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sono nato a Venezia Lido il 29 luglio 1964 e sono del segno del Leone lavoro come Ispettore Tecnico navale per una primaria Compagnia di Navigazione Italiana

La crisi di Eurolandia e quale politica economica per l’Italia

L’ onda lunga della crisi economica continua ad impattare i paesi europei: dopo la crisi della Grecia, con il conseguente ri-finanziamento da parte della Comunità Europea, ora tocca all’Irlanda subire una analoga situazione, per la catastrofica condizione in cui gravano le sue banche. Il problema riguarda l’enorme esposizione nei confronti del settore immobiliare che, ancora nel 2005, pesava per il 22% del PIL causando, già nel 2009, la recessione e la contrazione dello stesso PIL tra il 6 e il 7% . Ma lo scenario europeo vede in particolare difficoltà il Portogallo e la Spagna, paese che nel Portogallo ha investito molti capitali nel settore immobiliare. A causa dei debiti/crediti tra queste due nazioni, alcuni analisti pongono il limite di default al primo trimestre del 2011, quando gli istituti finanziari dovranno pubblicare i dati della loro esposizione immobiliare; alcune voci, riportate dal Financial Time Deutschland, parlano di pressioni affinché Lisbona richieda subito il salvataggio europeo, per consolidare le posizioni spagnole. Ambedue i Paesi stanno per emettere ingenti emissioni di buoni del tesoro per ricapitalizzare il proprio debito pubblico, rischiando di diventare vulnerabili alle azioni speculative internazionali, magari manovrate dai paesi emergenti o dagli Stati che non hanno interesse ad un Euro forte. In questa prospettiva la crisi di eurolandia diventerebbe insostenibile e potrebbe causare problemi inflattivi di tale portata, da far cadere anche l’Italia nella fase recessiva, e far propendere Francia e Germania, paesi più forti, a rivedere la loro partecipazione ad una moneta unica. La crisi mette in luce il fallimento dell’Europa nell’esprimere una efficace capacità di governo, per le resistenze degli stati membri, che non hanno permesso si affermassero politiche economiche unitarie, ma solo una generica governance delle regole. Come conseguenza abbiamo un’ Europa a due velocità con il rischio di una rottura fra aree economicamente più forti, non più disponibili a farsi carico di quelle più deboli. Si potrebbe, così, aprire una nuova fase che comporterebbe o la revisione dei parametri europei, o l’uscita voluta od indotta dal sistema di alcuni paesi. L’Italia stessa si troverà a breve a dover rifinanziare il proprio debito pubblico con una notevolissima emissione di titoli di stato e potrebbe finire oggetto degli stessi speculatori, che stanno mettendo in ginocchio la Spagna. La situazione richiede, con drammatica urgenza, un governo del Paese in grado di farsi carico, prima della fine dell’anno, di azioni prioritarie per salvaguardare la nostra finanza da azioni di speculazione finanziaria. La prima è ridare stabilità, autorevolezza e credibilità alla politica italiana, fattori determinanti per la solidità economica del Paese, superando l’attuale stallo di un governo incapace di dare la giusta attenzione ai problemi degli italiani, perché proteso a difendersi da continui e progressivi scandali. L’ipotesi è un governo di ampia maggioranza che chiami alla corresponsabilità tutti i soggetti in grado di assumersi l’onere di affrontare la crisi, adottando misure drastiche, anche se impopolari. La seconda azione, è legata alla programmazione economico-finanziaria e riguarda la necessità di arrestare i processi di delocalizzazione industriale, l’avvio di una incisiva lotta all’evasione fiscale, la promozione di un welfare che abbia la famiglia come soggetto prioritario e centrale. La terza azione riguarda la ricontrattazione della nostra partecipazione all’Euro, nella consapevolezza che, se questo percorso non fosse praticabile, dovremmo affrontare una Exit Strategy, ovvero la valutazione di una nostra uscita dall’Euro, secondo il modello adottato dal Regno Unito. Si tratta di una scelta prospettata da alcuni economisti, che comporterebbe inizialmente una forte crisi di adattamento ai mercati, ma che avrebbe sul futuro, ricadute favorevoli, poiché sostituirebbe il vincolo esterno, a cui ci sottopone l’Europa, con una diretta responsabilità del nostro governo, che avrebbe la sovranità delle scelte economiche che ci riguardano e anche sulle strategie delle alleanze globali. Si tratta di utopie o di fughe in avanti, certo è che il primo trimestre del 2011 è alle porte, e lì potremo misurare le condizioni del nostro futuro. Paolo Bonafè Lido di Venezia

Dall’Unione Europea un sostegno per l’ambiente e l’occupazione

La Commissione Industria del Parlamento Europeo ha votato, lo scorso 2 settembre, l’allocazione di risorse finanziarie, afferenti al Programma Energetico Europeo per la Ripresa, finalizzate a perseguire il doppio obiettivo di promuovere il rispetto ambientale e garantire il sostegno all’occupazione. Si tratta, infatti, di uno strumento orientato a stimolare la ripresa dalla recessione, che colpisce complessivamente l’economia dell’UE, rafforzando la capacità dell’Unione di raggiungere i propri obiettivi politici in materia di energia, in particolare la sicurezza e la diversificazione degli approvvigionamenti energetici, il funzionamento del mercato interno dell’energia e la riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra.

Si tratta di un importante finanziamento, di circa 114 milioni di euro, destinato a Enti Locali, Regioni ed Enti privati, per la realizzazione di progetti di efficienza energetica e fonti rinnovabili, indirizzati prevalentemente al sistema di trasporto pubblico, all’illuminazione stradale, all’installazione di contatori intelligenti, secondo l’approccio del basso impatto ambientale.

La realizzazione di tali azioni, avrà strategicamente ricadute positive sull’occupazione, poiché si tratta di attività che non possono essere delocalizzate, richiedendo manodopera locale: si tratta pertanto di una strategia che coniuga obiettivi ecologici all’importante  opportunità di muovere l’economia in ciascuno dei  territori, investiti da questa linea di finanziamento. In questa logica, troveranno particolare attenzione le proposte progettuali, promosse da partnership fra enti pubblici e privati con cooperative edilizie ed agenzie per lo sviluppo.

Paolo Bonafè – Presidente Ass. Cult. Laboratorio Venezia

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La creatività al servizio dell’acqua del rubinetto.

Le campagne volte a promuovere il consumo dell’acqua del rubinetto, si moltiplicano e sviluppano nuovi strumenti di comunicazione, per educare i cittadini a modelli di utilizzo delle risorse a basso impatto ambientale.

In questa filosofia si colloca un concorso, aperto a tutti, intitolato “Message is the Bottle”, volto alla realizzazione di una bottiglia di design per l’acqua del rubinetto. Il promotore dell’originale iniziativa è una rete di partenariato che vede insieme Publiacqua, Controradio, Istituto Europeo di Design di Firenze e Legambiente Toscana. Il bando, che scade il prossimo 24 settembre, è scaricabile dal sito www.acquadelrubinetto.it, indica le specifiche tecniche e i materiali richiesti, precisando che la bottiglia dovrà avere le caratteristiche di  essere in vetro riciclato, di colore bianco trasparente, di alta qualità funzionale ed estetica e di prestarsi alla produzione industriale.

Nella nuova logica dei consumi a Km 0, l’acqua del rubinetto è di certo il prodotto che rientra maggiormente in questa filosofia, il suo uso rappresenta, infatti, una scelta che ha notevoli ricadute di impatto ambientale,  evitando il proliferare delle bottiglie di plastica e  i costi ambientali del loro trasporto su strada.

Queste campagne di coinvolgimento diretto dei cittadini mettono in luce quanto, i temi riferiti al rispetto per l’ambiente e allo sviluppo compatibile, possano vederci tutti protagonisti grazie a cambiamenti di stili di vita, che riguardano la nostra semplice quotidianità. Anche “Message is the Bottle”, sollecitando competenze e creatività, promuove in modo originale comportamenti sociali a basso impatto.

Paolo Bonafè

Presidente Ass.  Laboratorio Venezia

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Tratta e sfruttamento nuovi volti della schiavitù

Si tratta di una commemorazione scivolata via senza alcun clamore ma, lo scorso  23 agosto, l’ONU ha celebrato la “Giornata in ricordo della Schiavitù e della sua Abolizione”, evento che rappresenta un richiamo forte a riflettere come, seppur abrogata, la schiavitù umana oggi continui ad esistere sotto nuove forme. Ce ne sono molti di “nuovi schiavi” ai bordi dei nostri marciapiedi e delle nostre strade, guardati con indifferenza, fastidio e disprezzo, esseri umani che rappresentano solo una piccola parte di un numeroso esercito, composto nella sola Italia da 50.000 adulti e minori, vittime di tratta e di molteplici forme di sfruttamento, che riguardano l’accattonaggio, la prostituzione, il lavoro nero e altre attività illegali.

