Per non dimenticare

La commemorazione della strage di Capaci, avvenuta 17 anni fa, il 23 maggio, è ormai di scarsa rilevanza per i mass media nazionali. Quel giorno persero la vita Giovanni Falcone con la moglie, Francesca Morvillo e la scorta, composta da Vito Schifani, Rocco di Cillo, Antonio Montinaro. Nemmeno due mesi dopo, il 19 luglio, un’altra stage mafiosa, in Via D’Amelio, uccise Paolo Borsellino e cinque agenti di scorta. Ricordare tutti gli uomini e le donne che hanno sacrificato consapevolmente la loro vita, per garantire che nel nostro paese potessero affermarsi giustizia e legalità, contro la cultura della corruzione, del malaffare e della connivenza, rappresenta un dovere civile e morale.
A quella stagione, che ha avuto come protagonisti magistrati come Chinnici, Caponnetto, Falcone e Borsellino e tutto il Pool antimafia di Palermo, va riconosciuto il merito di aver mostrato, attraverso il maxi processo alle cosche, che la mafia esiste ed è una precisa organizzazione criminale, con dimensione internazionale, capace di forti intrecci con il mondo dell’economia, della finanza e della politica. Tramandare alle nuove generazioni la memoria di quegli eventi e il ricordo di tutti gli uomini giusti, uccisi per mano di Cosa Nostra, è un compito che non dobbiamo mai lasciar cadere, perché l’educazione alla legalità, alla giustizia è al rispetto per le Istituzioni, è strumento fondante nella maturazione delle coscienze delle persone. Questo permette la formazione di cittadini capaci di svolgere appieno il proprio ruolo, corresponsabili e partecipi nel concorrere alla definizione del bene comune, a garanzia dello sviluppo di una società sana, giusta e solidale.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

La crisi economica incide sul trasporto pubblico locale

La crisi economica e il caro benzina hanno cambiato gli stili di vita degli italiani, anche per quanto riguarda le scelte di mobilità: il IV Rapporto sulla Mobilità Urbana, presentato alla Conferenza Annuale di AssTra, evidenzia come il 2008 si sia caratterizzato per un maggiore utilizzo dei mezzi pubblici. L’impegno profuso nell’ultimo decennio, per riqualificare e ammodernare le reti e il parco mezzi del trasporto pubblico locale, ha dato i suoi frutti, per cui il 29,7% delle persone residenti nelle aree urbane, sceglie il mezzo pubblico. Se correliamo questo dato con quello relativo al 27,6% di cittadini che si spostano a piedi e il 5,2% che optano per la bicicletta, vediamo che gradualmente diminuisce il numero di coloro che utilizzano l’auto privata. Ma, come sempre, la fotografia che emerge del nostro Paese è disomogenea: al nord ovest spetta il primato dell’uso dei mezzi pubblici al sud spetta la percentuale di minore utilizzo, ma con una sorprendente performance di Napoli che, con il 42% di fruizione del mezzo collettivo, si assesta sui livelli europei.
Alcuni dati di scenario mettono in evidenza che trattiamo di un settore che trasporta 15 milioni di persone al giorno, per un totale di 128 milioni di spostamenti giornalieri, impiega 116.000 addetti per un giro d’affari di circa 8 miliardi di euro all’anno, eppure sembra mancare una coerente azione di indirizzo politico da parte dei diversi livelli di governo, dallo Stato agli Enti Locali, condizione imprescindibile per garantire in tutto il Paese la definizione di un modello di mobilità compatibile con il rispetto ambientale e le necessità di sviluppo socio-economico.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Per una nuova amministrazione del territorio

La progressiva attuazione del principio di sussidiarietà, attraverso il quale Stato, Regioni, Enti Locali hanno favorito e promosso il ruolo dei cittadini nello svolgimento di attività di interesse generale, ha prodotto l’ affermarsi di un nuovo modello di governo territoriale in cui, pubblica amministrazione e cittadini, singoli e associati, concorrono alla costruzione del bene comune.
In questo nuovo scenario il ruolo delle amministrazioni si è gradualmente spostato: da soggetti erogatori di beni e servizi, a soggetti chiamati a sviluppare politiche pubbliche, orientate a governare la complessità sociale. Oggi, la partecipazione dei cittadini all’organizzazione del Paese esce dallo schema di riferimento tradizionale, che relegava tale funzione al diritto di voto o all’iscrizione a partiti politici e sindacati, diventa una nuova forma cittadinanza, capace di esprimere una maggiore e diversa responsabilità. Parallelamente, anche l’amministrazione deve dotarsi di nuovi strumenti per regolare il sistema, in cui agiscono una pluralità di soggetti pubblici e privati: capacità di ascolto, di mediazione, di promozione del capitale sociale delle comunità locali, oggi capaci di grande mobilitazione. La realizzazione della TAV in Piemonte, che ha visto il coinvolgimento attivo di interi paesi contro un progetto di interesse nazionale, ma avvertito come lesivo per quello specifico territorio, è la dimostrazione di quanto sia importante costruire dialogo, modelli di decisione partecipata fra amministrazione e cittadini, mediante il coinvolgimento di tutti i soggetti portatori di interesse sulla specifica questione.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

UNa povertà che è sempre più dilagante

La povertà delle famiglie nel Rapporto ISTAT 2009
E’ stato presentato il Rapporto ISTAT sulla Povertà, che fotografa la situazione socio-economica degli italiani: si tratta di dati relativi all’anno 2007, pertanto esso ci offre una rappresentazione, antecedente alla grave crisi economica del 2008, eppure, già evidenzia che sono 975.000 i nuclei familiari in condizione di povertà assoluta, ad essi afferiscono 2.427.000 persone, che rappresentano il 4,1% della popolazione. Ulteriori focus di approfondimento delineano il profilo di queste famiglie: in termini assoluti esse vivono, prevalentemente, al Sud, ma già il 2007 vede un incremento della povertà al Nord, con un’incidenza che è passata, rispetto al 2005, dal 2,7% al 3,5%. Risultano essere in difficoltà le famiglie numerose, con 5 o più componenti, oppure le monogenitoriali e quelle che hanno come capofamiglia un adulto fra i 45 e i 54 anni nella condizione lavorativa di operaio, con basso livello di istruzione.
Ma un aspetto interessante della ricerca è stato l’adeguamento del paniere ai bisogni reali di una famiglia, introducendo, ad esempio, le spese di istruzione, ma anche la lettura incrociata fra la dimensione economica e il contesto territoriale in cui una famiglia vive. Perché il costo della vita varia fra Nord e Sud, fra grande centro urbano e piccolo paese: emerge così che una famiglia di 4 persone, che abita in una grande città del nord dovrebbe percepire, per raggiungere lo standard minimo, definito dal paniere, 1.526 euro, a fronte di 1.106, se vivesse in un piccolo paese del Sud. Risulta, pertanto, sempre più urgente che il Governo vari immediate ed efficaci misure a contrasto della povertà e dell’esclusione sociale.
Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia