Apriamo una nuova porta di accesso alla città con la linea Ferry Boat CHIOGGIA-PELLESTRINA

Nell’articolato reticolo tracciato dalle linee di navigazione gestite da Actv, risulta evidente l’assenza di un collegamento strategico che colleghi, tramite ferry-boat , l’isola di Pellestrina con Chioggia.
In un’epoca in cui la movimentazione merci e passeggeri a livello collettivo sta assumendo sempre più importanza, si ritiene opportuno, al fine di rispondere in modo efficace alla necessità di trasporto di beni e di persone, sottoporre ad una seria analisi la proposta di istituire questa nuova linea, che garantirebbe un rapido collegamento fra l’isola e la terraferma, a tutela delle esigenze di vita e mobilità di cui sono portatori i cittadini.
L’analisi di praticabilità di tale progetto, vede già individuato l’approdo di Chioggia, all’interno del Porto Commerciale Vecchio nell’ Isola Saloni, in seno alle banchine della Darsena di “Marittima” la cui area è compresa tra il “Canal Lombardo Esterno “ ad ovest e le Ex Saline ad est, ove esiste uno scivolo, ora in disuso, per Navi Ro/Ro : il luogo è facilmente raggiungibile dai mezzi provenienti dall’hinterland di Chioggia e dalla SS Romea.
La rotta, prevista per il ferry, parte dall’uscita della darsena di Chioggia, accostando verso San Felice e mantenendo la boa di segnalazione verde sulla propria dritta. Il traverso della boa determina l’accostata per procedere verso il canale di Caroman, costeggiante tutta la diga foranea, che collega Pellestrina all’Isola di Caroman. L’approdo di arrivo sarebbe adiacente alla radice della diga, orientato per NNW, con vento di bora prossimo al traverso. Nel luogo è presente già uno scivolo e l’intera area prospiciente offre, apportando dovuti interventi architettonici e logistici, una buona ricezione per i mezzi in attesa. Poiché attualmente è raggiungibile tramite una stradina sterrata, che proviene dalla piazzetta del capolinea della linea d’autobus 11 e del pontile della linea 31, si dovrà provvedere alla asfaltatura della stessa.
Il tempo di viaggio, comprensivo dei tempi di percorrenza e delle manovre di partenza e attracco, con condizioni meteo marine ottimali e traffico portuale non impegnativo, è stimabile intorno ai 30 minuti.
La nuova linea è, pertanto, tecnicamente fattibile e di facile attuazione, tenendo conto degli interventi per l’avvio e la necessaria concertazione con gli enti interessati.
Vale la pena mettere in luce le ricadute positive che la sua realizzazione garantirebbe:una più rapida ed economica mobilità delle merci che devono raggiungere l’isola, sia per il rifornimento di negozi, di strutture di ristorazione, ma soprattutto dei cantieri e di tutte le realtà produttive che vi operano; un più rapido accesso per i cittadini ai servizi presenti nella zona di Chioggia ed in particolare alle strutture sanitarie (Ospedali di Chioggia e Piove di Sacco); una funzione facilitatrice allo sviluppo di un turismo sensibile alle bellezze naturalistiche dell’isola; l’alleggerimento del traffico pesante e di automobili private sul Tronchetto e sul Lido, ma anche sulla SS Romea e di attraversamento di Mestre e del Ponte della Libertà.
La linea dovrebbe avere un avvio sperimentale e prevederebbe l’ effettuazione di tre corse a/r alla mattina e tre corse a/r alla sera, in orari da concordare con gli operatori economici.
La nostra proposta prevede l’impiego di una motozattera che abbia una capacità di carico di 35 mezzi commerciali (equivalente a 45 auto). Se consideriamo le tariffe ora in vigore e pubblicizzate da ACTV-VELA sulla linea 17, vediamo che il costo del biglietto varia dai 15 ai 58 euro (per i pulman). Se mettiamo in correlazione questi due dati e cioè la capacità di carico con il valore del titolo di viaggio, vediamo che, ipotizzando un valore medio del biglietto in 20 euro e una previsione di trasporto di almeno 25 mezzi, si ottiene un introito a viaggio di 500 Euro, che dovrebbe essere in linea con i costi sopportati da ACTV.
Ma l’ interesse espresso dai cittadini e dalle forze economiche di Pellestrina, potrebbe mettere in moto anche nuovi modelli di integrazione e partnership fra pubblico e privato e vedere una collaborazione fra ACTV e imprenditoria locale nella gestione della linea.
La mission di Laboratorio Venezia ha proprio questo significato: aprire uno spazio che faccia circolare pensieri ed idee, favorisca il dibattito cittadino su una pluralità di temi e progettualità, favorisca la costruzione di sinergie fra soggetti diversi che ritengono di misurarsi in una dimensione di confronto fattivo, e collaborazioni costruttive.

Cap. Paolo Bonafe – Presidente Laboratorio Venezia
e Cap. Walter Barbieri – Coordinatore tavolo tecnico dei trasporti di Laboratorio Venezia

La politica italiana tra l’oggi e il domani

In una scena politica sempre più dominata da risse televisive e diverbi tra opposti rappresentanti politici, diviene necessario recuperare modelli e stili di comunicazione e relazione incentrati sul dialogo e sulla moderazione, facendosi interpreti di un bisogno sempre più avvertito da larghi strati di persone. Gli atteggiamenti estremi portano ad una disaffezione del cittadino verso le istituzioni ed un crescente assenteismo dalle urne. Il gran vociare e l’insulto facile sono gli strumenti con cui celare il vuoto di pensiero e l’assenza di un progetto politico, volto a risolvere i gravi problemi in cui versa il Paese. Ascoltando invece i cittadini si percepisce la loro netta insofferenza per la politica urlata, che vorrebbe condizionare e manipolare le loro coscienze e gli ultimi fatti di cronaca ancor di più gli allontanano. Essi rivendicano autonomia e capacità di valutazione critica, che si esprimono anche attraverso il voto democratico: questo è oramai slegato da logiche di schieramento e tende a premiare le persone e i programmi proposti, piuttosto che gli schieramenti per la loro connotazione ideologica. Questo nuovo approccio alla politica va attentamente analizzato perché mette in luce, la crisi di un modello e approfondisce la frattura fra la cosiddetta Società Civile e i partiti storici, in cui i cittadini rischiano di non riconoscersi più. Fortunatamente assistiamo alla nascita di movimenti, associazioni e comitati, quali nuovi soggetti politici che, attraverso la mobilitazione di gruppi di cittadini, assumono in proprio problemi specifici, facendosi promotori delle possibili soluzioni. Stiamo pagando lo scotto di una politica in cui echeggiano vuoti slogan piuttosto che il richiamo ai valori; che sembra aver smarrito la propria tradizione, traente linfa dall’impegno e dall’etica dei padri della nostra Costituzione democratica e repubblicana, il cui sforzo e senso di responsabilità ha permesso di sanare le lacerazioni della guerra; di dotarci di strumenti fondamentali per lo sviluppo sociale ed economico del nostro Paese. Il sistema elettorale prima maggioritario e poi proporzionale doveva garantire stabilità politica al Paese; questo non è avvenuto ne prima ne ora, ed anzi ha provocato l’appiattimento forzato delle posizioni dei diversi partiti, costretti ad entrare nell’una e nell’altra coalizione, perdendo così la propria identità e annacquando i propri valori ideali. Nello scenario di un Paese che sta attraversando un grave momento di crisi economica e sociale, la Politica deve ritrovare il senso forte del suo agire, trovando il proprio fondamento nei valori fondanti di una democrazia matura.

Paolo Bonafè
LABORATORIO VENEZIA

Dopo l’analisi dei dati statistici sul Lido fatta in occasione della Visita pastorale quali soluzioni intraprendere

Il rapporto statistico, curato dal Dott. Giuliano Zanon, direttore del COSES, sugli aspetti socio-economici riferiti agli abitanti del Lido, commissionato in occasione della Visita pastorale dal Vicariato dell’Isola, rappresenta uno strumento interessante ed utile per avviare un processo di maggiore conoscenza e confronto sulla condizione sociale di questo territorio.
E’, inoltre, opportunità concreta per un dialogo fra la comunità cristiana e la società civile dell’isola, come già si è dimostrato in occasione di due tavole rotonde promosse dal Vicariato, con la collaborazione della Municipalità.

Il risultato di questa analisi ha permesso di mettere in luce alcuni dati ed elementi di particolare interesse per sviluppare alcune riflessioni.
La popolazione del Lido è aumentata dal 1951 al 1969 di ben 8.500 persone (pari al 60%), raggiungendo i 22.635 abitanti, da quell’anno è iniziato un continuo esodo che ha portato la popolazione residente ad assestarsi nel 2005 a 17.650 unità.
Nel 1991 il numero delle famiglie lidensi ammontava a 7.301 unità, per 18.589 residenti, nel 2001 il numero delle famiglie è passato a 7.698 unità, di fronte ad una diminuzione a 17.488 dei residenti.
Il quadro attuale evidenzia ulteriormente che il 36,3% dei nuclei è composta da una sola persona, il 29,1% da due componenti, mentre le famiglie con almeno tre componenti risultano essere solo il 20,2% del totale.

Se integriamo questi dati con quelli relativi alla distribuzione della popolazione nelle diverse classi di età, (la popolazione nella fascia 0 – 14 anni nel 1981 era pari a 3.451 unità (16,3%) mentre nel 2004 ammontava 1954 unità (10,9%); quella oltre i 64 anni nel 1981 ammontava a 3.700 unità (17,5%) per passare nel 2004 alle 4.753 unità (26,6%)) appare evidente che abbiamo assistito ad un cambiamento della struttura familiare, ma anche della composizione del nostro tessuto sociale.
Il Dott. Zanon ci ha offerto, tramite i dati elaborati, ulteriori fotografie e approfondimenti, quali possibili piste di lavoro su cui sviluppare riflessioni comuni.
La dimensione dei nuclei familiari sempre più ridotta, fa immaginare un rischio di chiusura ed impoverimento delle relazioni; una riflessione ulteriore su questi nuclei è che essi sono composti in particolare da anziani, per i quali le condizioni di solitudine ed isolamento rappresentano ulteriori elementi di fragilità.

Più voci si sono alzate, durante le occasioni di dibattito pubblico sui dati, a porre l’accento sulla condizione degli anziani, ma anche su quella delle giovani generazioni.
Per i primi si ricordano le necessità di assistenza e cura, ma anche di reti sociali informali e spontanee come quelle di “buon vicinato” e di volontariato, per le seconde si sono espresse preoccupazioni per la necessità di rivolgere un ascolto attento ai loro bisogni più profondi di attenzione e relazioni significative.
I dati ci hanno anche evidenziato una presenza di divorzi e di nuclei monoparentali, superiori alla media del centro storico, che indicano una fragilità della struttura familiare, che si impoverisce di elementi rassicuranti quali la stabilità e la garanzia protettiva per i propri membri.
Per quanto concerne l’ambito delle relazioni comunitarie, si percepisce un allentamento delle relazioni significative ed un attenuarsi dei sensi di appartenenza collettivi.

Queste riflessioni interrogano la pluralità dei soggetti istituzionali e sociali, la comunità ecclesiale e la società civile, presenti al Lido e richiamano l’attenzione sulla necessità di promuovere una dimensione comunitaria del vivere, quale opportunità di scambio, maturazione, crescita e riconoscimento reciproco, che abbia una valenza intergenerazionale.
Significa, per ognuno di noi, interpellare il proprio senso di appartenenza alla comunità in cui vive e l’aprirsi a dimensioni relazionali nuove, contro il rischio della frammentazione della vita sociale, del crescente anonimato che investe l’esistenza delle persone.
Insieme è possibile sostenere lo sviluppo di una vita comunitaria creando occasioni e favorendo le opportunità di conoscenza fra le persone, di condivisione, di costruzione di sentimenti e azioni di solidarietà.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Giornata della Memoria

Il secolo appena trascorso è stato testimone di una indicibile tragedia, che non potrà mai essere dimenticata: il tentativo del regime nazista di sterminare il popolo ebraico, con la conseguente uccisione di milioni di ebrei, uomini e donne, vecchi e giovani, bambini e neonati.
Alcuni di questi furono uccisi immediatamente, altri furono umiliati, maltrattati, torturati e privati della loro dignità ed infine uccisi. Solo pochi di coloro, che furono internati nei campi di concentramento, sopravvissero ed i superstiti, per tutto il proseguire della loro esistenza, sopportarono e sopportano sulla loro carne e nella loro anima ferite, angosce e terrori. Questo fu la SHOAH: uno dei principali drammi della storia. Questo termine fu coniato da ELIE WIESEL, scampato ad AUSCHWITZ e Premio Nobel per la letteratura, per modificare la terminologia “OLOCAUSTO” che proveniva da una analogia tra il sacrificio, raccontatoci nella Bibbia, al quale doveva venire sottoposto Isacco figlio di Abramo. Definizione che risultava pertanto riduttiva ed impropria per indicare la determinata strategia di sterminio perpetrata nei confronti del popolo ebraico.
La “giornata della memoria”, istituita con legge n. 211 del 20.07.2000 art. 1, cade il 27 gennaio di ogni anno, data scelta, in quanto anniversario del giorno in cui vennero abbattuti i cancelli di Aushwitz. La celebrazione di questa giornata deve rappresentare un monito per le nuove generazioni, deve essere un richiamo per ciascuno di noi, poichè la barbarie umana non ha mai fine, l’orrore delle leggi razziali, degli stermini e delle persecuzioni continuano a rappresentare un filo rosso insanguinato evidente e rintracciabile nella storia contemporanea. E’ sufficiente nominare la BOSNIA, l’ IRAQ e quanto succede tutt’oggi in tante, troppe parti del Mondo. PAPA GIOVANNI PAOLO II, nella lettera apostolica “TERTIO MILLENNIO ADVENINTE” scrisse: “ …è giusto pertanto che, mentre il secondo millennio del cristianesimo volge al termine, la chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell’arco della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e dal suo Vangelo, offrendo al Mondo, anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori di FEDE, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo”.
Pertanto, dinanzi al genocidio del popolo ebraico nessuno può dichiararsi non responsabile, come nessuno oggi può restare indifferente agli orrori ed alle ingiustizie del tempo presente. La volontà di giustizia e pace devono rappresentare i valori fondanti dell’agire personale e sociale di tutti gli uomini di “buona volontà”, affinché dalla memoria consapevole della pagina più buia della storia d’Europa, si sappia trarre insegnamento per costruire un mondo solidale e rispettoso delle differenze culturali e religiose.

