Il 16 marzo è l’anniversario della strage di via Fani. La memoria di quella tragica giornata, dove
morirono cinque uomini della scorta e dove venne rapito l’On. Aldo Moro è un atto dovuto perché
è stata la sconfitta dello Stato e la morte della prima Repubblica. Forse le nuove generazioni non
sanno neppure cosa sia successo allora, chi fosse stato Aldo Moro o come visse l’Italia
democratica in quegli anni del terrore: il rapimento di Moro e la sua uccisione, dopo 56 giorni di
prigionia, segnarono in modo lacerante e irreversibile la storia della nostra Repubblica.
Ma chi era Aldo Moro: certamente un rappresentante, forse il più significativo, di una generazione
di giovani intellettuali cattolici che, al termine del secondo conflitto mondiale, volle, nel solco
tracciato da Alcide De Gasperi, dedicarsi alla fondazione e costruzione dello stato democratico,
prima nell’Assemblea costituente, e poi nell’azione di governo. Moro fu leader di quel cattolicesimo
democratico cui va il merito di aver dimostrato che esiste una conciliabilità fra cristianesimo e
democrazia, anzi la possibilità di un arricchimento della democrazia attraverso i valori e la
tradizione religiosa. In lui erano presenti una grande capacità di dialogo e di ascolto delle ragioni
dell’altro, di lucidità nella lettura dei segni di cambiamento nella storia del nostro paese, di apertura
a nuove prospettive dell’azione politica, costruendo le condizioni per l’entrata dell’allora Partito
Comunista Italiano nell’area del governo. Raffinato intellettuale, politico sapiente, rimase sempre
un uomo profondamente fedele e coerente ai valori del cattolicesimo, il suo pensiero, sul rapporto
fra i cattolici impegnati in politica e la Chiesa, è ancora oggi di assoluta attualità e modernità. Nella
sua azione politica, ebbe ben presente la complessità della vita umana, la diversità dei valori, la
distinzione dei piani nei quali si esplica l’attività umana, con una posizione morale dominante,
ribadendo che l’azione dei cattolici nello Stato, svolta in piena autonomia e sotto la propria
responsabilità, è appunto un omaggio reso allo Stato.
Oggi questi valori e queste affermazioni stridono con le azioni dei politici che invece, molte volte
antepongono gli interessi personali rispetto all’etica e ai doveri di trasparenza, che dovrebbero
essere il fulcro dell’azione amministrativa per chi si candida a rappresentare i cittadini e gli
interessi pubblici. Inoltre, allora, il tema della morale e della autonomia dell’azione dei cattolici in
politica era un presupposto di manifesta autonomia e garanzia della vita democratica piuttosto di
appiattimento sulle tesi della chiesa stessa. Non dimentichiamo che in quegli anni si svolsero
referendum importanti per la determinazione di importanti diritti che sono entrati nella nostra vita
quotidiana, come quello per il divorzio o sulla legge 194 e questo è veramente stridente con quello
che sta avvenendo in questo periodo.
Si può evincere quindi quanto sia stato importante l’insegnamento della “lezione morotea” sulla
laicità, sullo sforzo di comprensione, sul rispetto, dell’ascolto reciproco e sull’inquietudine, che
accompagna sempre l’impegno politico dei cristiani che più è il loro destino. Ma che «è pur sempre
un grande destino» diceva Moro.
Paolo Bonafe’ Segretario Comunale Azione Venezia
Venezia 10/05/2024