Come affrontare l’emergenza rifiuti

Le drammatiche immagini che provengono dalla Campania, mettono in luce quali esiti devastanti possano investire un territorio quando allo stallo e all’ immobilismo della politica, nella capacità di assumere decisioni, si somma la crisi del senso di corresponsabilità da parte dei cittadini. Nel caso di Napoli questi elementi impattano intersecano un tessuto dove, gli intrecci con la malavita organizzata, provocano una situazione complessiva di paralisi che non sembra avere sbocchi.
Qualsiasi riflessione su quanto sta avvenendo, evidenzia pertanto quanto il tema dello smaltimento dei rifiuti necessiti, per uscire da logiche emergenziali, di coniugare contemporaneamente il livello della gestione con quello della programmazione.
In contrapposizione alla situazione napoletana, viene citato da più commentatori, come esempio di buon governo, il modello veneziano.
In questo caso, le amministrazioni locali, che si sono avvicendate nel tempo, e l’azienda incaricata (vedi AMIU/AMAV/VESTA ora VERITAS) hanno saputo produrre, pur nella complessità del territorio che gestiscono, un sistema di smaltimento efficiente ed efficace, dimostrando capacità di previsione.
Un ulteriore salto di qualità va fatto nel centro storico veneziano, dove, per le specifiche caratteristiche, non è stata ancora messa a regime la raccolta differenziata dei rifiuti.
Questo passaggio richiede sicuramente un investimento aziendale, ma anche il contributo attivo da parte dei cittadini e dei turisti, nella consapevolezza che il comportamento di ciascuno nella quotidianità, nel suo effetto moltiplicatore, produce un esito che ha ricadute sulla qualità della vita di tutta la collettività.

Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia

Una nuova dichiarazione d’amore a Venezia

Possiamo sicuramente affermare che questo 2008 sia partito sotto i migliori auspici per la nostra città: Venezia ha infatti vissuto un veglione e un capodanno da autentica protagonista. L’ iniziativa del “Bacio di Mezzanotte” ha richiamato oltre 60.000 persone in piazza San Marco e le immagini dell’evento hanno fatto il giro del Mondo. Parimenti, il concerto di capodanno della Fenice, in pochi anni, ha saputo affermarsi come appuntamento di tradizione, apprezzato dalla critica e dai telespettatori.
Venezia rappresenta uno straordinario palcoscenico internazionale che necessita di una competente gestione e valorizzazione, pertanto va riconosciuta come strategica la costituzione della Società degli Eventi, il cui positivo battesimo, grazie anche al suo direttore artistico Marco Balich, fa ben presagire per il futuro.
E’ opportuno dare risalto a questi eventi, affinché la sottolineatura di segni positivi solleciti nei veneziani uno sguardo costruttivo sulla città, superando la tentazione, che un po’ ci caratterizza, alla lamentela e al piangerci addosso.
Viviamo in una città straordinaria e forse, proprio perché quotidianamente immersi in questa bellezza, rischiamo di darla per scontata, quando pare avere il sopravvento il sentimento di fastidio per la presenza di troppi turisti e sembriamo smarrire la capacità di sorprenderci, di godere della vista di uno scorcio che si apre fra le calli, di emozionarci per uno squarcio di tramonto dietro alle cupole e i campanili.
Sarebbe bello che quest’anno iniziasse con una rinnovata dichiarazione d’amore dei veneziani per la loro città: amore che significa non solo ammirazione e orgoglio, ma che deve tradursi anche in cura e rispetto, nella volontà di non mercificarla, attraverso scelte economiche compatibili con la sua struttura, la sua storia e la sua vocazione culturale internazionale.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia

L’Auspicio per il 2008 di una nuova politica più consapevole

Al di là di ogni ritualità, che l’arrivo di un nuovo anno comporta, credo sia opportuno dare avvio al 2008 con un augurio speciale, da rivolgere a chi amministra il Paese, le città grandi e piccole in cui viviamo, affinché si gestisca la cosa pubblica con una nuova prospettiva e nella consapevolezza della responsabilità che comporta l’assunzione di scelte e decisioni, che riguardano da vicino la vita di ogni cittadino. Questo, ad esempio, implica che non si possano elaborare singole politiche di settore, scisse dalle altre azioni che investono il territorio, ma si debba pensare ad un nuovo modello strategico che svolga una unica coerente e concertata azione, capace di tenere insieme, facendo sinergia, la politica delle attività economico-produttive, dei trasporti, del welfare, della residenza, dell’istruzione e della cultura Perché se desideriamo abitare in un paese solidale e sicuro, questo comporta necessariamente la costruzione di città urbanisticamente a misura d’uomo, significa fare proposte culturali che riguardano valori e stili di vita, significa promuovere la cultura della legalità e della corresponsabilità.
Ma va anche pensato un nuovo modello, che aiuti a ricomporre l’attuale frattura tra la politica e il cittadino. Va pertanto favorita l’attivazione di processi che facilitino “le forme del partecipare” delle persone, in grado di rinsaldare o rendere più armonioso il rapporto cittadini-istituzioni e dei cittadini fra loro. L’obiettivo da perseguire è quello di garantire percorsi volti all’individuare insieme soluzioni ai problemi ed alle esigenze espresse dai diversi soggetti, attraverso attività condivise di progettazione partecipata, mediante il riconoscimento delle risorse presenti nei singoli, nelle famiglie e nelle comunità, la valorizzazione dei saperi e delle competenze, per favorire l’autodeterminazione, sentimenti di appartenenza e il senso della dimensione collettiva.

Paolo Bonafè
Presidente di laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

La città solidale

Di fronte alla sfida della complessità che investe la società in cui viviamo il nostro compito è quello di garantire una nuova prospettiva ed un nuovo approccio nell’elaborazione ed attuazione delle politiche pubbliche, consapevoli che l’azione politica non possa mai essere disgiunta dalla responsabilità che comporta l’assunzione di scelte e decisioni, che riguardano da vicino ogni cittadino ed ogni persona che vive nel nostro territorio. Questo implica che non si possa pensare alle politiche sociali come a delle azioni volte ai cittadini più svantaggiati, scisse dalle altre azioni politiche che investono il territorio, ma dobbiamo pensare ad un nuovo modello strategico che svolga una unica coerente e concertata azione sulla città, capace di tenere insieme, facendo sinergia, la politica della residenza, dei trasporti, delle attività economico-produttive, dell’istruzione della cultura e del welfare.. Perché pensare ad una città sicura e solidale significa costruire una città urbanisticamente a misura d’uomo, significa fare una proposta culturale che riguarda valori e stili di vita, significa promuovere la cultura della legalità e della corresponsabilità. La finalità generale da perseguire deve essere quella di favorire l’attivazione di processi che facilitino “le forme del partecipare” dei cittadini alla vita della città, in grado di rinsaldare o rendere più armonioso il rapporto cittadini-istituzioni e dei cittadini fra loro. L’obiettivo è quello di garantire percorsi volti all’individuare insieme soluzioni ai problemi ed alle esigenze espresse dalle persone, attraverso attività condivise di progettazione partecipata, mediante il riconoscimento delle risorse presenti nei singoli, nelle famiglie e nelle comunità, la valorizzazione dei saperi e delle competenze, per favorire l’autodeterminazione, sentimenti di appartenenza e il senso della dimensione collettiva. Il nostro progetto, nello specifico, è improntato ad un nuovo modello di welfare, che di fronte alla carenza di risorse finanziare, vede le politiche sociali muoversi nello scenario cittadino con un’azione innovativa che pone effettivamente al centro i cittadini, non più considerati semplici utenti, destinatari di interventi, ma piuttosto attori dei processi di aiuto ed inclusione, perché ai problemi espressi da un tessuto sociale sia la stessa comunità, nelle sue diverse articolazioni, ad individuare le risposte.

