti contestato dalle organizzazioni) è l’obbligo di una permanenza di almeno due notti del locatario.

Questa prima versione è stata commentata da Azione Venezia negativamente perché, a dispetto dell’asserita intenzione di salvaguardare la residenzialità dei centri storici ed impedirne lo spopolamento, prevedeva solo disposizioni nella sostanza ininfluenti.

Così ininfluenti che, con un po’ di malizia, si poteva ritenere che nella redazione del testo fosse stata significativa l’influenza delle organizzazioni delle LT.

Azione Venezia aveva conseguentemente suggerito agli esponenti in Parlamento del partito di intervenire in sede di Commissione Parlamentare con una proposta strutturata di vero e proprio emendamento del testo da sottoporre.

La seconda versione del DDL, datata 6/9, modifica in modo importante le impostazioni della prima versione e, a giudizio di Azione, va nella direzione auspicabile.

Le modifiche più significative sono le seguenti:

1. La soglia massima di appartamenti dedicati alla LT oltre la quale scatta l’obbligo di attività imprenditoriale (con le relative conseguenze) passa da 4 a 2 (art. 2.5);

2. Viene introdotta (art. 5) tutta una serie di obblighi in termini di requisiti di sicurezza analoghi a quelli delle strutture alberghiere per qualsiasi appartamento locato, per ottenere riconoscimento nazionale. Ai sensi dell’art. 3.4 la disposizione pare di fatto retroattiva perché introduce l’obbligo di ottenere il CIR nazionale anche da parte dei detentori di un preesistente CIR regionale

3. Viene confermato il vincolo minimo di soggiorno già previsto nella bozza 23/5, ma introducendo un vincolo fino ad oggi inesistente) che la durata del soggiorno in LT sia almeno di 2 giorni.
La terza e ultima versione del DDL, datata 23/9 u.s., mantiene l’ossatura della versione precedente solo alleggerendo l’obbligo di dotarsi di infrastrutture antincendio che viene previsto solo in quelle strutture che dispongono di almeno 25 posti letto. È indubbiamente una modifica che rende meno incisivo il disposto di legge, del resto si immagina sia stata obbligata per mantenere la par condicio con gli analoghi obblighi per gli alberghi, che appunto scattano al raggiungimento della medesima soglia di posti letto.

La posizione di Azione Venezia

SI valuta complessivamente in modo positivo il DDL nella sua attuale versione perché, ancorché certamente perfettibile, comunque introduce elementi positivi.

Oltre alla già ricordata introduzione del CIN, pone precise soglie oltre la quale scatta la tipologia di attività professionale (se non altro eliminando la somma iniquità di consentire la tassazione con la cedolare secca a rendite assai cospicue) e introduce obblighi che possono rappresentare oggettivamente un deterrente all’intrapresa dell’attività, comunque vanno a favore della sicurezza degli ospite e rispondono precisamente alla logica (corretta) di equiparare le LT alla disciplina dell’attività alberghiera – trattandosi oggettivamente di realtà spesso configurabili come albergo diffuso.

Restano altresì criticità come la disposizione secondo la quale nella LT sono somministrabili prestazioni accessorie perché può essere pronuba all’introduzione, al di là della fornitura di biancheria e al servizio di pulizia, di altri servizi accessori tipici dell’albergo (ad es. le colazioni) e dunque all’utilizzo di appartamenti da parte degli alberghi, con elusione di fatto della specificità delle LT.

Inoltre, si ritiene migliorabile il DDL laddove si elevi il soggiorno minimo da 2 a 4 notti, per salvaguardare nelle LT un uso più simile possibile ad un abitativo, e dunque escludendo la presenza “mordi e fuggi”, tipica dell’albergo, e che tanto molesta risulta per i residenti negli stessi immobili ove si svolge la LT.

Per tutto quanto premesso, proponiamo di votare a favore del DDL, lavorando ove possibile per introdurre le modifiche sopra evidenziate.

Considerazioni conclusive

Il sostegno al DDL Santanchè risponde alla ragione dell’hic et nunc e, nello spirito pragmatico di Azione, si valuta positivamente l’introduzione in tempi brevi di una legge nazionale regolatrice la cui necessità, per quanto circostanziato in premessa, è di palmare evidenza.

Azione vede con interesse iniziative regolatorie, come per esempio la proposta di legge recentemente illustrata alla Camera dei Deputati da ATA (Alta Emergenza Abitativa), che avendo le stesse finalità dichiarate dal DDL Santanché approcciano il problema con filosofie che lasciano ai singoli Comuni una certa autonomia nella definizione delle limitazioni brevi per consentire misure customizzate sulle singole realtà e quindi una “regolamentazione fine” (ad esempio, fissazione del tetto di posti letto disponibili in LT in rapporto alla capacità residenziale delsingolo quartiere o misure per favorire le piccole integrazioni al reddito – in un reale esercizio di sharing economy – contro le grandi aggregazioni organizzate).

