Basta lamentarci della "CASTA" politica italiana, usiamo il referendum elettorale per cambiare dal basso la politica

Una rapida lettura dello stato d’animo che pervade il nostro Paese sembra evidenziare un prevalente atteggiamento “depressivo”. La sensazione è che di fronte ad un momento storico faticoso e complesso, perché sicuramente connotato da criticità, non si avverta il bisogno collettivo di essere attivi e presenti per costruire le condizioni che producono cambiamento.
Un indicatore di questo clima può essere il successo del libro “La Casta”, che sembra aver avuto l’esito di accentuare sentimenti qualunquisti, piuttosto che mettere in moto energie propositive: infatti, l’occasione rappresentata dal referendum per il cambiamento della legge elettorale non sembra mobilitare un forte interesse da parte dei cittadini che, pur firmando, non sono poi disponibili a mobilitarsi in prima persona. Se lo facessero, permetterebbero al comitato referendario di aumentare e/o moltiplicare il numero dei punti di raccolta firme, così da raggiungere in breve tempo il quorum delle 500.000 firme indispensabili per il deposito dei quesiti referendari.
Se in un qualche modo è comprensibile che i dirigenti dei partiti dimostrino scarsa sensibilità su questo tema, poiché questa legge voluta dal centrodestra è stata utilizzata anche dal centrosinistra, in quanto funzionale al bisogno delle segreterie di determinare i nomi degli eletti, non lo è altrettanto per i cittadini per i quali questo fattore, già da solo, dovrebbe rappresentare una efficace spinta alla mobilitazione.
Sembra sempre più allargarsi il gap fra l’esercizio della funzione di delega e l’esercizio dei propri doveri di cittadinanza che implicano una partecipazione attiva e responsabile alla vita sociale e politica: prova di questo è anche la difficoltà imbarazzante nel raccogliere le 500.000 firme per il referendum elettorale.
Beppe Severgnini ha ragione quando scrive in un suo editoriale che “E' vero che i media di governo e d'opposizione ne parlano poco: esistono però i giornali indipendenti, le radio, internet, il cellulare, le piazze, il passaparola. Ma la parola non passa, perché siamo apatici, disinteressati, sfiduciati. Per usare un termine tecnico: non ce ne frega niente. Trovare un buon posto per le vacanze: questo sì è un obiettivo che scalda i cuori” .
Quindi basta lamentarci della “casta” politica italiana, usiamo il referendum elettorale per cambiare dal basso la politica.

Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Il Terminal di San Giuliano quale alternativa al Ponte della libertà

Gli avvenimenti degli ultimi giorni (la tromba d’aria e l’ennesimo incidente a San Giuliano) evidenziano l’improcrastinabilità che esige la riprogettazione del sistema di collegamento che unisce la terraferma a Venezia.

Nella discussione, che anche questa volta ne è scaturita, alcuni hanno rilanciato la sublagunare quale soluzione al problema. Personalmente, ritengo questo un progetto importante, sia per i benefici sviluppi che porterebbe alla città in termini economici, di modernizzazione e di blocco dell’esodo, sia per la lotta al moto ondoso (per non parlare della salvaguardia dei nostri monumenti dalla corrosione causata dai gas di scarico dei mezzi che solcano la laguna), ma siamo tutti consapevoli che si tratta di un progetto di lunga ed incerta realizzazione, anche per la contrarietà che incontra in vari strati dell’opinione pubblica.

Va sottolineato con forza che Venezia necessita di sviluppare con urgenza e in tempi rapidi un sistema di collegamenti che tolga parte del traffico dal Ponte della Libertà, individuando alternative efficaci, consapevoli che ogni blocco del Ponte ha ricadute che si ripercuotono su tutta la viabilità dell’area di Mestre, del suo hinterland e della tangenziale. In passato, avevo già avanzato una proposta consistente nel dare compimento ai progetti dei terminal (o porte d’acqua) di San Giuliano, Tessera, Fusina e Treporti, proposti dalla prima giunta Cacciari, ma poi accantonati.
In particolare l’aver sacrificato il Terminal di San Giuliano alla causa del parco, sebbene non fossero progetti tra loro incompatibili, ci dimostra che, se oggi questo terminal fosse stato operativo, certe emergenze sarebbero meglio gestibili: ogni giorno quella direttrice potrebbe essere utilizzata da migliaia di pendolari che si riversano nella città storica, contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo di ì suddividere i flussi tra residenti/pendolari e turisti.

E’ interessante ricordare che, già nei primi anni del secolo scorso, esisteva un traghetto RIALTO-MESTRE, che ogni mezzora, attraverso un percorso per un tratto del Canal Grande, il Canal di Cannaregio, raggiungeva San Giuliano, per poi proseguire verso Piazza Barche, impiegando allora circa 40 minuti.
Se fosse oggi istituito un servizio di linea San Giuliano – F.te Nuove – S.Pietro di Castello – Lido, questa opportunità verrebbe sicuramente utilizzata dai lavoratori pendolari, ma anche dai “pendolari delle spiagge” che in circa 40 minuti arriverebbero al Lido, senza doversi sobbarcare un viaggio stipati in autobus e motoscafi strapieni, grazie all’utilizzo di capienti motobattelli da 400 persone.

Se poi si realizzasse un nuovo terminal “Ai Pili” si potrebbe pensare a delle linee di navigazione che colleghino questo terminal con il Tronchetto e poi via Canale della Giudecca con l’area Marciana, ottenendo così la completa circunavigazione di Venezia, Bypassando, appunto, Piazzale Roma, e potendo dedicare quest’ultimo soprattutto per il traffico turistico.

Ritengo, pertanto, che l’attuale Amministrazione Comunale sia ancora in tempo per sviluppare una nuova politica sull’utilizzo dei terminal e in particolare modo per ripensare al terminal di San Giuliano, quale alternativa al Ponte della Libertà.

Paolo Bonafe’
Presidente di Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

L’acqua potabile: una risorsa da non sprecare

Leggendo tra le pagine dei giornali mi ha molto colpito una informazione che per me aveva dell’incredibile e cioè che l’Osservatorio della salute ci dice che l'acqua potabile in Italia è sufficiente solo per i 2/3 della popolazione e che questa emergenza colpisce soprattutto le regioni del Sud Italia, in particolar modo Calabria, Sardegna, Sicilia, Puglia e Basilicata. Ma come? L’Italia che può vantare la presenza di laghi, fiumi, canali e montagne innevate e che ha chilometri di acquedotti si trova in emergenza idrica?
Sembra impossibile, ma la disponibilità di acqua dolce pulita rappresenta una delle tematiche più importanti che non solo l’Italia, ma l'Umanità intera, dovranno affrontare nel prossimo futuro, dal momento che la crescente domanda è superiore alle disponibilità e che l'inquinamento continua ad avvelenare fiumi, laghi e ruscelli.
Nel mondo, sui 5 miliardi di popolazione censita, esistono 1,2 miliardi di persone che non possono contare su un accesso all'acqua potabile e 2,4 miliardi di persone che non dispongono di impianti fognari adeguati. Questo è dovuto ad una congiuntura di fattori: 1) L'aumento della popolazione mondiale, che comporta una sempre crescente richiesta di questa risorsa. 2) L'inquinamento, che causa l'esclusione di importanti fonti di approvvigionamento 3) gli scarichi civili, che riversano nei fiumi una tale quantità di materia organica, da bloccare le naturali potenzialità autodepurative dell'acqua. 4) gli scarichi industriali, che vengono riversati direttamente nei fiumi o in mare o che, arrivano indirettamente a fiumi e laghi, attraverso le precipitazioni metereologiche. 5) I fertilizzanti e i pesticidi, che vengono usati in agricoltura e che provocano l'inquinamento delle falde acquifere. 6) I cambiamenti climatici globali, come l'effetto serra, che causano l'aumento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera (con gravi ripercussioni sull'assetto idrico del pianeta.), l’aumento delle temperature nelle regioni aride (con conseguente calo delle precipitazioni del 10% circa), l’aumento delle precipitazioni nelle regioni a clima freddo o temperato (che porterà ad un aumento delle precipitazioni nei periodi invernali di 2-3 volte e a una loro diminuzione del 20-40% nei periodi primaverili).
Se uniamo a queste valutazioni quella che, nel corso del 20° secolo, l'utilizzo dell'acqua è cresciuto a un tasso più che doppio rispetto a quello della popolazione, capiamo che l’emergenza acqua non è solo problematica per l’ecosistema, ma che può portare gravi conseguenze per la politica e per l’economia mondiali, oltre che per la salute delle popolazioni.
Infatti nelle zone più aride la questione idrica è sempre servita ad alimentare la propaganda di regimi nazionalisti. L'acqua si è trasformata, di volta in volta, in obiettivo strategico da colpire per indebolire l'avversario, in uno strumento di ricatto che serviva a garantire la supremazia regionale. E' chiaro che, in questo contesto, la proposta di considerare l'acqua come bene economico raro, assegnandole un prezzo di mercato che ne rifletta la scarsità, non favorisce la pace e la cooperazione, come sostengono i suoi fautori, ma porta dritti alla petrolizzazione dell'acqua.
La soluzione ai problemi legati alla scarsità idrica, in molti casi, non si trova nell'acqua, o in costose e discutibili soluzioni tecniche, ma passa per la volontà politica dei dirigenti. Che vuol dire avviare una seria cooperazione a livello regionale e internazionale.. Nei paesi in via di sviluppo il 90% dell’acqua di scarico viene riversata direttamente nei fiumi, provocando ogni anno 250 milioni di malati. Il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg ha fissato una serie di obiettivi ambiziosi circa i problemi dell’acqua, tra cui quello di dimezzare il numero di persone che non hanno un accesso adeguato all’acqua e ai servizi sanitari entro il 2015. Il progetto, ha come obiettivi la lotta alla povertà e la conservazione della biodiversità (varietà delle specie animali e vegetali) e vede la proficua cooperazione tra istituzioni e comunità locali. Il Living Planet Index 2002 (l’indice elaborato del WWF che misura lo stato di salute degli ecosistemi e della biodiversità) denuncia che il mondo ha già perso più della metà della biodiversità degli ecosistemi di acqua dolce dal 1970 al 2000, più che per gli ecosistemi terrestri e marini. Quindi l’acqua è una risorsa e dobbiamo avere la capacità di educarci a non sprecarla, dapprima nei nostri usi domestici e poi, come cittadini, sensibilizzando le Amministrazioni Pubbliche a chiudere, durante i periodi di particolare siccità, le varie fontane presenti in città e di dotare le varie fontanelle di un rubinetto, che permetta l’approvvigionamento solo se questi viene aperto e non come succede adesso. Piccoli gesti, che non sono solo mirati a risparmi economici, ma azioni solidali verso chi l’acqua potabile non ce l’ha o non può permettersi di sprecarla.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia

Quello che mi aspetto dal Partito Democratico

I recenti congressi dei partiti della Margherita e dei DS hanno sancito, individuandone le tappe, il processo di scioglimento di entrambi per concorrere alla costituzione del Partito Democratico.
Centrale in questo percorso dovrebbe essere l’ Assemblea Costituente, spazio e luogo di garanzia della partecipazione di una pluralità di soggetti, espressione del famoso popolo delle primarie.
La costituzione del nuovo Partito non sarà frutto di qualche alchimia dettata dalle segreterie dei partiti, la molto citata “Fusione a freddo”, come usano chiamarla i detrattori, ma un percorso partecipato che vedrà protagonista la società civile.
In questa fase, ancora caratterizzata da elementi di incertezza, di domande aperte, può essere utile porre alcuni punti fermi, che aiutino a condividere e comprendere la sfida che comporta la costituzione di questo nuovo soggetto politico, chiamato ad essere autentico agente di cambiamento nello scenario politico del nostro paese.
1. Il PD deve nascere con l’ambizione di unire tutti i riformisti del centrosinistra, provenienti da storie culturali e politiche diverse, in alcuni casi in passato anche contrapposte, che oggi, lasciati alle spalle i grandi contrasti ideologici che hanno segnato il novecento, si riconoscono in un progetto comune. Il PD dovrà, quindi, essere caratterizzato da un forte pluralismo culturale che lo porti ad avere una identità plurima.
2. Il PD dovrà darsi metodi e strumenti per arrivare a produrre decisioni, oltre che sui problemi chiave di politica economica ed estera, anche sui temi «sensibili» (diritti civili, bioetica, ricerca scientifica), che sempre più toccheranno la vita, le speranze e le paure di molte persone
3. Il PD dovrà aggregarsi innanzitutto attorno a una «carta dei valori» o “manifesto”, con il quale definirne un profilo identitario "leggero".
4. il PD dovrà essere un partito nuovo, le cui sezioni o circoli, non potranno essere la giustapposizione delle sezioni e dei circoli degli attuali partiti. Chiaramente gli organismi interni non potranno essere la sommatoria delle strutture esistenti.
5. Al PD sarà giusto chiedere innovazione anche su altri tre fronti: nella individuazione di criteri trasparenti per la scelta dei candidati alle cariche elettive (in particolare attraverso le primarie, per tutte le cariche monocratiche di governo, dai sindaci ai presidenti di provincia, dai presidenti di regione al primo ministro); nella definizione di rigorosi criteri di incompatibilità tra cariche elettive; nella promozione delle pari opportunità, per valorizzare il potenziale dei giovani, delle donne, dei nuovi cittadini immigrati.
6. Il PD dovrà essere un partito con cultura di governo. Ciò significa, anzitutto, saper essere un partito che guida uno schieramento, ma che parla a tutti i cittadini. Infatti, saper governare in modo responsabile significa sempre porsi il problema di quale sia l'interesse generale del Paese. Al rito del programma come evento «pesante» (in molti sensi) e simbolico, legato alle scadenze elettorali, va sostituita la capacità di mettere in rete competenze in modo continuativo.
7. il progetto del PD non potrà essere neutrale rispetto all'assetto istituzionale e alla legge elettorale. Il PD, per vocazione politica e per concezione della democrazia, deve essere in grado di proporre ai cittadini italiani «una coalizione, un programma, un leader». Pertanto l’adesione al referendum di riforma della legge elettorale, dovrebbe essere un passaggio fondamentale ed auspicabile.
Il 14 ottobre si avvierà la fase costituente e allora vedremo se gli auspici si tramuteranno in realtà

