Archivi categoria: Sanità e salute pubblica

Casa di Comunità – Servizi Sanitari 24h su 24 e chiusura del Giustinian

Con l’ emergenza Covid tutti sembravano convenire sull’ indispensabilità di investire sulla sanità pubblica e sul potenziamento della medicina territoriale. A soli tre anni dal dramma della pandemia, la sanità è tornata ad essere la cenerentola italiana.
Mancano i medici, sia nel territorio, che nelle strutture sanitarie, i Pronto Soccorso, con personale insufficiente e disumanamente sotto pressione,  sono l’imbuto in cui vengono scaricate le richieste di cura che non trovano risposte alternative.  l’ esperienza delle Case di Comunità, Servizi Sanitari h24, rappresentano un modello strategico da implementare e sviluppare. Si tratta di strutture che erogano assistenza e  servizi domiciliari ad anziani e disabili, integrando una pluralità di prestazioni che, per motivi logistici, le strutture ospedaliere non potrebbero garantire.
A Venezia, il  Giustinian  rappresenta il presidio  vocato a  rispondere alle esigenze socio-sanitarie  dei cittadini, dalla prima infanzia, alla terza età. Chiuderlo, accentrando tutti i sevizi presso l’Ospedale Civile, significa impoverire la città, depredarla di un presidio  socio-sanitario, punto di riferimento per i suoi abitanti.
L’ipotesi quindi, formulata dalla Regione, di smantellare  la struttura e cambiarne la destinazione d’uso, nella previsione di una possibile assegnazione del palazzo come sede dell’”Autorità Europea Anticorruzione”, comporta una grave perdita per la popolazione  di un servizio sanitario essenziale.
Senza voler sminuire, in alcun modo, l’importanza e il prestigio per Venezia di ospitare Codesta Sede Europea, noi riteniamo che la nostra città sia in grado di proporre alternative altrettanto prestigiose, evitando di privare dell’offerta sanitaria di prossimità, che il Giustinian rappresenta,  gli  anziani e le persone non autosufficienti.
Riteniamo che i servizi sanitari vadano potenziati, non diminuiti, vadano difesi, non sostituiti con ipotesi di soluzione palesemente non all’altezza e non  risolutive dei tanti e sempre più urgenti problemi della polazione anziana.  Anche la paventata ipotesi di soluzione proposta dalla Regione, è palesemente inadeguata.  L’ospedale civile non ha la capienza (e i tanti problemi organizzativi ce lo ricordano) nè strutturale nè organizzativa per  ospitare i servizi territoriali.
La sanità è la grande emergenza nazionale, necessita di finanziamenti, di essere rimodernata  ed efficientata perchè possa uscire dall’emergenza funzionale cronica in cui si dibatte da troppo tempo.
Paolo Bonafé segretario Comunale
Leda Costantini e Antonella Cavazzina
Segreteria Comunale Azione Venezia

Ex Ospedale al Mare ed Ex Ginecologia – Benvenuti piani di sviluppo

2023-05-04 Gazzettino Recupero area OAM e sviluppo del Lido

Le notizie che ci arrivano sulla ristrutturazione dell’area Ex Ospedale al Mare sono lusinghiere. Dopo il progetto di recupero funzionale dell’intera area ospedaliera, per adibirla a centro di ricerca, coinvolgendo nuove maestranze e investendo ingenti risorse, dei giorni scorsi, ecco ora il progetto di un nuovo polo sanitario dentro il padiglione dell’ex ginecologia con annesso parcheggio. Se questo ulteriore progetto del magnate Frank Gorthardt andasse a buon fine, vorrebbe dire che anche per la sanità lidense ci sarebbe un nuovo sviluppo. Lo si è sempre detto che, se quell’area veniva adibita alla riabilitazione o alla ricerca, ne avrebbero tratto beneficio anche i servizi sanitari, perché collegati. Dove esiste ricerca e sviluppo ci sono sempre ottimi risvolti e nuove opportunità per i territori coinvolti.  La zona, come sanno bene i lidensi, è in uno stato di degrado ed abbandono dai primi anni 2000. Il progetto anticipato in Municipalità, con tanto di piano e progetto sanitario, prevede di recuperare i due piani dell’immobile ex Ginecologia e al suo interno verrebbero realizzati il reparto di Primo Soccorso (PPI), il centro analisi e prelievi, la riabilitazione, il CUP, il centro di salute mentale, l’emodialisi, la pediatria, un poliambulatorio e gli uffici amministrativi, spostando quello che ora è nel monoblocco.