Paolo Bonafè
Ass.cult. Laboratorio Venezia

Perchè richiedere lo Stato di calamità Ambientale su Mestre

La paralisi dei trasporti, legata al nodo della tangenziale di Mestre, é il problema prioritario al quale va data al più presto una soluzione. Sulla tangenziale passa una media di 120.000 veicoli al giorno con punte di 170.000, di questi il 30% è traffico pesante e il 30% è traffico di puro attraversamento. Negli ultimi 10 anni, il traffico è cresciuto del 3,4% all’anno. Nei prossimi 10 anni il traffico crescerà dell’ 1,7% -2,5% all’anno (ma nei primi mesi di quest’anno il traffico pesante è aumentato ad un ritmo dell’8%). Considerato, inoltre, che sulla tangenziale di Mestre si sommano traffici di natura diversa, da quello urbano locale a quello che proviene dalle altre province e che il 50% dell’inquinamento dell’aria di Mestre deriva dal traffico della tangenziale, che fa rilevare le più alte concentrazioni di polveri fini PM10, si capisce perché si sia richiesto “LO STATO DI CALAMITA’ AMBIENTALE SU MESTRE”, ancora in data 29 giugno 2002, con una lettera presentata dal sottoscritto al Sindaco, una lettera presentata dal Consigliere Regionale PICCOLO al presidente GALAN e una inviata dai parlamentari BERGAMO e D’AGRO al Presidente BERLUSCONI, affinché i destinatari si attivino per creare una AUTORITY che gestisca questa emergenza.
L’Autority dovrebbe essere presieduta dal livello regionale e dovrebbe dare voce ai sindaci dei comuni interessati, assieme ad ANAS, ARPAV e alla PROVINCIA, la stessa dovrebbe avere il potere di determinare, se necessario, il blocco del passaggio dei TIR, primi colpevoli degli ingorghi e dell’inquinamento da polveri fini PM10. Ma questo non è sufficiente, aspettando il PASSANTE si può e si deve intervenire: sui collegamenti alternativi TRENO (FS CARGO) e NAVE (ADRIATICA di Navigazione di VENEZIA), che possano determinare così nuovi sviluppi e nuovi collegamenti; controllando il livello delle emissioni dei veicoli in transito; regolando gli accessi alla tangenziale; potenziando le informazioni in merito alla tangenziale (sistema MARCO); garantendo la gestione di un sistema di emergenza; realizzando al più presto la terza corsia della tangenziale e tutti quegli interventi di viabilità urbana oramai non più procrastinabili (Via dell’Elettricità – Via Castellana – via Asseggiano – via Gazzera – Soluzione del nodo di San Giuliano – Viabilità dell’Ospedale di Zelarino – Modifica degli attraversamenti in Via Martiri della Libertà); prevedendo una viabilità extraurbana complementare e passante attraverso la realizzazione di opere di trasporto metropolitano su rotaia e cavo ( vedi SMFR e il TRAM di Mestre).

Diciamo No ai tagli previsti nella Finanziaria 2006 per la FLOTTA PUBBLICA e per la CANTIERISTICA ITALIANA

Da analisi fatte l’80% delle merci in entrata ed in uscita dall’Italia viaggia via mare e di queste il 66% (per la mobilità interna) si sposta poi su strada; se a questi dati sommiamo anche il trasporto civile, l’incidenza del trasporto su gomma sale all’87%. Con questi dati dobbiamo onestamente dirci che i progetti di costruzione e/o ampliamento di autostrade non possono rappresentare l’unica via di sviluppo possibile per il Paese, per i costi economici ed ambientali che comportano.
Pertanto il trasporto marittimo, soprattutto per percorrenze superiori ai 300 km, diviene il settore che potrebbe registrare un alto margine di sviluppo e un basso impatto ambientale. Purtroppo, però, questo settore occupa ad oggi, solo il 5% del traffico merci totale. Pertanto, in una penisola come l’ITALIA, l’azione politica non può prescindere dall’analisi attenta dei costi economici, sociali ed ambientali delle scelte che si effettuano. Da un lato l’aumento vertiginoso di presenza di tir sulle nostre strade mette in luce l’inquinamento prodotto, le eccessive ore di guida dei camionisti, l’usura dei mezzi, il rischio incidenti; dall’altro il rilancio del trasporto via mare, garantirebbe l’allentamento della pressione sul nostro sistema stradale, permetterebbe la revisione di investimenti economici onerosi in infrastrutture con tempi lunghi di realizzazione.
Orbene, allora non si capisce perché il Governo non attui misure mirate in tale direzione. CONFITARMA ha lanciato un messaggio di allarme al Parlamento e al Governo che è rimasto ad oggi inascoltato. La stessa, con una lettera aperta inviata lo scorso 19 dicembre, chiedeva il rinnovo degli sgravi contributivi per le navi che operano nel cabotaggio, oltre al rifinanziamento della legge 88 del 2001, che consente di ridurre i costi per le costruzioni navali .
Intervenire in tali settori è indispensabile per non penalizzare importanti realtà industriali del nostro Paese. Gli sgravi contributivi per le navi che operano nel cabotaggio è una misura introdotta nel 1999, con l’apertura del traffico marittimo interno alle navi degli stati europei e tale intervento è finalizzato a ridurre i costi di esercizio delle navi italiane. L’altro intervento menzionato è il finanziamento della legge 88 del 2001, che prevede in accordo con il regolamento europeo, contributi del 9% per gli armatori che decidono di rivolgersi a cantieri italiani per costruire nuove navi. Questo significa che, per 17 delle cinquantasei nuove navi costruite grazie alla legge, non ci sono i soldi che il Governo si era impegnato ad assicurare agli armatori. Se uniamo poi questi tagli a quelli previsti per la flotta pubblica, in ordine ai contributi per i servizi dovuti, la situazione diviene davvero grave.
Questo significa mettere in pericolo migliaia di posti di lavoro e mettere in ginocchio un fondamentale settore economico.
Le Associazioni di Categoria degli Armatori pubblici e privati e l’ANCANAP (Associazione dei Cantieri Privati Italiani) auspicano che il Governo intervenga grazie ad un decreto correttivo “OMNIBUS”, anche se ad oggi non ci sono messaggi positivi in tal senso. Sotto il profilo ambientale sembra banale ricordare il livello inferiore di inquinamento prodotto dalle navi e il minor consumo energetico: le navi utilizzano nafte pesanti meno costose e prive di additivi che, se bruciate secondo le nuove normative, non inquinano.
In secondo luogo, sviluppare il trasporto via mare, comporta investimenti calcolati in una percentuale di 15 volte inferiore, rispetto agli investimenti necessari per infrastrutture stradali o ferroviarie. Un ulteriore calcolo evince che sarebbero sufficienti circa quindici navi traghetto, per diminuire del 20% il traffico pesante nelle tratte autostradali più congestionate: tale soluzione sarebbe disponibile in tempi ridotti rispetto alla realizzazione di infrastrutture autostradali e ferroviarie.

Pertanto, visto che a VENEZIA esistono importanti compagnie armatoriali e importanti cantieri di costruzione navale diviene fondamentale che i politici: parlamentari ed amministratori locali, intervengano verso il Governo ed il Parlamento per evitare che i tagli previsti mettano in ginocchio l’economia marittima e causare importanti ripercussioni anche sui livelli occupazionali locali e quindi sull’economia cittadina.

Il Segretario Regionale
FEDERMAR-CISAL Veneto
Cap.Paolo Bonafè

Il "Meticciato" dei Popoli e il tema della Pace

In questi anni è divenuto di predominante attualità il tema del “meticciato” dei popoli. L’integrazione alla quale anche l’Italia non potrà sottrarsi (anche a causa del basso tasso di natalità), sarà inevitabile e questo grazie (o a causa) della nostra collocazione geografica di cerniera tra l’EUROPA con l’AFRICA, da una parte, e il MEDIO-ORIENTE dall’altra. Non servono statistiche o studi particolari per comprendere che vi sono centinaia di migliaia di africani che si stanno affacciando ai confini meridionali del nostro continente (basta leggere le cronache quotidiane che informano di continui sbarchi sulle nostre coste), ma non dobbiamo altresì dimenticare che vi è un altrettanto numero di cittadini, che provengono dai paesi dell’Est e dal Medio-Oriente, che a loro volta si affacciano ai nostri confini Orientali. Il non voler considerare quello che sta avvenendo vuol dire voler fare come gli struzzi che nascondono la testa sotto terra. Per questo la politica deve saper sciogliere i nodi cruciali del nostro tempo, deve essere strumento di dialogo e confronto, di crescita umana e culturale. Oltre ai problemi di integrazione che viviamo in casa dobbiamo considerare anche i problemi di integrazione interrazziale e culturale Il Medio Oriente rappresenta il focolaio, ormai perenne, di una lacerazione sanguinosa, che rischia di approfondirsi sempre più, fra il cosiddetto mondo occidentale ed il mondo islamico. C’è solo il rischio di una escalation che sembra impossibile arrestare.
A tutto questo non vi si può porre rimedio solo con la forza, bisogna fermarsi e dare spazio e voce al bisogno di pace e giustizia che sgorga dal profondo del cuore degli uomini, bisogna riconoscere che la guerra porta in sé solo morte, odio, distruzione ….che preparano solo ad un altro conflitto. La storia deve rappresentare un patrimonio di esperienza collettiva perché gli orrori non si ripetano più.
Dobbiamo esibire questa volontà di pace e fratellanza attraverso atti concreti, attraverso una “testimonianza “ di pensiero e di valori, lasciare da parte la demagogia, ma lavorando per costruire ponti di dialogo. Papa Giovanni Paolo II usava dire : "Gesti di pace creano per tradizione una cultura di pace". Il dialogo comporta scambi di idee e la crescita della cultura di un popolo, importante è avere la capacità di difendere le proprie tradizioni
Ognuno di noi può dimostrare la propria volontà di pace, fare un azione in direzione della stessa, smuovere le coscienze degli uomini e farli ragionare che sui valori non sono gli schieramenti che devono guidare le azioni ma, appunto, la coscienza e per il cristiano la coscienza è quella di mettere CRISTO davanti alla propria azione sociale e politica.
La forza della testimonianza di questo sta nel messaggio evangelico, che non può essere strumentalizzato, ma deve essere universale ed è per questo che dobbiamo avere come rotta quanto Papa Benedetto XVI ha detto da Colonia ai musulmani con il messaggio “se insieme riusciremo ad estirpare dai cuori il sentimento di rancore, a contrastare ogni forma di intolleranza e ad opporci ad ogni manifestazione di violenza, fermeremo l’ondata di fanatismo crudele che mette a repentaglio la vita di tante persone, ostacolando il progresso della pace nel Mondo. Il compito e’ arduo, ma non impossibile.”.

Paolo Bonafè

La riforma degli Istituti Nautici e L’Università del Mare

Nei primi giorni di novembre è stata inaugurata a Genova l’ACCADEMIA PER UFFICIALI DELLA MARINA MERCANTILE che diviene il naturale corso di laurea per i diplomati nautici, che vogliono approfondire la loro specializzazione professionale
Questo avvenimento diviene importante perché va a migliorare e valorizzare la figura dell’Ufficiale di Marina, trasformatasi nel tempo; infatti le nuove tecnologie installate sulle moderne navi necessitano di maggiori conoscenze tecniche. L’Accademia del Mare però non è alternativa ma integrativa degli attuali percorsi formativi. Resta quindi sul tappeto la questione degli Istituti Nautici, che la riforma MORATTI fa divenire una sottospecializzazione del liceo tecnologico, settore Trasporti e Logistica. Con la riforma, alla fine del quinquennio, viene richiesta la partecipazione obbligatoria a corsi post-diploma per poter navigare.
Questo fatto crea notevoli problemi ai neo-diplomati, i quali non si possono imbarcare subito dopo il diploma (come anch’io feci), iniziando quindi a lavorare e guadagnare, ma devono sostenere questi corsi che sono a pagamento, causando così la rinuncia di molti alla carriera navale. La riprova di tutto ciò è che, all’Istituto Tecnico Nautico di Venezia, vi sono questo anno solo una V^ classe Capitani e una V^ classe Macchinisti. Quanto detto non preoccupa solo i sindacati ma anche gli Armatori, i quali fanno già oggi fatica a trovare ufficiali preparati da imbarcare sulle loro navi, figuriamoci un domani. Importante sarà quindi che lo STATO trovi delle forme di rimborso o di contribuzione per i corsi Post Diploma e che pubblicizzi e sviluppi l’Accademia del Mare, perché il settore del TRASPORTO VIA MARE deve divenire sempre più strategico per una Nazione come l’ITALIA che è bagnata per i suoi tre quarti dal Mare.

Il Segretario Regionale
FEDERAMAR/CISAL
Cap. Paolo Bonafè

L’inaugurazione dell’Accademia del Mare quale prospettiva formativa per gli ufficiali del futuro legandola ai problemi che verranno causati al settore della riforma MORATTI.

Nei primi giorni di novembre è stata inaugurata a Genova l’ACCADEMIA PER UFFICIALI DELLA MARINA MERCANTILE che rappresenta, all’interno di un corso di laurea, il naturale sviluppo di studio per i diplomati nautici. La figura dell’ufficiale di marina si è trasformata nel tempo e le nuove tecnologie richiedono necessariamente una maggiore conoscenza tecnica. Il nuovo percorso accademico non risolve però tutte le problematiche formative che interessano la marineria italiana; resta infatti sul tappeto la questione degli Istituti nautici che la riforma MORATTI trasforma in una sottospecializzazione del liceo tecnologico, settore Trasporti e Logistica, pertanto, per poter navigare, è richiesta la partecipazione obbligatoria a corsi post-diploma. Questi sono a pagamento con costi proibitivi per molti; le società armatoriali non hanno la possibilità di intervenire nel finanziamento degli stessi, questo comporta l’abbandono di molti alla carriera navale. Non a caso all’Istituto Tecnico Nautico di Venezia, quest’anno sono attive solo una V^ classe Capitani di Coperta e una V^ classe Macchinisti.
Per questi motivi, i sindacati dei marittimi hanno inserito il mancato rimborso previsto dallo Stato per i corsi post diploma come uno dei principali punti per i quali è stato indetto lo sciopero del 25 novembre, assieme all’alleggerimento degli oneri fiscali del 25% per l’armamento privato, che opera su linee sotto le 100 miglia, alla riduzione del 50% dei contributi alla Tirrenia per i servizi obbligatori, alla riforma del collocamento che cancella la figura del raccomandatario marittimo e alla riforma della legge 108 sull’orario di lavoro.
La preoccupazione legata all’iter formativo non è solo dei Sindacati, ma anche degli Armatori, che già oggi incontrano notevoli difficoltà a reperire ufficiali preparati da imbarcare sulle loro navi, difficoltà che aumenteranno con la riforma MORATTI quando gli Istituti nautici perderanno la loro specificità. Importante quindi sarà in futuro l’istituzione dell’Accademia del Mare che vede tra i promotori, non solo la CONFITARMA (Confederazione Italiana Armatori), ma anche il sindacato. Infatti la FIT/CISL è tra i soci fondatori con una quota simbolica del 2,5%. Avrebbe voluto aderirvi anche la FEDERMAR ma, purtroppo, essendo un sindacato autonomo, non dispone delle stesse risorse economiche dei sindacati della triplice. L’obbiettivo è quello di poter contare sempre più su ufficiali nazionali, che saranno alla guida di equipaggi provenienti da tutto il mondo, vista la perdita di interesse professionale per un settore che, nel nostro Paese, potrebbe essere determinante per l’economia Auspichiamo che, con lo sciopero del 25 novembre, il Governo possa capire le nostre esigenze ed intervenire efficacemente sulla questione, ponendo in atto i correttivi richiesti, altrimenti ferma sarà la nostra azione sindacale di protesta.

Il Segretario Regionale
FEDERAMAR/CISAL
Cap. Paolo Bonafè

Venezia: la necessità di mantenere forte il legame tra la città e il suo porto.

A Venezia è continua fonte di dibattito la diversa opinione circa l’opportunità di mantenere l’attività portuale nella città storica.
Quale rappresentante di una parte di lavoratori, che operano nel settore marittimo, ritengo utile porre sul tavolo della discussione alcune considerazioni, quali ulteriore contributo, per favorire una maggiore conoscenza del tema.
Desidero ricordare, innanzi tutto, come Venezia abbia perduto negli anni importanti aziende che hanno trasferito sedi e personale in terraferma, non solo a causa di trasformazioni aziendali, ma soprattutto per i maggiori costi gestionali legati alla logistica e ai trasporti. Questo esodo ha comportato una sommersa crisi economico-occupazionale che solo in parte ha potuto essere riassorbita dal settore turistico o dalle aziende ex municipalizzate.

