CARCERE E NUOVE OPPORTUNITÀ: DALLA FORMAZIONE LA CHIAVE PER RIPARTIRE
di Paolo Bonafè – Segretario comunale Azione Venezia
La dignità del carcere si misura dalla possibilità reale di offrire un futuro a chi ha sbagliato. La detenzione non può ridursi a una sospensione della vita, ma deve diventare l’occasione per ricostruirla. La formazione professionale e il lavoro rappresentano strumenti fondamentali per la riabilitazione e per il reinserimento sociale, come previsto dall’articolo 27 della nostra Costituzione.
Esperienze positive in altre regioni, come l’Umbria o più recentemente la Liguria, dimostrano che percorsi strutturati di formazione dentro le carceri possono davvero ridurre la recidiva, che scende dal 60% a meno del 2% tra chi ha un lavoro. Eppure, anche in Veneto – come a Venezia – troppo spesso questi percorsi sono assenti, frammentari o affidati all’iniziativa di pochi enti virtuosi.
Nella nostra Regione, le carceri vivono una condizione di costante sovraffollamento, carenza di organico e, soprattutto, scarsità di percorsi di rieducazione. A Venezia, la situazione della Casa circondariale femminile della Giudecca e della struttura di Santa Maria Maggiore testimonia una realtà in cui le opportunità di formazione sono quasi inesistenti. Questo vuoto genera frustrazione, disillusione e, soprattutto, mancanza di prospettive. La domanda è semplice: quale possibilità di reinserimento può avere una persona che ha scontato la pena ma non ha acquisito alcuna competenza spendibile?
Occorre agire. Azione Venezia propone che anche nel nostro territorio si attivino, stabilmente, corsi di formazione professionale all’interno delle strutture detentive, in collaborazione con gli istituti tecnici, le agenzie formative, le imprese locali e le associazioni di categoria.
Bisogna certamente sostenere associazioni e le cooperative del territorio che già operano in carcere, che si occupano del reinserimento sociale di detenuti e sostegno alle loro famiglie, che organizzano e sostengono iniziative culturali quali laboratori di lettura e di cucito e cineforum oltre che procurare piccole spese settimanali per le detenute del carcere femminile.
Serve costruire progetti che guardino al futuro: edilizia, manutenzione urbana, cura del verde, ristorazione, lavorazioni artigianali, servizi alla persona. In Umbria, per esempio, corsi nel settore edile hanno già aperto concrete opportunità lavorative, con la prospettiva di cooperativa femminile per le finiture.
Le risorse ci sono: basti pensare ai fondi del PNRR, al programma GOL per l’inclusione lavorativa, alla Legge Smuraglia che incentiva l’assunzione di detenuti con crediti d’imposta. È tempo che queste possibilità vengano sfruttate anche nel Veneto. I fondi dedicati al reinserimento devono essere effettivamente impiegati per costruire percorsi formativi certi, certificabili, strutturati. Nessuna Regione può restare indietro.
Una rete stabile tra Regione, enti locali, amministrazione penitenziaria, fondazioni e imprese può – e deve – essere costruita. Perché la vera sicurezza sociale non si realizza moltiplicando le celle, ma costruendo percorsi di libertà possibile. Perché ogni giorno senza un’opportunità è un giorno perso, per chi è dentro, ma anche per la società tutta. Restituire senso e futuro alla pena è un dovere di civiltà, che riguarda anche Venezia.