L’insieme delle opere porterà certamente nuova economia nell’isola, grazie all’investimento immobiliare di 100 milioni previsto, ma anche nuova residenza,  visto che sono previsti 1000 nuovi occupati, molti dei quali verranno da fuori città perché studiosi e/o scienziati di alto livello professionale. Inoltre la creazione di un polo di ricerca e sanitario sarà una ulteriore garanzia per la salute dei cittadini lidensi e non solo per il Lido. Questo grazie anche ai piani di sviluppo dell’Ospedale San Camillo IRCCS, che grazie alla sinergia tra clinica e ricerca, è sempre di più  una eccellenza nazionale nella neuroriabilitazione. Crediamo che, unitamente ai grandi progetti di rilancio delle storiche strutture  ricettive, al rilancio delle spiagge, della ristorazione e dello sviluppo dei vari processi di rilancio in atto, finalmente il Lido potrà riprendere il suo protagonismo nello scenario dello stesso Veneto e dell’intero Nord Est. Necessitano ora grandi progetti di nuova mobilità ( perché non riprendere il progetto di Sublagunare che ora potrebbe servire anche un eventuale e auspicabile porto a mare) Sta ora ad Ulss 3 e Comune trovare un accordo per il polo sanitario del Lido e speriamo che lo trovano presto. Veramente speriamo che il tempo del degrado per il Lido sia finito e che vi sia una nuova rinascita.

Paolo Bonafè – Segretario Comunale Azione Venezia

Mario Pizzolitto – Referente Sanità Comunale Azione Venezia

LA STORIA INFINITA DELL’OSPEDALE AL MARE

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2022-06-24 gazzettino ex ospedale al mare

2022-06-14 nuova venezia Ospedale al mare

Nel 2003 chiude definitivamente l’Ospedale al Mare e il presidio sanitario di Lido e Pellestrina viene ristretto nel cosiddetto Monoblocco. Il grande complesso, costruito negli anni Venti, entra nella disponibilità del Comune. Questo (Giunta Cacciari) lo cede al Fondo Est Capital nell’ambito di una grossa operazione che asseritamente darà vita a un colossale rilancio del Lido, tra cui la costruzione del nuovo Palazzo del Cinema. Ne segue un fragoroso fallimento con pesantissimo contenzioso tra il Comune e il Fondo. La Giunta Orsoni, in grave difficoltà quanto a finanze, cede il complesso a Cassa Depositi e Prestiti (CDP nel seguito) che se lo prende un po’ obtorto collo e, avendo acquisito quasi metà dell’operatore turistico TH Resorts, ne concepisce un uso ricettivo turistico. Nel frattempo, l’intero complesso versa inevitabilmente in condizioni di estremo degrado. Viene anche in qualche modo “sigillato” per evitare che diventi rifugio di sbandati. L’unico che se la passa decisamente meglio è l’arenile. Cessata l’attività antropica dell’Ospedale, grazie alla meravigliosa capacità della natura di riprendersi in fretta quello che l’uomo le lascia, (ri)diventa col tempo un sito trofico e riproduttivo per l’avifauna, analogamente a quanto avviene agli Alberoni e a Cà Roman.

Siamo, attenzione, in tempi immediatamente precedenti la pandemia. CDP mette sul tavolo un progetto che prevede la realizzazione di un complesso turistico all’interno del quale ci saranno un albergo della stessa TH Resort, un resort 5 stelle gestito da Club Med e un centro benessere privato aperto al pubblico. Verranno preservati il Teatro Marinoni e la Chiesa di Santa Maria Crescente e recuperati gli edifici costeggianti via Cipro. Nel “pacchetto” pure il recupero a uso pubblico (segnatamente sportivo) della contigua area ex Favorita. Naturalmente la spiaggia sarà destinata agli alberghi pur nel rispetto dei particolari valori naturalistici (ma sono cose che si dicono sempre, difficile..). Troverà spazio anche una Scuola Internazionale di Turismo, in prospettiva un Corso di Laurea vero e proprio di Cà Foscari, fortemente voluto dall’ex Rettore. Cinque padiglioni (su 22) verranno invece demoliti per fare spazio al resort. L’investimento, colossale (132 milioni), tutto a carico di CDP.

CDP ottiene tutti i permessi necessari, quello del Comune (che lo sposa senza riserve) e, importante, quello della Commissione Regionale per il Patrimonio Culturale del MIBACT (Corepacu) segnatamente per la demolizione dei 5 padiglioni che (assieme agli altri 17) nel 2008 sono stati vincolati in quanto “La singolare struttura a padiglioni dell’Ospedale al Mare, come sopra descritta, si ritiene di estremo interesse nel suo insieme in quanto complesso di immobili nato con precisa finalità di servizio sanitario pubblico, che vede al suo interno interessanti esempi di architettura del primo Novecento”.

Il progetto, come sempre avviene nel nostro Paese (e massime a Venezia), riceve una serie di critiche. Ci sono coloro cui il rendering del progettato resort non piace, chi pone interrogativi sul paventato ridimensionamento dell’attuale Monoblocco, chi sul senso finanziario dell’operazione visto l’esborso tutto a carico di CDP (quindi denari pubblici). Poi critiche alla Scuola Internazionale di Turismo e c’è chi stigmatizza l’ennesima riproposizione di nuovi alberghi. Non manca altresì la preoccupazione degli ambientalisti per l’arenile e le sue ritrovate valenze ecologiche.

Sono tutte critiche con una loro ratio. Resta alla valutazione di ognuno soppesarle con ciò che sta sull’altro piatto della bilancia (ovvero, per quanto sia superfluo: il recupero di un “buco nero” nel territorio, la creazione di centinaia di posti di lavoro diretti e di indotto, il recupero di aree ad uso pubblico).

 

Ma soprattutto sull’operazione pende un ricorso al TAR di Italia Nostra. Questa lo fonda su un motivo preciso: la progettata demolizione dei citati 5 padiglioni dell’ex Ospedale che, a dire dei ricorrenti, non meritava l’approvazione da parte del Corepacu. La tesi, in sintesi, è che poiché sono vincolati, questi non sono “disponibili”: obbligo di CDP, nella fattispecie, è la loro conservazione (figurarsi se può disporne la demolizione). La loro distruzione (ancorché stiamo parlando, ricordo, di soli 5 padiglioni su 22) “altererebbe irrimediabilmente il complesso monumentale sotto il profilo architettonico e paesaggistico e costituirebbe, inoltre, una inaccettabile ferita alla memoria storica dell’isola” (riporto le parole esatte dei proponenti).

Non importa che si tratti di edifici senza particolare interesse storico o architettonico, peraltro in rovina. Non fruibili né godibili dalla cittadinanza, destinati inevitabilmente al definivo collasso se questo progetto dovesse cadere. Non conta, si badi bene, il valore intrinseco del manufatto, non le sue potenzialità, non il costo di un eventuale recupero, non la possibilità di fruizione. Ma esiste, e per il solo fatto di esistere e di essere, inevitabilmente, “testimonianza” o “memoria storica” – nella fattispecie di un ambito ospedaliero del primo Novecento – deve rimanere. Anzi, nemmeno essere “alterato”.

Non vogliamo certo mettere in discussione il principio, sacrosanto, della tutela e della preservazione di monumenti e bellezze naturali. Meno che meno sindacare sull’obbligo morale del mantenimento della memoria e della conservazione delle testimonianze del passato; ma, proprio perché si tratta di un’attitudine virtuosa, deve essere esercitata in modo avveduto e ragionevole. Per tre motivi:

  1. Pena la stessa perdita di significato del concetto di tutela. Perché se bastano, come nel caso di specie, “interessanti esempi di architettura del primo Novecento” allora vale tutto. Perché tutto ciò che esiste è inevitabilmente di per sé testimonianza e memoria. Anche le famigerate Vele di Scampia diventano “esempio di edilizia popolare, sede di degrado e criminalità, rappresentativo degli anni ‘60”. E i lugubri capannoni industriali, ora vuoti, dissennatamente dispersi nella nostra campagna, costituiscono senza dubbio la memoria “dell’industre operosità della popolazione veneta”.
  2. Perché se non si seleziona ciò che è veramente degno di tutela, si finisce, per ovvie ragioni, con il non tutelare davvero nulla, per mancanza fisica di disponibilità finanziarie e impossibilità di valorizzare il patrimonio. Nella migliore delle ipotesi si finirebbe con il mantenere in piedi a fatica dei gusci vuoti.
  3. Perché così si nega lo stesso principio naturale e umano del “divenire”. Tutto scorre come un fiume, diceva Eraclito ed è inevitabile. Il voler artatamente mantenere tutto è concettualmente privo di senso. Venezia stessa, tutta la irripetibile magia della nostra città, è il frutto, nei secoli, di continue e coraggiose (e talvolta dolorose) distruzioni e ricostruzioni.

Tutto ciò premesso, oggi assistiamo a un colpo di scena sperabilmente interessante. CDP (forse saggiamente) sembra abbia ripensato la destinazione alberghiera in favore di un “centro biomedicale” tedesco. È un’evoluzione potenzialmente interessante a cui guardiamo con fiduciosa aspettativa. Oggi non ci sono dettagli in merito e plaudiamo dunque all’iniziativa dell’on. Federico Fornaro (LEU) che ha presentato un’interrogazione al Ministero dell’Economia per saperne di più.

Ci permettiamo di segnalare quali sono a nostro parere gli elementi chiave di valutazione dell’operazione:

1) La solidità e la sostenibilità economica del progetto (onde evitare l’ennesimo buco nell’acqua);

2) Il mantenimento e auspicabilmente il potenziamento del presidio sanitario nell’isola (che fine fa il Monoblocco?);

3) Il mantenimento (come da progetto precedente) del recupero e uso pubblico del Teatro Marinoni e della chiesa;

4) Il superamento del ricorso al TAR (ovvero se rimane l’abbattimento dei 5 padiglioni contestati) che ad oggi ha costituito uno dei motivi della situazione di stand by.

 

L’intelligenza artificiale in aiuto della scienza per combattere le pandemie

foto intelligenza artificiale

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Ora che la Pandemia legata al Covid 19 sta trovando, a livello internazionale, una condivisa linea di intervento basata sui vaccini, ma anche su cure mediche sperimentali, gli scienziati stanno discutendo come cercare di prevenire in futuro gli stessi problemi e modalità, ovvero come in questo tempo globalizzato, si possa consentire ai ricercatori di bloccare eventuali e prevedibili nuove pandemie. L’innovazione tecnologica potrebbe rappresentare un valido aiuto e per questo si comincia a parlare di applicare l’intelligenza artificiale alla lotta contro il COVID-19, anche se per gli strumenti ora disponibili e per l’attuale diffusione mondiale, questo non sembra ancora praticabile. In cosa consiste l’intelligenza artificiale (IA)? La definizione è quella dell’abilità di una macchina di mostrare capacità umane quali il ragionamento, l’apprendimento, la pianificazione e la creatività. Ovvero L’intelligenza artificiale permette ai sistemi di capire il proprio ambiente, mettersi in relazione con quello che percepisce e risolvere problemi, e agire verso un obiettivo specifico. Il computer riceve i dati (già preparati o raccolti tramite sensori, come una videocamera), li processa e risponde. I sistemi di IA sono capaci di adattare il proprio comportamento analizzando gli effetti delle azioni precedenti e lavorando in autonomia. Sembra fantascienza ma invece è già una realtà. L’esperienza che si sta maturando a livello Mondiale potrà essere utile per imparare a fronteggiare in modo efficace la prossima epidemia. Attraverso l’IA i ricercatori possono infatti combinare e analizzare enormi quantità di dati in tempi estremamente rapidi, consentendo così di velocizzare lo studio di nuovi farmaci e nuovi approcci.

L’esempio del COVID-19 è importante: in pochi mesi dall’inizio degli studi sulla malattia, gli scienziati sono stati in grado di isolare il virus e sperimentare cure e vaccini, dei quali ancora non conosciamo bene l’efficacia, o meglio la durata, infatti si parla in questi giorni di terza dose. Se i dati fossero stati elaborati con sistemi di intelligenza artificiale, forse i tempi sarebbero stati ancora più rapidi. Mi ha colpito un testo nel quale si citava mr. Andrew Hopkins, CEO della startup Exscientia Ltd., il quale affermava che se si utilizzasse l’intelligenza artificiale le ricerche potrebbero essere fino a 5 volte più rapide rispetto ad oggi e potrebbero permettere di introdurre in commercio un nuovo farmaco in soli 18-24 mesi. La sua azienda ha studiato, in particolare, l’utilizzo dell’IA per la ricerca di un trattamento del disturbo ossessivo-compulsivo e, ad un anno dall’inizio delle ricerche, la cura è pronta per essere testata in laboratorio. Un approccio simile è adottato anche dalla società Healx, che sfrutta tecnologie di “machine learning” per trovare nuovi utilizzi di famaci esistenti. Quindi l’Intelligenza artificiale diventerà uno strumento importante per gli scienziati anche se ritengo che la stessa non debba sostituire la loro opera perché comunque questa è appunto necessaria come guida. Il ruolo degli scienziati dovrà però mutare e specializzarsi a metà tra biologia ed elettronica, con acquisizioni di competenze tecniche specialistiche molto avanzate: non basterà essere un ingegnere specializzato in intelligenza artificiale, ma occorreranno anche conoscenze biologiche approfondite.

 

Paolo Bonafè

Donare sangue, un atto di difesa della vita

Nel nostro paese è necessaria una campagna di sensibilizzazione a favore della donazione di sangue:l’Istituto Superiore di Sanità ha calcolato un fabbisogno annuo in 2.300.000 unità e in 850.000 litri di plasma, che non riesce ad essere soddisfatto dagli attuali livelli delle donazioni. Pertanto l’Italia è costretta a ricorrere all’importazione di plasma e di emoderivati, che non sempre sono ottenuti da donatori volontari periodici. Siamo consapevoli di quanto sia cruciale, in questo ambito, il tema della sicurezza: l’organizzazione AVIS e le strutture ospedaliere garantiscono, ai donatori potenziali, un controllo costante dello stato di salute, attraverso visite sanitarie e accurati esami di laboratorio, inoltre, a tal scopo, il 21 settembre u.s. è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il provvedimento di revisione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva 2002/98/CE che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti. Tutto ciò nell’unicità del percorso che va dalla selezione del donatore, all’emovigilanza dello stesso e alla responsabilità professionale del centro trasfusionale. Siamo, quindi, chiamati tutti ad un personale e responsabile coinvolgimento, come donatori di sangue, per ribadire il primato della vita umana, della relazione fraterna, della solidarietà e della tutela della salute. Dobbiamo, pertanto, diffondere la consapevolezza che donare sangue può davvero salvare una vita

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

Sosteniamo gli angeli dell’A.V.A.P.O.