Paolo Bonafe’
Partito Democratico – Venezia

Le molteplici dimensioni della povertà

L’attuale scenario sociale delinea una pluralità di fenomeni che, per semplicità di definizione, mettiamo sotto il titolo “povertà”.
Questo concetto, che fino agli anni settanta rimandava ad una condizione di privazione sotto il profilo economico, ha visto poi assumere significati complessi e articolati, che intrecciano una molteplicità di situazioni (le famiglie, le madri sole, gli anziani..), mettendo in risalto una dimensione riferibile a mancanza di strumenti culturali, a scarse competenze sociali, a carenze di relazioni affettive e di legami sociali, a solitudini individuali.
I mass media riportano dati allarmanti rispetto ad un processo di impoverimento che sta attraversando il nostro paese e che riguarda un ampio spettro di condizioni, dall’ estrema marginalità alla difficoltà economica, che diventa fatica quotidiana per le persone che appartengono alla classe media.
Pertanto, assistiamo da un lato alla crescita del fenomeno delle persone senza dimora, un fenomeno tipico dei paesi ricchi, che, rappresentando la situazione limite della condizione di povertà, evidenzia, in modo drammatico, gli elementi di contraddizione presenti nei nostri modelli di sviluppo economico.
La complessità di questa condizione di vita e delle sue caratteristiche ne rende difficile la quantificazione precisa: le stime ci dicono che in Italia il numero dei senza dimora si aggira tra le 65.000 e le 110.000 unità, nel Veneto, una ricerca promossa dalla Regione nel 2005, ne ha rilevati 1.211.
Gli studi effettuati sul campo, ci mostrano che i senza dimora non rappresentano una unica categoria di persone: a questo fenomeno si ascrive una pluralità di forme di emarginazione, che portano all’esclusione sociale. Altresì, non esiste un evento traumatico che, da solo, espella le persone dal circuito dell’integrazione: la ricostruzione biografica ha, infatti, messo in luce percorsi di vita segnati da una molteplicità di “fratture”, che riguardano la sfera delle relazioni affettive e sociali. La persona senza dimora, quindi, non vive solo una condizione estrema di povertà: la sua situazione è, piuttosto, l’esito di un processo in cui si sono sommati una pluralità di eventi, che hanno comportato una rottura progressiva delle reti familiari e sociali. Questo stato di deprivazione cronica, di incapacità relazionale, rischia di escludere queste persone anche dall’accesso alle risorse offerte dai servizi sociali e mette a repentaglio la loro stessa sopravvivenza.
Ma oggi, come precisato in premessa, sta emergendo un nuovo fenomeno ascrivibile al concetto di vulnerabilità sociale, intesa come condizione di fragilità, causata, da fattori di rischio in ambito sociale, che attraversano le dimensioni fondanti del nostro vivere: l’ambito delle relazioni familiari, quello del lavoro e dei legami comunitari.
Gli operatori sociali, del pubblico e del terzo settore, segnalano un aumento delle richieste di aiuto da parte di alcune fasce di popolazione, che non sono assimilabili ai target classici di utenza: tale disagio potrebbe essere riconducibile alle caratteristiche del micro contesto sociale in cui le persone sono inserite, piuttosto che alle persone stesse. Viene messa, così, in luce la presenza nella nostra società di soggetti deboli, vulnerabili appunto, che possono entrare in percorsi di esclusione a seconda dei contesti in cui sono inseriti. Se ne deduce, pertanto, che il rischio di esclusione sociale non è più e solo strettamente correlato all’ appartenenza ad una categoria specifica di disagio, ma è spesso correlata alla presenza o assenza di contesti familiari e reti sociali, che possono rappresentare un importante e determinante fattore di protezione all’esclusione.
Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

L’Esclusione sociale dei "Senza Dimora"