Paolo Bonafe’
DL – LA MARGHERITA VENEZIA
Prs Circolo LIDO E PELLESTRINA PER IL PD
Membro Ufficio Politico-Esecutivo Com.le e Direttivo Prov.le

Nuovo slancio alla raccolta di firme per cambiare la legge elettorale

Grazie all’impegno e alla passione civile di molti, prosegue con entusiasmo la raccolta di firme per promuovere il referendum di modifica dell’attuale legge elettorale.
Questo per noi, che operiamo nel comitato organizzatore, rappresenta un fattore importante di riscontro perché, se riusciamo a sviluppare una rete diffusa di volontari disponibili a costituire piccoli gruppi di lavoro, per aprire, in modo capillare, nuovi punti di raccolta firme nel l territorio, raggiungiamo non solo l’obiettivo della soglia delle 500.000 firme necessarie, ma garantiamo anche alle persone, che vivono in aree più periferiche, l’esercizio di un diritto di cittadinanza nell’esprimere la propria volontà.
Osserviamo con soddisfazione come, con il passare dei giorni, la credibilità di questa azione referendaria stia crescendo e molti sono coloro che si avvicinino ai nostri banchetti con convinzione e con le idee già chiare, avanzando anche la richiesta di una nostra maggiore presenza e diffusione nel territorio.
I cittadini, che appongono la loro firma, diversi per età, genere, cultura e orientamento politico, esprimono una trasversalità, propria dello spirito del comitato organizzatore, ma sono accomunati dalla volontà di ritornare ad essere protagonisti nella vita della polis.
In questi giorni l’attività di raccolta firme ci permette di incontrare persone che hanno voglia di ritornare a parlare di politica, di scambiare opinioni, di esprimere rabbie e disillusioni, ma anche il desiderio profondo di cambiamento.
Incorre pertanto in un grave errore chi cerca, in alcuni settori politici, di delegittimare il referendum, a segno di una sempre maggiore frattura ed incomunicabilità fra cittadini e mondo politico.
Possiamo solo augurarci che la politica sappia cogliere lo spirito riformatore e democratico sotteso all’azione referendaria, per recuperare un confronto civile e sereno, anche se acceso e appassionato.
I cittadini stanno apprezzando la nostra volontà di dialogo e di scambio, la linearità della nostra proposta, la coerenza dei nostri atteggiamenti piuttosto che la pretestuosità di coloro che ci osteggiano, senza essere in grado di proporre alternative valide.
E’ opportuno, pertanto, per sottolineare il significato della campagna referendaria, riportare il contributo di GUZZETTA, coordinatore nazionale del comitato, “La consapevolezza che ad oggi, al di là degli sforzi annunciati da talune forse politiche, non esiste alcuna proposta condivisa di riforma parlamentare, ci responsabilizza ed incoraggia a proseguire con maggiore determinazione. La pressione che la nostra iniziativa continua ad esercitare nel confronto delle forse politiche, non solo alimenta la democrazia imponendo che la questione elettorale sia posta concretamente al centro del dibattito istituzionale, ma contribuisce a riavvicinare i cittadini alla vita civile e politica del paese. La partecipazione massiccia di questi giorni ne è la felice testimonianza”.
Sabato e domenica il coordinamento nazionale lancerà il REFERENDUM DAYS: il nostro sforzo nella provincia di Venezia sarà quello di allestire banchetti in tutte le piazze dei nostri centri urbani.
Per realizzare questo abbiamo bisogno anche del contributo e dell’aiuto di altri volontari e pertanto segnalo il sito www.referendumelettorale.org e la mail info@referendumelettorale.org. Perché è solo con il contributo e la partecipazione di molti che è possibile avviare autentici processi di cambiamento.

Paolo Bonafe’
Comitato per il referendum di Venezia

L’informatica quale strumento di comunicazione ed informazione anche per l’anziano

A Roma è stata avviata una iniziativa promossa dalla “Fondazione Mondo Digitale” e dalla “Città Educativa” che rappresenta un’interessante esperienza, esportabile in altre città d’Italia: tale campagna, denominata ’Tutti su Internet", prevede nello specifico un’area espressamente dedicata agli anziani denominata “Nonni su internet”.
Tale azione si sviluppa attraverso la messa in rete di una pluralità di soggetti: dalle aziende che mettono a disposizione i computer dismessi, agli studenti di informatica che effettuano il check-up e l’aggiornamento dei pc, ai tutor che, nelle sedi decentrate del Comune di Roma, insegnano le basi dell’informatica, per permettere l’uso della posta elettronica, di internet e l’accesso ai servizi on line della pubblica amministrazione.
Questo progetto può rappresentare un’ interessante opportunità anche per Venezia, poiché nella nostra città sono presenti tutte le condizioni di fattibilità necessaire a sostenere l’iniziativa: la sensibilità ai temi sociali di molteplici aziende pubbliche e private; la diffusione di spazi aperti ai cittadini, gestiti dalle Municipalità; la presenza di un Istituito Tecnico Informatico, che potrebbe garantire, attraverso gli studenti, l’ allestimento dei PC; l’impegno attivo di associazioni culturali; non per ultimo, ma piuttosto come elemento portante del progetto , l’ esistenza di gruppi formalizzati di anziani, già attivi nel nostro territorio, che potrebbero favorire il processo di promozione dell’iniziativa e di aggregazione di altri coetanei.
Gli anziani sono una parte importante e numericamente consistente della nostra società, cui va garantita l’ opportunità di entrare in possesso dei nuovi mezzi che lo sviluppo tecnologico sta mettendo a disposizione di tutti.
La conoscenza di internet e dell’informatica, non può essere considerata solo un’esigenza legata al mondo del lavoro e della scuola, ma è uno strumento importante di comunicazione , di accesso alle informazioni, di facilitazione nell’uso dei servizi di interesse pubblico.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia

Parte la campagna referendaria – mobilitiamoci per le firme

Il 24 aprile prende avvio la campagna referendaria volta alla modifica dell’attuale legge elettorale “PORCELLUM”, per assicurare al Paese una normativa garante di democrazia.
La legge, attualmente in vigore, prevede per Camera e Senato un sistema proporzionale con premio di maggioranza, attribuito su base nazionale alla Camera dei Deputati, e su base regionale al Senato, esso, inoltre, è assegnato alla “singola lista” o alla “coalizione di liste” che ottengono il maggior numero di voti.
Il fatto che sia consentito alle liste di coalizzarsi per ottenere il premio, ha comportato, alle ultime elezioni, che si siano formate due grandi coalizioni, composte, al proprio interno, da numerosi partiti, con conseguente aumento della frammentazione
Pertanto, il 1° ed il 2° quesito (valevoli rispettivamente per la Camera dei Deputati e per il Senato) si propongono l’abrogazione del collegamento tra liste e della possibilità di attribuire il premio di maggioranza alle coalizioni di liste: l’ esito positivo del referendum, avrebbe come esito l’attribuzione del premio di maggioranza alla lista singola (e non più alla coalizione di liste) che abbia ottenuto il maggior numero di seggi.
Inoltre, abrogando la norma sulle coalizioni, si avrebbe, come conseguenza, anche l’ innalzamento delle soglie di sbarramento: le liste, per ottenere rappresentanza parlamentare, dovranno comunque raggiungere un consenso del 4 % alla Camera e dell’ 8 % al Senato.
Si potrà così finalmente aprire, per l’Italia, una prospettiva tendenzialmente bipartitica, riducendo drasticamente l’attuale frammentazione e i conseguenti problemi di governabilità.
L’eliminazione delle coalizioni comporterà la scomparsa dell’attuale schizofrenia tra identità collettiva della coalizione e identità dei singoli partiti, che si mettono insieme per motivi elettorali, ma dal giorno successivo alle elezioni, creano situazioni di conflitto all’interno della propria coalizione.
La riforma elettorale comporterà che sulla scheda appaia un solo simbolo, un solo nome ed una sola lista per ciascuna aggregazione, che si candidi ad ottenere il premio di maggioranza: le componenti politiche di ciascuna lista non potranno rivendicare un proprio diritto all’autonomia perché, di fronte agli elettori, si sono presentate come schieramento unico. Nessuno potrà rivendicare la propria “quota” di consensi e sarà molto difficile spiegare ai cittadini eventuali lacerazioni della maggioranza.
Il terzo quesito referendario prevede l’abrogazione delle candidature multiple e la cooptazione oligarchica della classe politica. Oggi la possibilità di candidature in più circoscrizioni (anche in tutte!) dà un enorme potere al candidato eletto in più luoghi (il “plurieletto”) che, potendo optare per uno solo dei vari collegi vinti, permette, al primo dei “non eletti” della propria lista, di subentrargli nei collegi ai quali rinunzia: il leader, di fatto, dispone del destino degli altri candidati, la cui elezione dipende dalla sua scelta.
Nell’attuale legislatura, questo fenomeno, di dimensioni veramente patologiche, coinvolge circa 1/3 dei parlamentari; in altri termini 1/3 dei parlamentari sono stati scelti non dagli elettori, ma solo dopo le elezioni dal leader eletto, diventando parlamentari “per grazia ricevuta”. E’ inevitabile che una tale disciplina induca inevitabilmente ad atteggiamenti di sudditanza nei confronti delle segreterie politiche centrali e dei relativi leader, compromettendo fortemente la dignità e la natura della funzione parlamentare.
Con l’approvazione del 3° quesito referendario, la facoltà di candidature multiple verrà abrogata sia alla Camera che al Senato.
Quanto qui sopra esposto, spiega i motivi per cui i partiti sono in difficoltà rispetto all’avvio della campagna referendaria: di fronte ad una forte affermazione del SI, non sarà per loro facile snaturare la volontà degli elettori, come è successo con il referendum Segni, quando hanno trasformato la forte richiesta dei cittadini di adottare un sistema elettorale maggioritario, in un sistema misto, maggioritario-proporzionale (Mattarellum), che ha permesso l’ ulteriore proliferazione dei partiti.
I cittadini palesano un forte malessere per le forme tradizionali in cui si esprime la nostra democrazia, percepibile chiaramente nella disaffezione che le persone dimostrano nei confronti della politica, nella crisi della funzione di rappresentanza, nella diminuita credibilità dei partiti.
In questo contesto, la campagna referendaria si pone, pertanto, un ulteriore significativo obiettivo, oltre all’ importante cambiamento della legge elettorale, perché vuole essere opportunità e strumento per aprire uno spazio di dialogo, per far ritrovare interesse e passione per i processi di partecipazione alla vita politica e sociale del paese, per ridare centralità al cittadino.

Paolo Bonafe’- Presidente Laboratorio Venezia e Componente il Comitato per la Riforma della Legge Elettorale

Possiamo salvare l’Ambiente anche attraverso i nostri stili alimentari

Vi è una notizia che mi ha colpito e che voglio condividere, e cioè la pubblicazione di uno studio commissionato dalla Coldiretti in merito al rapporto che sembra esistere, tra la produzione di anidride carbonica e gli alimenti, che ogni giorno acquistiamo e mangiamo. Lo studio evidenza che, un pasto con prodotti locali, genera la metà delle emissioni di anidride carbonica (CO2) di uno con prodotti acquistati normalmente al supermercato. Quanto detto è stato affermato durante i lavori del Forum Internazionale “Territorio e clima: prospettive e soluzioni per l'energia del futuro”, organizzato appunto dalla Coldiretti e nel quale sono state analizzate alcune soluzioni da intraprendere, per contrastare gli apocalittici scenari futuri legati alle emissioni di CO2 nell’Atmosfera e all’effetto serra. Durante i lavori del Forum è stato dimostrato come, un pasto contenente piatti “a lunga distanza”, possa liberare nell’atmosfera chili di CO2 all’anno. Nel dettaglio, portare sulle nostre tavole cibi come: la carne argentina (per 36 chili di Co2), le carni suine sudafricane (per 26 chili ), il riso thailandese (per 27 chili), gli asparagi spagnoli (per 6 chili), le pere argentine (per 36 chili) e il vino rosso cileno (per 39 chili), causa una produzione, e quindi la liberazione nell’atmosfera, di 170 chili di CO2, prodotti dalle emissioni dei mezzi di trasporto utilizzati. Gli studi citati da Gerardo Mariotto, dell'Università di Sassari, sono particolarmente sorprendenti: negli Usa è stato dimostrato che, un chilo di mele importato, consuma cinque volte più energia di quelle locali, in Germania hanno evidenziato che, usando prodotti agricoli regionali, è possibile ridurre del 70 per cento il consumo di trasporto incorporato in un vasetto di 150 grammi di yogurt alla fragola, mentre in Inghilterra è stato dimostrato che i chilometri percorsi dai prodotti alimentari sono aumentati in venti anni del 76 per cento. Perciò la Coldiretti ha avviato, in Italia, una serie di iniziative per consentire ai consumatori di fare scelte di acquisto che non inquinano e salvano il clima quali: l'introduzione dell'obbligo di indicare in etichetta la provenienza dei cibi in vendita; la disponibilità di spazi adeguati nella distribuzione commerciale, dove poter acquistare alimenti locali che non devono essere trasportati per lunghe distanze; l'offerta di prodotti regionali in mense scolastiche ed ospedaliere; la promozione delle vendita diretta degli agricoltori e dei farmers market; l'inaugurazione della prima osteria a “chilometri zero”. Quindi POSSIAMO SALVARE L’AMBIENTE ANCHE ATTRAVERSO I NOSTRI STILI ALIMENTARI

Paolo Bonafe’
Presidente di Laboratorio Venezia
www.paolobonafe.it

Emergenza clima – L’impegno della Margherita per una migliore qualità della vita

Gli organi di informazione riportano quotidianamente gli allarmanti esiti degli studi sugli effetti dei mutamenti climatici sull’immediato futuro dell’intera umanità.
Arrestare i processi distruttivi in atto è sicuramente complesso, ma vanno messe in essere da subito azioni che intervengano sulle attività antropiche (produzione di energia e trasporti) così da ridurre le emissioni di gas serra.
L’Italia in questo settore è in grave ritardo, perciò bisogna recuperare rapidamente il gap che ci separa da altri paesi, per garantire il raggiungimento, nel 2020, dell’obbiettivo di ridurre del 20% le emissioni di co2.
Come contributo politico la Margherita ha redatto un “pacchetto sostenibilità” (visibile sul sito www.margheritaonline.it) che si compone di una serie di azioni fra loro sinergiche quali:
a) la modificazione dei meccanismi di incentivazione delle fonti rinnovabili e la semplificazione delle relative procedure autorizzative; b) il sostegno ad una politica industriale che miri al risparmio energetico e volta a centrare gli obiettivi europei; c) l’accesso per tutti, famiglie, imprese e pubblica amministrazione, alle fonti rinnovabili di energia; d) un maggior coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali nella politica volta alla diffusione delle fonti rinnovabili, a garanzia del risparmio energetico e del raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni; e) il potenziamento del trasporto ferroviario regionale; f) la diffusione della elettrificazione del trasporto pubblico urbano; g) la riduzione del trasporto su gomma di merci e persone; h) un programma per l’agricoltura sostenibile.
Già con la finanziaria 2007 sono state previste importanti detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, portandole dal 36% al 55%, al fine di incentivare la riduzione di consumi energetici e lo sviluppo dell’utilizzo di fonti di energia alternative nell’edilizia esistente, unitamente all’incentivazione alla sostituzione delle caldaie con altre ad alta efficienza. La finanziaria ha previsto, inoltre, incentivi per la sostituzione di elettrodomestici inquinanti con altri più ecologici e di importanti contributi “a fondo perduto”, da destinarsi all’Industria, per l’utilizzo di motori che riducano sensibilmente i consumi elettrici, che, attualmente, consumano una fetta di energia paria a 150 TWh (miliardi di KWh) l’anno.
Nello specifico la Margherita propone, utilizzando lo strumento del project financing,di intervenire:
1) sull’ emergenza idrica, che interessa i grandi bacini e fiumi italiani, con interventi mirati all’ottimizzazione dell’uso dell’acqua nelle produzioni agricole, all’ammodernamento delle rete idrica e all’avvio di produzioni agricole più qualificate;
2) nella creazione di un incentivo mirato al raggiungimento di un obiettivo minimo di auto produzione energetica da fonti rinnovabili, con la possibilità di poter rivendere il resto dell’energia prodotta o di tramutarla in sconto energetico, attingendo alle fonti eoliche, idrauliche, geotermiche, delle biomasse, biogas e dai rifiuti;
3) nella semplificazione delle procedure autorizzative, per la creazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, provvedendo tramite una delega governativa;
4) nello sviluppo dei Titoli di Efficienza Energetica (TEE), per l’innovazione industriale, introdotti con il primo governo Prodi, con l’estensione dei soggetti autorizzati a farvi ricorso;
5) sull’incentivazione al risparmio nei consumi domestici, attraverso la possibilità di scegliere piani tariffari a fasce orarie che incentivino l’efficienza elettrica, applicando riduzioni in bolletta per gli utenti che risparmino oltre il 10% dei loro consumi rispetto all’anno precedente; sulla possibilità di scelta da parte dell’utente di forniture di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili; sulla possibilità di fornitura di energia elettrica certificata proveniente da impianti di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile creati attraverso incentivi fiscali; nel rendere obbligatorio l’uso di lampade a basso consumo energetico,
6) nell’ambito dei trasporti: incentivando la costruzione di veicoli meno inquinanti; nella politica di dissuasione all’uso della automobile, soprattutto nelle aree urbane tramite l’utilizzo delle ZTL e di ROAD PRICING; in un forte sviluppo del trasporto pubblico collettivo, con uno stanziamento di 500 milioni di euro annui per rispondere alle richieste delle società di TPL nel garantire servizi efficienti, comodi, puntuali ed ecologici; nell’adozione di piani del traffico, che mirino alla riorganizzazione del trasporto merci per una riduzione delle emissioni; attraverso l’incentivazione del trasporto pubblico su ferro, puntando ad utilizzare la rete ferroviaria abbandonata o sotto utilizzata, per l’entrata in servizio dell’alta velocità; nello sviluppare il trasporto elettrico di superficie (tram,filobus, metro) nelle aree urbane.
Queste azioni vedranno impegnati non solo i legislatori e i parlamentari, ma anche tutti gli amministratori e quadri dirigenti della Margherita ai vari livelli, perché siamo consapevoli che non saranno sufficienti le leggi e gli incentivi; tutti i provvedimenti messi in campo dovranno essere sostenuti da un’azione politica che promuova processi di cambiamento culturale, volti a responsabilizzare le nostre comunità e ogni singolo cittadino rispetto al proprio comportamento quotidiano , affinché sia improntato ad uno stile di vita “eco-compatibile” .

Paolo Bonafe’
Componente Direttivo Prov.le
Ed Esecutivo Comunale
DL – LA MARGHERITA Venezia

La Finanziaria 2007 e la Legge Obbiettivo quali strumenti di rilancio del sistema Terra-Mare Italiano

La finanziaria del Governo Prodi, per l’anno 2007, conferma l’attenzione dello Stato verso il settore portuale e marittimo. Questo settore aveva già beneficiato di un l’investimento di 125 miliardi di euro, grazie al Piano Decennale delle Opere Strategiche P.D.O.S. 2001/2006 (Delibera CIPE n.121 del 21/12/2001 e n.130 del 6/4/2006), cui vanno a sommarsi ulteriori 68,3 miliardi di euro, stanziati con il nuovo P.D.O.S. previsto nel DPEF 2007-2011. In questo sistema “mare-terra” vengono previste importanti provvidenze non solo per il sistema portuale, ma anche per i comparti collegati; in particolare sono incentivate le strutture intermodali portuali (denominate “hub”) così da dare rilievo assoluto al processo logistico dei porti. A questi finanziamenti dobbiamo unire le modifiche normative sugli appalti pubblici previste dalla “legge obbiettivo” n.443 del 21/12/2001, che hanno permesso di valorizzare la finanza di progetto e di snellire fortemente le procedure, istituendo, inoltre, la figura del Contraente Generale, soggetto che si assume la piena responsabilità della buona esecuzione delle opere. Inoltre, la Finanziaria 2007 ha contemplato la creazione di un Comitato Interministeriale, presieduto dal Presidente del Consiglio, che prevede l’ attribuzione di 100 ml di euro per lo sviluppo degli “hub” e il Ministero dei Trasporti ha recuperato ulteriori 120 ml di euro, già disponibili a bilancio e non spesi, e si è dotato di un Fondo di 50 ml di euro da destinare alle Autorità Portuali.
In questo insieme di provvedimenti non sono state dimenticate le “Autostrade del Mare”. Grazie alla riforma dell’autotrasporto verranno previsti 520 ml di euro come ECOBONUS; 90 ml di euro, come contributi all’industria cantieristica, finalizzati alla realizzazione di progetti innovativi; 4 mld di euro per finanziare la ricerca nel settore trasporti e 450 mld di euro del progetto MARCO POLO II, stanziati dalla C.E.
Queste ingenti risorse, integrate ai finanziamenti previsti dai piani precedenti e unitamente all’eliminazione dei vincoli di spesa, posti dal precedente governo, garantiscono l’avvio di una stagione particolarmente favorevole dove vengono messe in campo le idonee risorse, per un rilancio strutturale, sia del settore portuale che di quello marittimo.
La vocazione marittima dell’ Italia e il ruolo che assumono i trasporti nel processo di comunicazione e scambio tra le nazioni, rappresentano un importante viatico al nuovo sviluppo economico ed infrastrutturale italiano, che deve saper sempre più sfruttare la particolare collocazione geopolitica della nostra penisola posta, nel cuore del Mediterraneo.

Cap. Paolo Bonafe’
Segretario Regionale
Federmar/Cisal

La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)