Riteniamo giusto e doveroso, anche per ringraziarli dell’opera prestata per il nostro Vincenzo, di mettere in luce la preziosa attività dell’Associazione Volontari Assistenza Pazienti Oncologici – AVAPO – di Venezia. Chi ha fatto esperienza di assistenza, nel proprio domicilio, di un congiunto malato terminale, conosce l’impegno di amore e dedizione, ma anche il carico di dolore, fatica e angoscia di ogni componente della famiglia. In quei giorni, la presenza competente dei medici, degli infermieri, degli psicologi e dei volontari dell’Associazione, non solo garantisce il qualificato e indispensabile intervento specialistico, ma rappresenta un sostegno indispensabile per i familiari, anche sotto il profilo emotivo, grazie ad una vicinanza rassicurante, attenta agli aspetti relazionali. Nel panorama non sempre edificante della sanità pubblica, questo Servizio di eccellenza è di fatto gestito da un’associazione di volontariato, che si sostiene grazie a contributi pubblici e donazioni di privati. Paradossalmente, in un territorio complesso come il centro storico e l’estuario veneziani, il personale dell’AVAPO percorre la nostra città con i mezzi pubblici, portando le strutture medico sanitarie nelle valigette a ruote. Il nostro tempo ha bisogno di “segni di speranza” e gli avvenimenti dolorosi della nostra esistenza hanno il pregio di farci incontrare testimoni speciali e poco visibili. Pertanto, è importante sostenere tale associazione, affinchè possa rafforzare la propria attività, con un gesto concreto di solidarietà utilizzando il c/c 12137303 intestato ad AVAPO Venezia (Associazione Volontari Assistenza Pazienti Oncologici) ONLUS.

Paolo Bonafe’ e Francesca Vingiani

Più attenzione all’igiene pubblica per debellare il fenomeno ratti a Venezia

Di fronte al fenomeno della proliferazione dei colombi e dei ratti sembra ci sia una presa d’atto da parte di una pluralità di soggetti,decisi a mettere in atto una gamma diversificata di azioni,indispensabili per affrontare un problema complesso causato da una pluralità di fattori. La preoccupazione nasce da un rischio sanitario: è confermato che la presenza di topi e colombi rappresenti il viatico alla trasmissione di malattie infettive pericolose per l’uomo. Questo si accompagna ad un allarme per il danno monumentale causato dal “guano” dei piccioni che, combinato con lo smog, crea una miscela che imbratta e corrode i marmi e le pietre dei monumenti e delle abitazioni. Se per i colombi l’Amministrazione Comunale sta intervenendo in modo sistemico,con risultati incoraggianti,il soprannumero dei topi rappresenta un problema secolare per Venezia. Le cause vanno rintracciate nella particolare conformazione della città, inserita nella laguna,nel suo sistema fognario,nel sistema di raccolta dei rifiuti,nella carente igiene urbana. A questi fenomeni non va escluso l’impatto dei milioni di turisti che affollano Venezia e che vanno educati ad un uso più rispettoso della città. La consuetudine di pubblici esercizi e di privati cittadini a depositare, in orario notturno,nelle calli e nelle fondamenta sacchi di immondizie, rappresenta una fonte di cibo per i topi e per gli altri animali randagi. Pertanto,unitamente all’impegno di VERITAS-VESTA,va sviluppata un’azione di responsabilizzazione nei confronti dei cittadini, affinché considerino che il mondo fuori della nostra porta di casa non è un altro mondo, ma quello più prossimo e la nostra qualità di vita dipende anche dai nostri piccoli gesti quotidiani.

Paolo Bonafè

Venezia e l’emergenza colombi

Voglio ringraziare il Sindaco CACCIARI e l’Assessore SALVADORI perché dimostrano finalmente coraggio nell’affermare che esiste una emergenza colombi a Venezia, non solo per quanto concerne la sporcizia e i danni che con i loro escrementi portano ai monumenti cittadini, ma anche per il pericolo sanitario, diretto ed indiretto, che comporta la loro presenza.
Infatti se da un lato lo strato di guano che ogni giorno ricopre la Piazza San Marco, unito alla umidità e alla nebbia veneziana, diviene ben presto un pericolo perché rende scivolosa la superficie (non poche sono state le cadute che hanno prodotto danni fisici e fratture), dall’altro esiste un pericolo indiretto non solo per la salute dei cittadini e dei turisti, ma anche degli animali domestici. Questo lo posso dire con cognizione di causa visto che ho subito la perdita di una amata cagnolina a causa della trasmissione di pidocchi da parte dei colombi. Grazie alla collaborazione dell’allora consigliere di quartiere Pezzoli, nel lontano dicembre 2000, come consigliere comunale, presentai una dettagliata interrogazione all’allora assessore all’Ambiente Cacciari (Paolo) dove facevo presente che esistono degli studi nei quali vengono messe in correlazione alcune malattie che colpiscono l'uomo e gli animali domestici, con i colombi e che voglio ricordare:
ISTOPLASMOSI: causata da funghi microscopici, che attaccano l'apparato respiratorio, provocando polmoniti;
CANDIDIASI: altro fungo che causa infezioni intestinali ed irritazioni agli organi riproduttivi delle donne;
CRIPTOCOCCOSI: anche in questo caso con danni all'apparato respiratorio, fino alla paralisi; ENCEFALITE DI SAINT LOUIS: Virus che provoca infiammazione al cervello, molto pericolosa per le persone anziane;
SALMONELLOSI: batteri che attaccano l'apparato intestinale;
PSITTACOSI: virus simile a quelli dell'influenza, che nei casi più seri degenera in polmonite;
PARASSITI ESTERNI: in prevalenza acari che proliferano tra le piume degli uccelli e provocano reazioni allergiche nell'uomo;
CLAMIDIA: che secondo un'equipe di scienziati dell'Università di Filadelfia, potrebbe essere messa in relazione con il morbo di Alzhaimer.

Tutte malattie che possono essere trasmesse, oltre che per contatto diretto, anche attraverso le feci dei volatili o tramite le polveri del "guano" essiccato, che si diffondono nell'aria
A questa interrogazione l’assessorato diede una risposta ambigua, non smentendo quanto enunciato, cercando però di sminuire il reale pericolo. I veneziani che hanno davanzali o terrazze possono constatare con mano la sporcizia che questi animali producono e le erosioni e corrosioni che subisce la pietra di rivestimento dei palazzi e delle balconate e quindi se si vuol parlare di decoro la prima azione da farsi è proprio quella evitare che il patrimonio artistico ed architettonico di questa città venga imbrattato dai rifiuti organici dei colombi e che porta l'Amministrazione nel tempo ad impiegare ingenti somme per il restauro delle opere d'arte e dei palazzi, il tutto coniugando le giuste istanze dei movimenti animalisti ed ambientalisti con il rispetto del diritto primario del cittadino che è la salvaguardia del suo diritto alla salute.

Per fare questo non serve eliminare tutti i colombi ma bisogna cercare di limitarne la riproduzione puntando su l’uso di mangimi particolari che ne riducano la “fertilità”, avviando una rigorosa politica di controllo che preveda ammende salate per quei cittadini e turisti che alimentano questi animali non rispettando le leggi e i regolamenti, così da intervenire nel processo biologico naturale, avviando però nel contempo una eliminazione degli animali che risultano malati perché sono proprio quelli i più pericolosi per i suddetti processi di trasmissione delle malattie. Il compito è chiaramente arduo ma se l’Amministrazione decide di intervenire con decisione e non come ha fatto la precedente, allora nel giro di alcuni anni questo problema potrà essere condotto a dimensioni fisiologiche e soprattutto gli stessi animali saranno più sani e quindi più belli, nella cornice della nostra piazza, che è il salotto più bello del mondo.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia