Tutti gli articoli di Paolo Bonafe'

Decoro urbano

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Curare il decoro degli ambienti urbani prevenendo atti vandalici, deturpazione dei luoghi e comportamenti maleducati e irrispettosi è la più efficace misura di prevenzione contro crimini più gravi, perché crea un “contesto” di ordine e legalità che induce a comportamenti consoni. È la cosiddetta “teoria delle finestre rotte”: la finestra rotta come metafora di un ambiente che non invoglia a prendersene cura e a rispettarlo, perché tanto è già degradato.

Proprio la teoria delle finestre rotte ci dice che NON sono accettabili le teorie di bicchieri, bottiglie, cartoni di pizza ecc. che fanno triste mostra di sé fuori da certi bar. Spiace rilevare che siano proprio alcuni proprietari di ristoranti e bar a violare le norme a danno di tutti i cittadini. Ampliamenti che hanno causato e causano non pochi problemi di deambulazione ai residenti e agli stessi visitatori.

Per questi motivi, quei ristoratori e baristi che non rispettano le norme, appaiono ancor più esecrabili.

I gestori sono i primi da chiamare in causa per lo stesso principio per cui un’industria risponde dell’impatto sull’ambiente circostante. Ci sono infatti negozi artigiani che non hanno avuto diritto ad alcun plateatico e che hanno solamente come superficie di esposizione le vetrine. Per loro, il moltiplicarsi di sedie e tavolini, significa perdere ulteriormente visibilità, così come il danno procurato da coloro che non rispettano le regole di esposizione della merce: a Rialto, dopo anni di discussioni per il decoro, furono predisposte vetrine espositive con la Soprintendenza, ora completamente ricoperte di prodotti.

Pertanto in primis bisogna far ricorso alla buona volontà dei veneziani di denunciare prontamente alla Polizia Municipale e a Veritas gli abusi di cui sopra e alla stessa Polizia Municipale di fare ronde continue per il decoro urbano. L’immagine di una città deturpata non è un buon biglietto da visita Si presidi il territorio con ronde costanti per prevenire e eventualmente sanzionare. Anche il compito di controllo è una delle responsabilità che si deve assumere chi governa la città.

Paolo Bonafè, Segretario Comunale di Azione Venezia

23 maggio 2022

Nuovo Rifugio per cani di San Giuliano

2022-05-21 Gazzettino Nuovo rifugio per cani

Ogni tanto fa piacere registrare anche buone notizie: è stato completato nei tempi previsti il Rifugio per cani di San Giuliano dove troveranno casa (si spera temporanea perché l’obiettivo è quello di trovare famiglie che li adottino e diano loro tutto l’amore che meritano) fino a 66 pelosi a quattro zampe. È una struttura prevista da tempo in sostituzione della precedente fatiscente struttura e va ad aggiungersi ai due gattili di Forte Marghera (i Mici del Forte e il rifugio ENPA) e a quello di Malamocco, gestito dalla Dingo. Tutte strutture che si sostengono del lavoro di volontari a cui va la nostra grande riconoscenza per la passione e un lavoro oscuro e poco riconosciuto (molto più chic fondare un Comitato che protesta per qualcosa).

Il rifugio è costato 1.400.000 € e ci aspettiamo ora l’immancabile canea di obiezioni perché quei denari andavano spesi per altre finalità, altro che gli animali. Noi al contrario siamo felici che nella nostra città vi è una rete e un’organizzazione di prim’ordine per l’accoglimento dei randagi e ricordiamo che la civiltà di un popolo si misura (anche) da come sono trattati gli animali, come ebbe a dire Gandhi.

Ricordiamoci di queste organizzazioni meritorie – anzi eroiche – che si sostentano nella maggior parte da sole quando compiliamo il 730 e dobbiamo scegliere a chi devolvere il 5 per mille. Per esempio ENPA ha CF 80116050586, Dingo Venezia CF 94009850275.

E in tema di 730, ricordatevi naturalmente di indicare il codice S48 per devolvere il 2 per mille ad Azione.

 

Antonella Garro, Segretaria Metropolitana di Azione Venezia

Paolo Bonafè, Segretario Comunale di Azione Venezia

Sinodo e sinodalità quali esperienze ecclesiali e spirituali

Sinodo e sinodalità quali esperienze ecclesiali e spirituali

Anche nella mia parrocchia, ci si interroga sulla proposta di Sinodo e sulla Sinodalità, ovvero di un cammino comune verso una nuova chiesa. La parola Sinodo, che proviene dal greco, significa “camminare insieme”. Papa Francesco ci esorta, indicandoci la strada, spiegandoci che il Sinodo è “il metodo del cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. E ancora Papa Francesco ha affermato che “La sinodalità, è dimensione costitutiva della Chiesa”, così che “quello che il Signore chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola sinodo”. Siamo quindi tutti chiamati ad un grande cammino di riflessione, ascolto, racconto e sogno per il futuro, che durerà alcuni anni e che punterà al rinnovamento del modo di essere Chiesa. Il Sinodo è di per sé un’esperienza ecclesiale e spirituale. Ecclesiale perché l’essere Chiesa implica sempre la disponibilità a camminare insieme, ovvero significa condividere una visione, una prospettiva che ci attrae e ci guida ad individuare le tappe e le modalità (processi) che attivino un cambiamento duraturo ed efficace. Spirituale perché è un’esperienza ispirata dallo Spirito Santo e conserva, pertanto, un margine ampio di apertura e imprevedibilità, caratteristiche dello Spirito, che soffia e va dove vuole. Sinodo quindi significa: diritto e potere di parola affidato a tutti.  La capillarità del Sinodo è legata ad un atteggiamento dell’ascolto, al permettere ad ogni credente e battezzato di portare il proprio contributo di pensiero. Ogni parola, che mette in circolo l’esistenza di ciascuno e il Vangelo, è preziosa, è un dono che rinnova e qualifica il discernimento dell’intero popolo di Dio. Con il Sinodo dobbiamo attivare processi di cambiamento che siano frutto di ascolto e di discernimento. Il Sinodo non guarda solo le questioni immediate, ma rivolge il suo sguardo a ciò che siamo chiamati a diventare nel medio-lungo periodo, nelle questioni che ci interpellano, nelle nostre decisioni e nella nostra capacità di scegliere insieme tenendo fede alla fedeltà al Signore e nella comunione. Perché sia un Sinodo “ricco di frutti” necessita che si attivino processi di cambiamento che siano in grado di coinvolgere tutti i soggetti ecclesiali e che ci permetta di annunciare, sempre, a partire da oggi e da qui, la gioia del Vangelo.

Paolo Bonafè SME Lido

Quale Sinodalità per quale chiesa

l Sinodo sulla sinodalità in corso è una tappa fondamentale del cammino della Chiesa nel Terzo Millennio. Un documento recente della Commissione Teologica Internazionale apre uno spaccato sulla visione di Papa Francesco.

Da pochi giorni ha avuto inizio il sinodo sulla sinodalità. Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”: questo l’impegno programmatico proposto già da Papa Francesco nella commemorazione del cinquantesimo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei Vescovi. La sinodalità, infatti, afferma Francesco, è dimensione costitutiva della Chiesa”, così che “quello che il Signore chiede, in un certo senso, è già tutto contenuto nella parola sinodo”.

Un importante documento recentemente prodotto dalla Commissione Teologica Internazionale (2 marzo 2018), dal titolo La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa”, offre significativi spunti di riflessione a riguardo.

Il documento, in particolare, intende offrire alcune linee utili sull’approfondimento teologico del significato di suddetto impegno insieme a qualche orientamento pastorale circa le implicazioni che ne derivano per la missione della Chiesa. Il documento si suddivide in capitoli, ovvero:

1 Capitolo) risalire alle fonti normative della Sacra Scrittura e della Tradizione per mettere in luce il radicamento della figura sinodale della Chiesa nel dispiegarsi storico della Rivelazione e per evidenziare i fondamentali connotati e gli specifici criteri teologici che ne definiscono il concetto e ne regolano la pratica. Le fonti normative della vita sinodale della Chiesa nella Scrittura e nella Tradizione attestano che, al cuore del disegno divino di salvezza, risplende la vocazione all’unione con Dio e all’unità in Lui di tutto il genere umano che si compie in Gesù Cristo e si realizza attraverso il ministero della Chiesa. Esse offrono le linee di fondo necessarie per il discernimento dei principi teologici che debbono animare e regolare la vita, le strutture, i processi e gli eventi sinodali. Su questa base, si tratteggiano le forme di sinodalità sviluppate nella Chiesa nel corso del primo millennio e poi, nel secondo millennio, nella Chiesa cattolica, richiamando alcuni dati circa la prassi sinodale vissuta nelle altre Chiese e Comunità ecclesiali. L’Antico Testamento attesta che Dio ha creato l’essere umano, uomo e donna, a sua immagine e somiglianza come un essere sociale chiamato a collaborare con Lui camminando nel segno della comunione, custodendo l’universo e orientandolo alla sua meta (Gen 1,26-28). Sin dal principio, il peccato insidia la realizzazione del progetto divino, infrangendo la rete ordinata di relazioni in cui si esprimono la verità, la bontà e la bellezza della creazione e offuscando nel cuore dell’essere umano la sua vocazione. Ma Dio, nella ricchezza della sua misericordia, conferma e rinnova l’alleanza per ricondurre sul sentiero dell’unità ciò che è stato disperso, risanando la libertà dell’uomo e indirizzandola ad accogliere e vivere il dono dell’unione con Dio e dell’unità con i fratelli nella casa comune del creato (cfr. ad es. Gen 9,8-17; 15; 17; Es 19–24; 2Sam 7,11).

2 Capitolo) proporre i fondamenti teologali della sinodalità in conformità alla dottrina ecclesiologica del Vaticano II, articolandoli con la prospettiva del Popolo di Dio pellegrino e missionario e con il mistero della Chiesa comunione, con riferimento alle proprietà distintive dell’unità, santità, cattolicità e apostolicità della Chiesa. Da ultimo si approfondisce il rapporto tra la partecipazione di tutti i membri del Popolo di Dio alla missione della Chiesa e l’esercizio dell’autorità dei Pastori. L’insegnamento della Scrittura e della Tradizione attesta che la sinodalità è dimensione costitutiva della Chiesa, che attraverso di essa si manifesta e configura come Popolo di Dio in cammino e assemblea convocata dal Signore risorto. Nel primo capitolo si è evidenziato, in particolare, il carattere esemplare e normativo del Concilio di Gerusalemme (At 15,4-29). Esso mostra in atto, a fronte di una sfida decisiva per la Chiesa delle origini, il metodo del discernimento comunitario e apostolico che è espressione della natura stessa della Chiesa, mistero di comunione con Cristo nello Spirito Santo[43]. La sinodalità non designa una semplice procedura operativa, ma la forma peculiare in cui la Chiesa vive e opera. In questa prospettiva, alla luce dell’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, questo capitolo mette a tema i fondamenti e contenuti teologali della sinodalità..

3 Capitolo) operare in riferimento all’attuazione concreta della sinodalità ai vari livelli, nella Chiesa particolare, nella comunione tra le Chiese particolari in una regione, nella Chiesa universale; L’intelligenza teologica della sinodalità nella prospettiva ecclesiologica del Concilio Vaticano II invita a riflettere sulle modalità concrete della sua attuazione. Si tratta di recensire, a grandi linee, ciò che è attualmente previsto dall’ordinamento canonico per evidenziarne il significato e le potenzialità e darvi nuovo impulso, discernendo al contempo le prospettive teologiche di un suo pertinente sviluppo. Il presente capitolo prende le mosse dalla vocazione sinodale del Popolo di Dio per poi descrivere le strutture sinodali a livello locale, regionale e universale, menzionando i diversi soggetti implicati nei processi e negli eventi sinodali.

4 Capitolo) far riferimento alla conversione spirituale e pastorale e al discernimento comunitario e apostolico richiesti per un’autentica esperienza di Chiesa sinodale, apprezzandone i positivi riflessi nel cammino ecumenico e nella diaconia sociale della Chiesa. Ed è proprio sul quarto capitolo, dal titolo “La conversione per una rinnovata sinodalità”, che intendiamo qui brevemente soffermarci. La sinodalità è ordinata ad animare la vita e la missione evangelizzatrice della Chiesa in unione e sotto la guida del Signore Gesù che ha promesso: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, Io sono in mezzo a loro»(Mt 18,20), «ecco Io sono con voi sino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Il rinnovamento sinodale della Chiesa passa senz’altro attraverso la rivitalizzazione delle strutture sinodali, ma si esprime innanzi tutto nella risposta alla gratuita chiamata di Dio a vivere come suo Popolo che cammina nella storia verso il compimento del Regno. Di tale risposta si prendono in rilievo in questo capitolo alcune specifiche espressioni: la formazione alla spiritualità di comunione e la pratica dell’ascolto, del dialogo e del discernimento comunitario; la rilevanza per il cammino ecumenico e per una diakonia profetica nella costruzione di un ethos sociale fraterno, solidale e inclusivo.

Quindi riassumendo, il documento, in particolare, evidenzia come la conversione pastorale per l’attuazione della sinodalità esige che alcuni paradigmi spesso ancora presenti nella cultura ecclesiastica siano superati, perché esprimono una comprensione della Chiesa non rinnovata dalla ecclesiologia di comunione. Tra essi il documento contempla: la concentrazione della responsabilità della missione nel ministero dei Pastori; l’insufficiente apprezzamento della vita consacrata e dei doni carismatici; la scarsa valorizzazione dell’apporto specifico e qualificato, nel loro ambito di competenza, dei fedeli laici e tra essi delle donne.

In questo senso, la grande sfida per la conversione pastorale che ne consegue per la vita della Chiesa oggi è intensificare la mutua collaborazione di tutti nella testimonianza evangelizzatrice a partire dai doni e dai ruoli di ciascuno, senza clericalizzare i laici e senza secolarizzare i chierici, evitando in ogni caso la tentazione di un eccessivo clericalismo che mantiene i fedeli laici al margine delle decisioni.

“Camminare insieme – insegna Papa Francesco – è la via costitutiva della Chiesa”. Che il sinodo sulla sinodalità possa davvero raggiungere tale intento.

Paolo Bonafè

Perché plaudo alla creazione della Fondazione di Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità

2022-03-31 Gente veneta - Venezia 5 punti per la sostenibilità 2

La costituzione della Fondazione di Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità e l’assegnazione della presidenza al Ministro Brunetta, è una sfida per le molteplici associazioni ed enti che vi operano, per dare una svolta al futuro di questa nostra città. Venezia ha bisogno di ricostruire una base economica compatibile con le proprie peculiarità e dopo la pandemia che l’ha messa in ginocchio, di ricostruire un tessuto produttivo economico e sociale. Bisogna superare l’idea del sussidio e della monocultura turistica e puntare su una nuova resilienza, così come enuncia il suo presidente. L’equilibro che si deve trovare è quello tra una popolazione che di fatto è la comunità urbana, che vede un continuo spopolamento, la salvaguardia ambientale e le nuove tecnologie. Come è stato detto: Venezia deve divenire “la più antica città del futuro, un modello per il mondo” : acqua, verde, tecnologia e cultura in un mix vincente. Innanzi tutto bisogna mettere in rete i luoghi di pensiero della città, le sue fondazioni, gli enti, l’università e le associazioni che da anni si battono per il suo rilancio. Mi piace la frase: “ proporre pensieri mai pensati per mostrare al mondo che il miracolo veneziano continuerà”, combinando gli obiettivi di salvaguardia dell’urbis, con quelli di rivitalizzazione della civitas. Quindi il polo dell’idrogeno e delle energie alternative sono uno dei primi punti da sostenere con le risorse che arriveranno a sostenere la fondazione. Pensare ad una città green dove circolano solo mezzi ibridi od elettrici non è più utopia. La creazione di un polo di riferimento mondiale per il dibattito scientifico e culturale, concentrando obbiettivi e potenzialità presenti, costituendo nuovi soggetti divulgatori è il secondo punto. Un piano per il rilancio delle attività produttive direzionali, nazionali ed internazionali è il terzo. Il quarto dovrà essere quello di un piano per il rilancio del commercio e della residenzialità, per bloccare l’esodo di persone e delle attività produttive ed ultimo punto dovrà essere la creazione di un polo della ricerca e delle eccellenze, dove le aziende possano attingere per crescere e svilupparsi.

Sono certamente grandi ambizioni per la città e per la Regione Veneto, ma Venezia e i veneziani meritano di poter vivere un grande sogno, lo dobbiamo a chi ama Venezia e alle nuove generazioni!

Paolo Bonafè

Laboratorio Venezia

Agora’ democratica e giovani : diritto di protesta, diritti civili

A leggere sui giornali le (scarse) cronache di ciò che sarebbe accaduto ieri in alcune piazze d’Italia viene da pensare che gli studenti abbiano manifestato contro l’alternanza scuola/lavoro con ferocia, armati fino ai denti, con le forze dell’ordine costrette a difendersi utilizzando misura e senso delle proporzioni.

Peccato che le cose siano andate molto diversamente e che l’accaduto sia di una gravità inaudita, perché decine di studenti inermi sono stati manganellati da poliziotti inspiegabilmente accaniti e violenti.

Le manifestazioni no-vax vanno avanti da mesi paralizzando città, con cortei che non rispettano percorsi stabiliti e manifestanti facinorosi e insultanti, ma mai le forze dell’ordine sono ricorse ai manganelli. Chissà perché dei semplici studenti che solidarizzavano con un coetaneo morto sul lavoro e al massimo hanno tirato un uovo con della vernice sono stati picchiati a sangue. E chissà perché le (poche e inesatte) ricostruzioni giornalistiche riportano solo la versione della questura, senza tener conto di cosa raccontano i video.

Dobbiamo interrogarci tutti se questa e’ la giustizia che vogliamo, se questo e’ il rapporto che vogliamo instaurare con le giovani generazioni,  che sono gia’ frustrate da una prospettiva di vita difficile per loro, perche’ le garanzie che avevamo noi giovani degli anni 60 non sono piu’ reali oggi.

una politica che non accetta il dislogo assomiglia troppo ad una dittatura

Noi di Azione non accettiamo questa fotografia che sta dimostrando il Paese.

perdipiu’ il tema sicurezza sul lavoro e’ prioritario per la dignita’ dei lavoratori e della qualita’ di vita di ogni cittadino.

quindi in questo caso la ferita e’ doppia

mettiamoci tutti nell’ottica che dobbiamo garantire pari dignita’ alla protesta in un agora’ democratica.

Paolo Bonafe’

Quali Politiche per la famiglia

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La famiglia, intesa come primo nucleo di relazioni significative, non è solo una dimensione privata, è una risorsa vitale per l’intera collettività poichè le molteplici funzioni da essa svolte la collocano a pieno titolo come soggetto di valenza pubblica che genera valore per l’intera società. Pertanto la famiglia deve venire riconosciuta come sistema complesso che svolge funzioni fondanti per la società. Ad una concezione di famiglia, considerata come sistema, necessariamente deve corrispondere una vision che non confonde le politiche famigliari con le politiche sociali, ma si richiami alle politiche di sistema. Assumendo questo quadro di riferimento, parlare di politiche per la famiglia significa raccogliere la sfida di catalizzare l’attenzione di tutti gli operatori del territorio, aggregando attori e risorse che condividano l’obbiettivo di accrescere il benessere sociale, producendo un circuito virtuoso in grado di generare nuove risorse sia economiche che sociali. Perché le politiche famigliari sono soprattutto politiche di sviluppo sociale ed economico del territorio e ne aumentano l’attrattività. Si tratta di spostare l’asse culturale che ha caratterizzato l’approccio alla famiglia, concepita come mera destinataria di interventi (concezione legata al welfare state), ad un nuovo approccio che vede la famiglia , soggetto competente, promotore di benessere e coesione sociale. Le esperienze dei Paesi del Nord Europa, nella progettazione delle politiche di sviluppo territoriale, hanno dimostrato l’efficacia di ribaltare l’ottica che individua come soggetto destinatario degli interventi il cittadino-individuo e lo sostituisce con un attore complesso e dinamico, rappresentato dalla famiglia. Il Piano Nazionale per la Famiglia, approvato nel giugno 2014, introduce, finalmente anche in Italia, il modello delle Alleanze Locali per la Famiglia il cui obbiettivo era ed è quello di “sostenere la diffusa attivazione di reti locali, costituite dalle forze sociali, economiche e culturali che, in accordo con le istituzioni, promuovano nuove iniziative di politiche family friendly nelle comunità locali, E’ un percorso in itinere, serve un salto culturale. Va aperta una nuova stagione di dialogo e cooperazione tra interlocutori strategici del sistema – attori pubblici, privati e sociali – per elaborare una dimensione programmatoria, capace di sviluppare un approccio unitario, come luogo abitato e vissuto dalle famiglie. Si tratta di avviare una coprogettazione organica fra politiche abitative, urbanistiche, ambientali, sociali, culturali e di sviluppo economico – turistico, all’interno di un processo che deve favorire tutte le condizioni per la partecipazione e per il protagonismo delle famiglie in un contesto sociale e comunitario.

Paolo Bonafè – Venezia 24/01/2022

MOSE – interviene anche Azione col Sen Matteo Richetti

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Il Mose, è un opera di ingegneria civile, idraulica e ambientale, acronimo di Modulo Sperimentale Elettromeccanico, a Venezia, che consiste in un sistema di dighe mobili finalizzato alla difesa della città in caso di acqua alta e di maree alte fino a 3m. Scopo di queste paratoie è proprio quello di difendere i cittadini, la città e tutto il patrimonio artistico e ambientale da tutte le acque alte. Il Mose è formato da quattro barriere collocate alle bocche di porto della laguna composte da 78 paratoie mobili tra loro indipendenti. Il Mose per ora è stato alzato solamente in via sperimentale, non definitiva. Lo hanno testato il 3 ottobre 2020, nonostante i lavori per la realizzazione siano cominciati nel 2003, sotto la presidenza del Consiglio Berlusconi.

Nel Bilancio 2018 del Consorzio Venezia Nuova, il concessionario per la costruzione, la consegna definitiva è stata fissata al 31 dicembre 2021. Ma con i danni causati dal livello record raggiunto dall’acqua alta il 12 novembre si sono riaccese le polemiche sui ritardi e sui costi – definiti sui social “inutili” – dell’opera.

Con-causa dei ritardi, il commissariamento del Consorzio nel 2014, a causa del coinvolgimento di vari suoi membri nelle indagini della magistratura per aver ricevuto fondi illeciti (L’INCHIESTA). Da allora si sono succeduti diversi commissari. Durante un’audizione alla Camera il 26 luglio 2018 l’ingegner Francesco Ossola, amministratore straordinario del Cnv, aveva parlato di “opere completate al 93%”. Nel Bilancio 2018 del Consorzio si legge che il completamento degli impianti definitivi del sistema è previsto per il 30 giugno 2020, con l’avvio dell’ultima fase di gestione sperimentale, per arrivare alla consegna definitiva alla fine dell’anno successivo.

L’opera – costata ad oggi più di 5 miliardi – è stata pensata negli anni ’80 per difendere Venezia e la sua laguna dall’acqua alta superiore ai 110 centimetri. Una volta completata dovrebbe essere composta da 78 paratie mobili installate nelle tre bocche di porto lagunari: Lido, Malamocco e Chioggia. Al sistema idraulico di paratie, che stanno appoggiate sul fondo delle bocche di porto e si alzano con l’alta marea riempendosi di aria compressa, si affianca la sede operativa all’Arsenale, che già dal 2012 è in grado di fornire previsioni sul meteo e sulle maree con tre giorni di anticipo.

Ora risulta che Il Mose non sarà mai ultimato prima del 2023, ma nessuno garantisce che la corrosione sottomarina non lo blocchi prima. Oggi le dighe mobili vengono sollevate con maree da 130 cm, a regime si scenderà a 110. Tra 74 e 76 però San Marco si allaga, il resto dell’insula marciana resiste solo fino a quota 85. Nessuno spiega perché, spesi 6,5 miliardi per il Mose, non si trovano pochi spiccioli per salvare San Marco e 50 milioni per proteggere il resto della piazza

Ad oggi la Basilica di San Marco è protetta da una barriera di vetro e lastre trasparenti per proteggere i marmi e i mosaici dagli assalti delle acque alte. L’ingresso della Basilica si allaga già con 88cm di altezza delle acque, e la barriera del Mose mai potrebbe alzarsi con acque così basse. Da qui è stato necessario costruire un altro sbarramento che difendesse la Chiesa e tutto il patrimonio culturale che porta con sé. Un’opera temporanea, costata 3 milioni e 700 mila euro.

“Mai visto un centesimo” dice Devis Rizzo, presidente dell’impresa Kostruttiva.

Noi di Azione con il Senatore Richetti abbiamo presentato una interrogazione a risposta scritta Al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili perché si faccia chiarezza sulla attuale situazione di stallo e si intervenga sul tema primario che è l’ultimazione dei lavori e l’assegnazione della manutenzione delle opere che costituiscono il sistema MOSE

Specificando che

  • il commissariamento, scelto come via dal Governo, ha determinato un rallentamento dei lavori, anche perchè la gestione commissariale si è rivelata inadeguata, tanto che attualmente il completamento dell’opera è slittato alla fine del 2023. Negli anni si è vista una serie di nomine di figure sovrapposte presenti a diverso titolo nella governance del MOSE che hanno generato conflitti di competenze e ulteriori rallentamenti, causati ance da personalismi e veti incrociati, invece di accelerare le operazioni;
  • l’emersione dello stato di dissesto finanziario del Consorzio Venezia Nuova, ha causato, proprio a causa di una cattiva gestione commissariale, la paralisi totale;
  • l’ultima complicazione alla catena di comando è arrivata nel maggio 2021 con la nomina della dott.ssa Ilaria Bramezza a Capo Dipartimento per le opere pubbliche, le risorse umane e strumentali del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili, la quale , avocando a sé decisioni che di fatto spetterebbero al Provveditorato Interregionale per le Opere Pubbliche per il Veneto, Trentino-Alto Adige e Friuli-Venezia Giulia (di seguito “Provveditorato”), ha proceduto  all’annullamento di un’importante procedura d’appalto relativa alla manutenzione dello stesso MOSE;
  • il MOSE, anche se non ancora stato completato, è comunque già in funzione ed è stato attivato più volte in modalità emergenziale provvisoria a partire dall’autunno del 2020 per proteggere Venezia e la sua laguna;
  • il tema della manutenzione non è affatto secondario ai lavori di costruzione perché garantisce l’efficienza e la durata nel tempo di una delle più grandi opere infrastrutturali italiane, completamente immersa in mare e con costi stimati al completamento di oltre 6 miliardi di euro;

da tutto ciò emerge che su questo tema vi è la totale mancanza di un piano di manutenzione dell’intero sistema MOSE – nonostante siano previsti interventi a cadenza triennale – con anni di ritardi, interruzioni e malagestione che hanno portato ad avere strutture sommerse aggredite dalla corrosione, componenti acquistati ma non ancora installati e abbandonati all’aperto in balìa delle intemperie, oltre a problemi di accumuli di sedimenti sabbiosi non affrontati in modo risolutivo.

Ad esempio, è noto almeno fin dal 2018 che i gruppi cerniera siano corrosi, tant’è che due consulenti esperti del provveditorato, l’ingegnere corrosionista Ramundo e il professore Paolucci, entrambi tra i massimi esperti in materia, nel rassegnare le proprie dimissioni hanno denunciato la totale inerzia nell’affrontare il problema;

in relazione alle gare indette proprio per affrontare l’importante questione della manutenzione sono emerse diverse problematiche, dalla fine del 2018 sono state in totale quattro le gare indette a tale scopo e solo una di quelle, la gara n. 54, concernente la manutenzione sperimentale delle paratoie e dei maschi della bocca di Lido Treporti,  è stata aggiudicata lo scorso mese di giugno (ma non ancora formalizzata) a un Raggruppamento Temporaneo di Imprese (RTI) facente capo a Fincantieri dopo un lungo contenzioso legale che si è concluso con sentenze favorevoli a Fincantieri sia da parte del TAR del Veneto che del Consiglio di Stato;

tutte le altre gare precedenti sono state annullate con vari pretesti, inclusa la c.d. gara n. 53 che aveva lo scopo di indagare lo stato di corrosione degli steli delle cerniere del MOSE e di individuare delle soluzioni per rimediare. Lo scopo di quella gara era stato incluso in una nuova gara pubblica europea, indetta nel luglio 2021 dal Provveditorato alle Opere Pubbliche di Veneto, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige; quest’ultima gara, concernente la redazione del piano di manutenzione strutturale dell’intero sistema MOSE nonché la sua manutenzione sperimentale per tre anni escludendo naturalmente le parti oggetto della gara 54 già citata, vinta ad Agosto 2021 da un RTI guidato da Fincantieri e comprendente importanti realtà imprenditoriali locali già impegnate nel MOSE, con decreto del 15 novembre 2021 è stata oggetto di annullamento da parte dello stesso Provveditorato che l’aveva indetta;

nel frattempo, una consulenza recentemente affidata all’esperto francese Nicholas Larchér

confermava lo stato della corrosione ma contraddiceva l’allarme lanciato dagli altri esperti del Provveditorato prima citati, i prof. Ramundo e Paolucci, affermando che sono sufficienti una protezione degli elementi con grasso e una ispezione con cadenza trimestrale. Sorprende quindi che il Provveditorato abbia infine deciso il 22.12.21 di affidare al Consorzio Venezia Nuova un’indagine visiva sullo stato delle componenti subacquee del sistema MOSE, contraddicendo contemporaneamente l’esperto francese in un senso e dall’altro le sue proprie motivazioni a base dell’annullamento della gara vinta dal RTI guidato da Fincantieri;

l’accumulo di questi ritardi e una governance che pare essere disarticolata e poco efficiente hanno l’unica grave conseguenza di minare – oltre che il completamento – anche quel minimo di manutenzione che le parti già completate richiedono per continuare ad operare.

Questa è un’ opera fondamentale per la Salvaguardia della città e del suo patrimonio Architettonico e quindi il nostro Partito sarà molto attento, anche coinvolgendo la struttura Regionale e Nazionale, nel sollecitare i soggetti responsabili ad una rapida soluzione delle problematiche e alla programmazione di manutenzioni affidate a soggetti che siano in grado di garantire competenza, risorse ed efficacia dei lavori necessari perché questa opera possa funzionare regolarmente.

Paolo Bonafè – componente Direzione Provinciale Azione  Venezia

Perché ho scelto di re-impegnarmi politicamente con Azione

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Gli ultimi decenni della storia del nostro Paese sono stati caratterizzati dalla crisi dei Corpi intermedi: sono gli anni dei partiti azienda, dei populismi, della dintermediazione, dell’egemonia delle piattaforme che sostituiscono i processi democratici propri dei partiti, dell’uno vale uno. L’evento traumatico del  Covid-19 ha rappresentato un radicale mutamento di scenario in cui  l’esigenza collettiva si è dovuta imporre a quella individuale. In una società, improntata all’individualismo, la pandemia ha comportato un cambio di priorità, che ha posto l’attenzione sugli organismi  che consentono di riportare le persone ad essere ascoltate non più solo come individui, ma come cittadini che condividono una condizione comune. E’ questo  il compito storico che la democrazia ha assegnato ai partiti, ai sindacati, alle associazioni di categoria, è questa una forma di rappresentanza di cui il Paese non può fare a meno per uscire dalla grave crisi economica, sociale e culturale in cui versa.

Ed è in questo contesto che nasce la mia decisione di ritornare a fare politica, scegliendo Azione di Carlo Calenda, un partito nuovo, ma che già nella scelta del nome esprime il suo essere radicato nella tradizione democratica, antifascista e nei principi fondanti della nostra Costituzione, collocato in un’area progressista ed europeista, che sta ponendo al centro della propria mission i temi cruciale e interdipendenti del lavoro, dei giovani e della ripresa economica. Questioni oggi ineludibili e assolutamente prioritarie, a fronte di un tessuto sociale che rischia  sacche sempre più gravi di impoverimento e di disgregazione. Il 16 gennaio si è svolto il 1 congresso Metropolitano di Azione Venezia e ho sostenuto la neo Segretaria Antonella Garro. Dopo una non lineare  fase di strutturazione vorrei che Azione divenisse, grazie anche al mio contributo,  luogo di ascolto dei bisogni del territorio, luogo di dibattito, confronto ed elaborazione di proposte  costruttive, capaci di incidere e dare risposte. Penso ad una casa trasparente in cui donne e uomini desiderino entrare, per mettere a disposizione saperi e competenze, per diventare attrici ed attori della vita politica del Paese, a partire dalle comunità di appartenenza. Questa è la sfida che io mi sento di raccogliere, consapevole che dobbiamo rappresentare una proposta credibile in un panorama in cui le logiche del potere sono più forti rispetto al perseguimento del bene comune, perchè, se fosse altrimenti, non sarebbe necessario fondare un nuovo partito.

In Azione, in questi mesi, ho conosciuto un gruppo di persone con cui condividere questi valori e questi obiettivi, con cui insieme investire in una politica intesa  come servizio ai propri concittadini. Assieme a loro voglio mettere a disposizione di Azione la mia conoscenza del territorio, delle sue criticità e delle sue risorse, la mia esperienza politica  e amministrativa, le mie competenze  professionali  come tecnico ed esperto di mobilità, trasporti, portualità e cantieristica. Si tratta di ambiti e temi cruciali per la città  di Venezia e per tutta l’area metropolitana, che devono essere affrontati con l’individuazione di  soluzioni che coniughino salvaguardia e sostenibilità, tutela ambientale e tutela dei posti di lavoro. Ritengo che oggi, ancor più di ieri, si debba tornare a fare politica, che  significa farsi carico delle questioni scottanti e di dare a queste risposte concrete, promuovendo la partecipazione, nei processi decisionali, di  tutti gli attori in campo.

Paolo Bonafè – Azione Venezia

energia 1

residenza a Venezia

ater

 

Ieri in Regione è andato in scena lo sfascio della gestione ATER. 6000 appartamenti vuoti in Veneto, di cui la stragrande maggioranza è non aggiudicabile perché non a norma e sovente in condizioni di degrado. Peggio di tutti fa l’ATER di Venezia (quattro appartamenti vuoti su cinque sono oggi non aggiudicabili). Dati oggettivamente spaventosi.

È una situazione frutto di anni di malgoverno e che ha visto vari responsabili succedersi senza apprezzabili differenze; prova del fatto che il difetto sta nel manico: il sistema non funziona. Sicuramente per inefficienze interne ma anche per motivi oggettivi (per esempio non si può sperare che ATER si mantenga e provveda alla manutenzione del patrimonio con le sole entrate degli affitti che sono spesso pressoché simbolici).

Non abbiamo ricette particolari ma non c’è dubbio che il sistema va riformato profondamente. La politica abitativa dei ceti meno abbienti è un tema qualificante di una società, è un elemento di civiltà in cui si attua il principio di mutua solidarietà tra i cittadini. Non può essere dimenticato e meno che meno essere fonte di clamorose ingiustizie (quanti “abbienti” stanno oggi in appartamenti pubblici pagando affitti ridicoli?). E a Venezia, stante la situazione della residenzialità, la questione è particolarmente vitale.

 

Antonella Garro, Segretaria Metropolitana di Azione Venezia

Paolo Bonafè, Segretario Comunale di Azione Venezia

1 giugno 2022