Sono dati di un fenomeno attentamente rappresentato dal Rapporto di “Save the Children” dal titolo “Le nuove schiavitù” e presentato la scorsa settimana. Si tratta di numeri che peccano per difetto, poiché riguardano le persone che sono state intercettate dalle reti di assistenza ed aiuto attive nel nostro Paese, ma sono molti altri quelli che vivono condizioni di marginalità estrema, senza poter accedere mai ad alcuna opportunità. La strategia per contrastare il fenomeno è quella che vede la collaborazione e la sinergia fra Forze dell’Ordine e i soggetti titolati ad attuare percorsi di protezione sociale, secondo un modello che vede, fra l’altro, il Comune di Venezia punto di riferimento internazionale. Ma a fronte della necessità di potenziare e consolidare le reti di intervento, il Governo ha deciso di sopprimere le 14 postazioni locali del Numero Verde Nazionale Antitratta, per sostituirle con un’unica postazione centrale.

Paolo Bonafè Presidente Laboratorio Venezia

Albergo diffuso per un turismo ecocompatibile

Estate, tempo di vacanze: fra la pluralità delle offerte del mercato, è interessante riscontrare come si stia affermando, al di là del turismo di massa e dei pacchetti di viaggio preconfezionati, un nuovo modello di turismo ecocompatibile, attento a rispettare il territorio e a preservare il tessuto sociale, che in esso è innestato, grazie alla valorizzazione dell’ambiente, della storia e della cultura dei luoghi. L’esperienza dell’ “Albergo diffuso”, è esemplare a mettere in luce come sia possibile promuovere sia la ricettività dei borghi storici, di cui l’Italia è ricchissima, sia le comunità locali che li abitano: tale proposta si concretizza nella diffusione della ricezione in più abitazioni, secondo una concezione orizzontale, centralizzando invece, in un’ unica sede, i servizi di tipo alberghiero (reception, spazi comuni, sala da pranzo). Questo permette la rivitalizzazione del territorio, il potenziamento del senso di ospitalità di una comunità, garantendo al turista una diversa qualità relazionale e di incontro con il contesto locale, che esce dall’anonimato e dallo standardizzato. Tali esperienze rafforzano e consolidano i legami di una comunità, il senso di appartenenza alla cultura e alle tradizioni, ma nel contempo aprono all’incontro con l’altro. Non a caso questo modello, nato nel Friuli del dopo terremoto, per favorire il processo di ricostruzione e rivitalizzazione dei piccoli centri colpiti, evitandone l’abbandono, si è poi affermato in molte regioni, rappresentando un elemento distintivo e di qualità del made in Italy. La vacanza diventa così occasione di autentica conoscenza di luoghi e opportunità di arricchimento umano. Tale esperienza potrebbe trovare terreno fertile anche nelle isole della nostra laguna, dove esiste un habitat ambientale nel quale si coniugano con estrema armonia siti di interesse culturale con luoghi dove la natura dimostra tutta la sua bellezza.

Paolo Bonafè – Lido di Venezia

Una grande risposta civile contro la privatizzazione dell’acqua.

acqua pubblicaSenza grandi battage pubblicitari per la mobilitazione di massa, la campagna di raccolta  firme contro la privatizzazione dell’acqua, ha raccolto, in soli tre mesi, un milione e quattrocentomila adesioni.

Un successo straordinario che permetterà ai cittadini di esprimere – attraverso un referendum che dovrebbe tenersi nella primavera 2011 – il proprio parere nei confronti di un provvedimento governativo, che ha previsto per tutto il Paese la privatizzazione delle risorse idriche. Operazione che rischia di far aumentare le tariffe, peggiorare i servizi di distribuzione e diminuire la sicurezza del prodotto, nella consapevolezza che i nostri acquedotti esigono investimenti urgenti, poiché disperdono in media, nel loro percorso dalla fonte alle nostre abitazioni,  oltre il 60% di quanto estratto all’ origine. La campagna, non caratterizzatasi per l’appartenenza partitica dei promotori, ha mostrato che gli italiani si sono espressi a favore dell’ “acqua del Sindaco”, ma soprattutto ha evidenziato la loro forte  capacità di attivazione, quando si tratta di rivendicare il diritto di cittadini che vogliono decidere sull’uso dei beni comuni: questa mobilitazione fa cadere il luogo comune che ci assegna un’immagine di persone apatiche e indifferenti alle sorti della società in cui viviamo.

Ma la “battaglia per l’acqua” chiama tutti noi ad una sfida ancora più ardua e cruciale per il futuro dell’intera umanità e che riguarda scelte responsabili per far  fronte al dovere di dare risposta alla domanda di acqua del Pianeta e garantire il  diritto di tutti ad avere accesso a questo bene di prima necessità.

Paolo Bonafè Presidente www.LaboratorioVenezia.it

Dall’Università di Bologna una campagna contro lo spreco del cibo.

spreco ciboPatrocinata dal Parlamento Europeo e promossa da Last Minute Marking, parte la Campagna “Un anno contro lo spreco”, ideata dalla Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna, che persegue l’obiettivo di promuovere le buone prassi in grado di contrastare lo spreco alimentare.

Risulta sicuramente paradossale che, in piena crisi economica, ogni giorno gli italiani gettino nella spazzatura quattromila tonnellate di cibo. Si tratta di un dato che ci accomuna agli stili di vita di altri paesi occidentali: se, per media statistica, una famiglia italiana spreca il 12% degli alimenti acquistati, una svedese si assesta sul 25% e quella americana raggiunge il 40%.

spreco cibo - aranceLo spreco non è riferibile ai soli comportamenti privati, ma riguarda complessivamente una distorsione del sistema di mercato, che investe tutta la filiera alimentare dalla produzione, alla distribuzione, fino al consumo. In questi anni, per invertire il trend, si sono sviluppate pratiche innovative che, da attività di nicchia, si stanno gradualmente diffondendo. Esperienza significativa e consolidata è quella della Fondazione Banco Alimentare che, da anni, recupera eccedenze alimentari  e prodotti prossimi alla scadenza,  per dirottarli alle reti assistenziali. Su questa direttrice si stanno attivando anche gli Enti Pubblici ,attraverso il recupero e la redistribuzione dei pasti non consumati nelle mense di asili, scuole e ospedali. La Campagna ideata dall’Università, dimostrando che lo smaltimento del cibo, finito  fra i rifiuti, non produce solo spreco di risorse, ma anche danni ambientali, vuole incentivare nuove progettazioni e diffondere comportamenti virtuosi,

Paolo Bonafè – Presidente Laboratorio Venezia

La situazione economica delle famiglie italiane e le ricette del PD

Grazie ai periodici Rapporti dell’Istat, abbiamo un monitoraggio costante sulla condizione economica delle famiglie italiane e sui cambiamenti degli stili di consumo, a fronte della crisi economica.

I dati, pubblicati in questi giorni, evidenziano come  la situazione di sofferenza coinvolga ormai tutto il ceto medio: nel 2009, la spesa media delle famiglie è diminuita complessivamente  del 1,7%, ma quella alimentare, da sola, del 3%, ad indicare come i nostri concittadini concentrino il risparmio sul carrello della spesa. Il 60% ha consumato di meno, ma in questa percentuale rientra anche un 35% che ha acquistato prodotti di qualità inferiore: d’altronde rispetto alle spese fisse, legate alla casa e alla sua gestione, è al supermercato che si può tagliare sui costi e tentare di risparmiare. Diminuisce il consumo di carne, di frutta, verdura e pane e si scelgono i prodotti in promozione o con il marchio del distributore: insomma il fare la spesa richiede scelte oculate e ragionate, un vero slalom fra prezzi e offerte.

Ma la crisi economica sta anche provocando l’aumento delle distanze sociali, accentuando le disuguaglianze e accentrando la ricchezza nelle mani del 10% delle famiglie che, da sola, detiene quasi il 45% della ricchezza del Paese. Si tratta di una situazione che radicalizza le posizioni: i ricchi sono sempre più ricchi, i poveri più poveri,  mentre la classe media scivola inesorabilmente nel disagio economico. Quest’ultimo è un fenomeno che l’America conosce bene e per cui ha trovato la definizione di “working poor”, lavoratori poveri: un tempo il lavoro rappresentava una garanzia contro la povertà, oggi questo  non è più vero. Servono quindi nuove politiche per la famiglia e per il  ceto medio. Il PD non solo protesta, ma anche propone, suddividendo tale proposta in 4 ambiti: 1) riforma fiscale: per spostare il carico fiscale dal lavoro e dall’impresa ai redditi evasi e ai redditi da capitale. (tassazione di tutti i redditi con una aliquota di riferimento del 20%); aumento delle detrazioni di imposta per le donne lavoratrici; assegnazione di un contributo annuo di 3000 euro per figlio ed eliminazione dei tetti ed il “click day” all’utilizzo dei crediti d’imposta per spese in ricerca e sviluppo e per gli interventi nel Mezzogiorno; innalzare la franchigia Irap per le piccole imprese; innalzare i limiti di fatturato e patrimonio e rivedere gli studi di settore; reintrodurre la detrazione di imposta del 55% per le eco-ristrutturazioni e per il risparmio energetico. 2) Allentamento del patto di stabilità: per evitare a Regioni, Provincie e comuni pesanti tagli agli investimenti (messa a norma edifici scolastici, green economy, politiche del welfare). 3) Integrazione delle risorse per la scuola: contenimento dei costi, incentivazione al lavoro per i giovani precari, riforma del sostegno al reddito per i giovani disoccupati. 4) Riavvio delle liberalizzazioni: nel settore dell’energia, della distribuzione, dei servizi bancari, servizi professionali e nel trasporto pubblico. Il tutto accompagnato da un contrasto alla evasione fiscale grazie alla riduzione a 2000 euro del limite per la fatturazione elettronica, accertamento sintetico da redditometro, accesso selettivo alle informazioni bancarie, basta a condoni o scudi fiscali e ripristino delle sanzioni ante 2008. Soprattutto chiedendo al Governo che nella manovra non siano previsti solo tagli, ma anche investimenti per lo sviluppo, così come stanno facendo Germania e Francia, per riavviare in modo virtuoso la ripresa   