Si è, inoltre, consapevoli che non è la sola regolamentazione delle LT che porterà una retrocessione degli immobili abitativi alla loro destinazione residenziale e, dunque, questa dovrà inserirsi in un contesto di disposizioni più ampio che preveda premialità fiscali per chi loca a residenti ed un più efficace sistema per la liberazione degli immobili residenziali in caso di morosità(disposizioni che evidentemente non fanno parte del perimetro del Ministero del Turismo e quindi non possono essere incluse nel DDL in questione).

Infine, allargando l’orizzonte, si è altresì persuasi che la disponibilità di alloggi per la residenza è in qualche modo solo un prerequisito, certo fondamentale ma non esaustivo, del problema generale del recupero demografico dei centri storici ad alta tensione turistica (in primis quello di Venezia).

Restano i problemi di vivibilità, di costi, di accessibilità, di disponibilità di lavori attrattivi e stimolanti. Sono tutti problemi giganteschi e complessi, che sarebbe ingenuo ignorare, che Azione Venezia non ignora affatto, e che devono essere approcciati con determinazione e coraggio (anche di scelte impopolari). Ma, si ribadisce,: la disponibilità di case è la conditio sine qua non per poter concepire un futuro per Venezia diverso dalla città/albergo che tutti, almeno a parole, aborrono.

Venezia 07/10/2023

Paolo Bonafè – Segretario Comunale di Venezia
Anna Paola Klinger – Delegata Turismo

#ITALIASULSERIO

La questione demografica

Sempre meno residenti a Venezia: «La colpa non è di chi va via dalla città»
https://www.veneziatoday.it/attualita/calo-demografico-dibattito-centro-storico-bre.ve-azione
Con il consueto inarrivabile talento di dire male (malissimo) anche concetti su cui ha mezza ragione, Brugnaro aveva recentemente sostenuto che Venezia perde abitanti per morìa degli stessi, perché la popolazione è mediamente vecchia. È stato massacrato per questa affermazione ma i dati che troneggiano sulla stampa oggi mostrano che la causa principale del calo è effettivamente (di gran lunga) il rapporto nati morti. Perché, vero che è (di poco) negativo anche il flusso di immigrazione/emigrazione, ma pesa molto meno e soprattutto mostra che incredibilmente (viste le note difficoltà) c’è un numero di residenti che entrano nella città storica (e pure nelle isole) comparabile, ancorché minore, a quello di coloro che escono. Lo precisiamo non certo per difendere il Sindaco ma per mettere in rilievo due corollari a quanto sopra: il primo che l’inerzia demografica nel breve periodo continuerà inevitabilmente e sarà vano stracciarsi le vesti per questo, bensì combattere la battaglia sul piano del ripristino della composizione per età della popolazione, ovvero attirare residenti nuovi e giovani. Il secondo corollario è che i dati dimostrano che Venezia è comunque in grado di attrarre residenti, nonostante i giganteschi ostacoli. Quanti altri potrebbero arrivare ove si concretizzassero le condizioni per favorirne l’ingresso? Questo per rispondere alla narrazione pelosa di chi sostiene che ormai è una battaglia persa, che non c’è nulla da fare e quindi tanto vale affittare le case ai turisti. Altra cosa detta male da Brugnaro è che il calo delle città storiche è una tendenza epocale in tutto il mondo occidentale (e, aggiungiamo noi, il calo demografico è un macrotrend generale). Vero, solo che altrove (e Brugnaro finge di ignorarlo), il fenomeno è sdrammatizzato dal fatto che le espansioni novecentesche si trovano a ridosso delle città storiche, continuando a percepirle come ‘centro di riferimento’. Cosa che a Venezia non avviene e la rende un unicum da questo punto di vista. La tutela della residenzialità qui è dunque un obiettivo vitale come da nessun’altra parte al mondo. Molto poi si deve fare per riportare la città storica ad essere un riferimento di tutta l’area urbana (cosa che sembra lontanissima dal sentire del Sindaco che, anzi, esalta in ogni modo la separatezza tra le due realtà di terra e di acqua). Come? La mobilità è fondamentale, ovviamente. Ma qui si entra in un campo complesso, da affrontare in altre sedi.
Paolo Bonafè – Segretario Comunale
Cecilia Tonon – Capogruppo “Venezia è tua” in Consiglio Comunale #ItaliaSulSerio 24 settembre 2023

 

Un posto macchina a Venezia

Il clamoroso sbilanciamento tra il numero di domande pervenute per un posto al

garage Comunale e quello che verrà soddisfatto ripropone plasticamente la
realtà di un bisogno di posti macchina per i residenti e per i frequentatori abituali
del centro storico. Come giustamente sottolineato da molti commentatori,
anche la possibilità di tenere l’automobile a Venezia (a prezzi “umani”) è uno dei
tanti elementi che favoriscono la residenzialità a Venezia perché impatta
positivamente sul ‘gap’ rispetto al vivere in terraferma, in termini di comodità e
connessione, di chi sceglie faticosamente di vivere nella città d’acqua.
In un passato anche recente, si sono affacciati vari progetti (in marittima o nella
zona Scalo Fluviale) da parte dell’Autorità Portuale di realizzazione di parcheggi
multipiano. Hanno sempre trovato un muro di diffidenza, sia per il riflesso
pavloviano delle nostre inesauste vestali dell’ambientalismo che vedono
ovunque una “cementificazione selvaggia”, sia perché qualsiasi garage oltre il
Ponte della Libertà è visto come potenziale attrattore di turisti e di traffico sul
ponte stesso (obiezione, questa, più fondata).
Resta il fatto che le circa 1500 domande che non avranno riscontro (senza
contare quelli che non l’hanno presentata perché certi in partenza di non avere
chance) pone un tema politico per gli Amministratori presenti e soprattutto
(aspiranti) futuri: un posto macchina per i veneziani, comodo e a prezzi non di
rapina, è un’esigenza reale e concreta che i cittadini pongono all’attenzione dei
governanti. Ci auguriamo che il ‘grido di dolore’ non resti inascoltato.

Paolo Bonafè – Segretario Comunale

La nuova stazione FS di Mestre

La stazione ferroviaria di Mestre è una specie di pollaio indecoroso, da decenni

ormai assolutamente inadeguato all’utenza (la stazione è tra le top ten d’Italia
per numero di frequentatori). È dunque un’ottima notizia che finalmente parta il
progetto di radicale trasformazione della stessa nel quale è peraltro previsto il
(parziale) superamento della cesura tra i nuclei urbani di Mestre e Marghera.
Sacrosanto lo stralcio dell’attuale manufatto dall’elenco degli edifici
novecenteschi da tutelare (la stessa presenza del quale in quell’elenco pone più
di qualche domanda sulla logica delirante delle politiche di tutela e
conservazione nel nostro Paese).
È pure piuttosto surreale il recente dibattito su quanto l’intervento sia pronubo
ad aumentare gli arrivi turistici, sia perché comunque l’utenza turistica è una
piccola percentuale sia, soprattutto, perché è inaccettabile il ‘non detto’ per cui
sarebbe stato paradossalmente augurabile mantenere una stazione inadeguata
per scoraggiare i turisti (che assomiglia alla storiella del tizio che si taglia gli
attributi per fare un dispetto alla moglie).
Non sono mancate le polemiche (inevitabili in qualunque tema urbanistico) di
chi avrebbe voluto soluzioni diverse, tra cui l’affascinante ma poco realistica
soluzione di interrare stazione e fasci di binari, ma il meglio è nemico del bene
quindi valutiamo molto positivamente che si parta con i lavori.
Con una precisazione: dalle dichiarazioni di molti esponenti
dell’Amministrazione pare che la nuova stazione determinerà
taumaturgicamente il risanamento della zona e la scomparsa del grave degrado
odierno. Attenzione alle facili illusioni: la stessa creazione del quartiere degli
alberghi in via Cà Marcello ha dimostrato che non vi è affatto alcun
automatismo. Quindi l’annuncio della nuova stazione non sia un alibi per
allentare la presa sul tema degrado e criminalità. Sarebbe un errore gravissimo.

Paolo Bonafè – Segretario Comunale
Mauro Memo – Vice Segretario Comunale

Contributo di accesso: vediamo l’effetto che fa

Abbiamo già espresso non poche perplessità su come l’Amministrazione ha maneggiato il tema, oggettivamente delicato e complesso, del ticket d’accesso. A partire dal fatto che la stessa continua pervicacemente a non indicare una soglia massima obiettivo dei visitatori complessivi giornalieri.

Tuttavia, ora che la Giunta annuncia la messa in atto sperimentale della misura, ancorché per un numero limitato di date (cosa, secondo noi, sbagliata perché, se sperimentazione dev’essere, questa deve essere il più possibile estesa, proprio per ricavarne il maggiore ritorno possibile in termini di indicazioni operative), la cosa più saggia è stare a vedere quale sarà la risposta. Molti sono gli interrogativi, in termini di risposta del pubblico, di stratificazione dell’utenza, di gestione dei controlli, sull’impatto che la gestione delle eccezioni avrà sugli aventi diritto e sull’effetto di deterrenza concreto che il ticket potrà avere.

Si può essere, legittimamente, scettici sui risultati ma arrivati a questo punto vediamo l’effetto che fa. Senza pregiudizi e verità assolute che nessuno può avere, se ci approcciamo al problema con onestà intellettuale.

Con una conditio sine qua non: le risultanze della sperimentazione devono essere rese trasparentemente pubbliche (per capirsi: esattamente il contrario di quanto è stato fatto per i dati raccolti dalla control room), proprio per consentire che dalle stesse possa generarsi un dibattito sereno e pragmatico sulla sua eventuale applicazione definitiva. Proviamo, una volta tanto, a ragionare sui problemi senza barricate precostituite e avendo in mente il bene della città, dei suoi abitanti e, non ultimo, anche degli stessi visitatori.

 

Paolo Bonafè – Segretario Comunale

Anna Paola Klinger – Responsabile Turismo Venezia

 

 

#ItaliaSulSerio

6 settembre 2023 ​​​

 

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)