Siamo consapevoli che i cambiamenti della struttura produttiva hanno avuto ricadute sul tessuto sociale e sull’economia della città (esodo, mercato della casa, rete commerciale), pertanto se partiamo dal presupposto che ogni azienda che lascia Venezia, rende la città più povera sotto il profilo sociale ed economico, dobbiamo riflettere se ci si può permettere di perdere una attività, come quella portuale, che dà lavoro, direttamente od indirettamente, a circa 18.000 lavoratori.
Per questo ritengo di avanzare alcune considerazioni alle argomentazioni poste in opposizione al traffico navale; soprattutto verso quelle che sono legate alla sicurezza e al controllo delle navi, ai pericoli che queste possono arrecare alla città e al problema del moto ondoso.

Per quanto concerne la sicurezza è giusto sapere che la Capitaneria di Porto, ora Guardia Costiera, ha effettuato in questi ultimi tre anni, su navi che toccano il Porto di Venezia, ben 455 controlli legati al PORT STATE CONTROL, strumento che sottopone a verifica le navi straniere che scalano i porti italiani, per accertarne la conformità alle norme internazionali in materia di sicurezza della navigazione ed anti-inquinamento, nonché alle norme nazionali applicabili. Esso mira a contrastare il fenomeno delle navi ”sub – standard”, che costituiscono un pericolo per le persone imbarcate, per l’ambiente e per la sicurezza dei traffici marittimi. In generale le navi sono catalogate secondo un profilo di rischio generato da un database informatico europeo, nel quale confluiscono i dati di tutti gli ispettori PSC dei paesi membri. Il numero di queste ispezioni ammonta a circa 20.000 l’anno e nella sola Italia, nel 2004, ne sono state effettuate 2385, grazie al lavoro di 140
Ispettori PSC. Per quanto concerne le navi battenti bandiera italiana, i controlli vengono effettuati annualmente e anche i sindacati sono coinvolti nella visita ai servizi di bordo e in quella tecnico- sanitaria.

Per quanto concerne il pericolo che le navi possono arrecare alla città, voglio ricordare l’episodio, avvenuto lo scorso anno, dell’arenameto alla M/N “MONA LISA”: dall’indagine è emerso che, a provocare l’incidente, fu un concatenarsi di cause quali la nebbia, una errata manovra ed un mancato uso dei rimorchiatori (che vengono utilizzati a discrezione dell’armatore). Vista la ridotta velocità in bacino, pari ai circa 6 nodi, era impossibile che la nave potesse andare ad urtare le rive di San Marco, data l’esistenza di una basso fondale fangoso (unghia), che arriva fino ai lati del canale di navigazione e, l’avvenuto arenamento, ne è conferma.

Per una maggiore sicurezza si può intervenire sul legislatore e su chi è chiamato a garantire il rispetto delle regole, operando perché le navi possano entrare solo in condizioni di alta marea e assenza di nebbia e, se hanno un tonnellaggio superiore alle 3000 tonnellate, siano obbligate all’uso di uno o due rimorchiatori. La velocità consentita dovrebbe poi essere ridotta a quella di governo nave.
Per quanto concerne il problema moto ondoso, ci si può attenere alle formule matematiche in uso alle migliori “vasche navali” del mondo, che evidenziano quanto il moto ondoso sia legato alla ampiezza e profondità del tratto di mare attraversato, al dislocamento nave e alla velocità di spostamento sull’acqua. Quindi, aumentando la sezione di un canale, con l’aumento della sua profondità, diminuisce la velocità dei flussi (inclusi quelli di marea) a beneficio delle sponde e della migliore distribuzione dell’ acqua. Ne risulta che, considerando il Canale di S. Marco, largo circa 200 mt (in rapporto ai 30 mt. massimi di una grande nave), abbiamo un moto ondoso ininfluente. Anche nel Canale S.Andrea diviene importante il rapporto tra l’immersione della nave e la profondità del canale; per questo l’Autorità Portuale richiede da tempo che la profondità sia riportata dagli attuali 9 mt, agli 11, eliminando ogni cunetta, come già previsto dalle cartografie del 1938. Tale intervento è previsto e collegato al D.P.C. del 3/12/2004, che decreta la stato di emergenza socio-economico-ambientale relativo ai canali portuali veneziani, a cui ha fatto seguito l’Ordinanza PCM n.3383, che ha nominato il Commissario all’escavo dei canali e alla depurazioni dei Fanghi e delle Acque, che si unisce al progetto integrato Fusina.

Il Segretario Regionale
FEDERMAR/CISAL
Paolo Bonafè

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)