Paolo Bonafè Membro Esecutivo Provinciale

PD VENEZIA

I rischi del federalismo demaniale

federalismo-demaniale-150x150Un nuovo processo sta interessando tutto il territorio nazionale e riguarda il trasferimento, a Regioni ed Enti Locali, dei beni dell’Agenzia del Demanio.

L’elenco dei beni trasferibili non è ancora definitivo, perché in discussione nella competente commissione bicamerale e verrà pubblicato solo a fine luglio: si tratta di un patrimonio inestimabile, che comprende edifici di grande valore storico, musei e fari ma, soprattutto, aree naturalistiche, che rappresentano tesori inestimabili. Nel nostro territorio il trasferimento riguarderà, ad esempio, l’ex Forte di S. Erasmo, l’ex Poligono del tiro a segno  a Murano, l’ex Caserma Pepe e gli arenili  al Lido e l’isola di S. Angelo delle Polveri. Ma anche l’isola dell’Unione a Chioggia  e le Dolomiti che fanno corona a Cortina d’Ampezzo.

Questa vicenda, se da un lato rappresenta l’esito di un percorso fortemente auspicato – perché vede le comunità riappropriarsi del proprio territorio di riferimento – dall’altro, apre alcune questioni di particolare criticità. Se Regioni, Province e Comuni sono chiamati a favorire “la massima valorizzazione funzionale” dei beni ricevuti, dall’altro potranno provvedere alla vendita di parte di essi per sanare il debito pubblico. Si apre così la strada ad una privatizzazione del territorio, che chiama in causa il rischio per il Paese di una nuova ondata di speculazione economica ed  edilizia. Voci autorevoli segnalano il pericolo di una operazione finalizzata alla necessità di rimpinguare le casse pubbliche e l’allarme per un processo che  nasconde, sotto la veste del  federalismo demaniale, un percorso di progressiva alienazione dei beni pubblici.

Paolo Bonafè Presidente  Laboratorio Venezia

Sagre paesane a basso impatto ambientale

sagreEstate, tempo di sagre e feste paesane, occasioni preziose  per mantenere vive tradizioni religiose, per valorizzare i prodotti dei territori e per rinsaldare il senso di appartenenza ad una comunità.

Ma  queste manifestazioni, dall’importante valenza sociale, hanno ricadute meno edificanti dal punto di vista dell’impatto ambientale, in quanto producono quantità rilevanti di rifiuti difficilmente riciclabili. Uno studio ha evidenziato, infatti, che le stoviglie usa e getta, anche se selezionate e raccolte con la normale plastica, non possono essere riciclate, poiché sono realizzate in un materiale particolare, il  polistirolo cristallo, che richiede un processo  di riciclo differenziato.

sagre2Dall’Assessorato all’Ambiente della Regione Valle D’Aosta  è partita l’iniziativa di promuovere, coinvolgendo le Pro Loco del territorio, un decalogo che fissi le regole per feste paesane a zero impatto ambientale, prevedendo stoviglie lavabili e tovaglie riutilizzabili, ma anche modalità di raccolta differenziata, l’asporto del cibo non consumato, l’attivazione di  progetti di comunicazione e  la realizzazione, durante le feste, di eventi di educazione ambientale. Anche il Veneto risponde con interesse alla sollecitazione di questa iniziativa, pur a fronte di una complessità territoriale che vede la presenza di 515 Pro Loco, impegnate ad organizzare, per la sola estate, circa 2.000 eventi. Il Protocollo della Valle D’Aosta  evidenzia come le sagre di paese possano essere, non solo svago, ma anche opportunità concreta per sviluppare sensibilità e attenzione alle questioni ambientali e  mostrare la fattibilità di cambiamenti  negli stili di vita collettivi.   

Paolo Bonafè Presidente Laboratorio Venezia