I dati relativi alle persone senza dimora segnalano la crescita di un fenomeno tipico dei paesi ricchi, che, rappresentando la situazione limite della condizione di povertà, evidenzia, in modo drammatico, gli elementi di contraddizione presenti nei nostri modelli di sviluppo economico.
La complessità del fenomeno e le sue caratteristiche ne rendono difficile la quantificazione precisa: le stime ci dicono che in Italia il numero dei senza dimora si aggira tra le 65.000 e le 110.000 unità, nel Veneto, una ricerca promossa dalla Regione nel 2005, ne ha rilevati 1.211.
Gli studi effettuati sul campo, ci mostrano che i senza dimora non rappresentano una unica categoria di persone: a questo fenomeno si ascrive una pluralità di forme di emarginazione, che portano all’esclusione sociale. Altresì, non esiste un evento traumatico che, da solo, espella le persone dal circuito dell’integrazione: la ricostruzione biografica ha, infatti, messo in luce percorsi di vita segnati da una molteplicità di “fratture”, che riguardano la sfera delle relazioni affettive e sociali. La persona senza dimora, quindi, non vive solo una condizione estrema di povertà:la sua situazione è, piuttosto, l’esito di un processo in cui si sono sommati una pluralità di eventi, che hanno comportato una rottura progressiva delle reti familiari e sociali. Questo stato di deprivazione cronica, di incapacità relazionale, rischia di escludere queste persone anche dall’accesso alle risorse offerte dai servizi sociali e mette a repentaglio la loro stessa sopravvivenza, soprattutto nelle notti invernali, come purtroppo riporta ogni anno la tragica cronaca nazionale. Con l’avvento dell’euro si è inoltre abbassata la soglia di povertà e quindi, dobbiamo mettere da parte le demagogiche politiche di esclusione e puntare su politiche di welfare sempre più attente ai nuovi bisogni.

Paolo Bonafe’
Presidente laboratorio Venezia
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Sbloccare il traffico si può! Con l’Hovercraft

L’impatto che la mobilità di centinaia di migliaia di turisti e di pendolari ha quotidianamente sulla nostra città, con una conseguente viabilità stradale intasata e i relativi problemi di inquinamento da PM10, esige di ripensare in modo strategico al sistema dei trasporti. La centralità delle esigenze dei cittadini residenti, coniugata con la richiesta derivante dal pendolarismo dei lavoratori e dal turismo, evidenzia la necessità di una nuova articolazione e strutturazione dell’attuale sistema di accesso alla città d’acqua. In una strategia complessiva, può essere inserito l’hovercraft, mezzo di trasporto poco conosciuto nel dettaglio tecnico, ma dalle molteplici possibilità di utilizzo nella nostra gronda lagunare, in particolare come sistema di collegamento alternativo alle due arterie stradali maggiormente intasate quali: la SS. Romea e la SS. Triestina. Essendo un mezzo che può viaggiare su elementi quali terra – acqua – fango – neve – ghiaccio e sopra tronchi d’albero e relitti in genere, non necessitando inoltre di particolari strutture di approdo, diviene uno strumento quanto mai flessibile anche per rivitalizzare zone di Venezia, ora poste ai margini della politica turistica. L’attuale tecnologia ha superato il problema della rumorosità, del costo di gestione e dell’ impatto ambientale, poiché questi mezzi sono insonorizzati internamente (la rumorosità esterna è di 75 decibel), costano come un motobattello e montano motori euro4. L’hovercraft, pertanto, può coniugare l’esigenza di innovazione con il principio della tutela ambientale.

Paolo Bonafè
Presidente di laboratorio Venezia
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Incidenti stradali – necessita una Agenzia Nazionale per la Sicurezza Stradale e l’assistenza alle vittime della strada

Ogni anno nel mondo si registrano un milione e 300.000 vittime della strada. A questo numero va sommato quello relativo ai 3 milioni di invalidi gravi, il cui costo sociale raggiunge i 500 miliardi di euro. Solo in Italia, ogni giorno, gli incidenti stradali causano 17 vittime, 51 invalidi gravi e un costo di 90 milioni di euro. Sono questi i dati forniti dalla Fondazione Luigi Gruccione e dalla Fondazione Italiana per la Sicurezza della Circolazione, che unitamente alla Associazione Parenti Vittime della Strada, stanno lottano da anni per sensibilizzare l’opinione pubblica e le forze politiche sulla gravità del problema: per questo è stata istituita la Giornata Mondiale del ricordo delle Vittime della Strada, che si è tenuta ad Assisi lo scorso 18 novembre. La memoria commossa delle vittime, la vicinanza al dolore dei familiari, sono il terreno prezioso da cui nasce un forte richiamo alla sensibilizzazione delle istituzioni e dell’intera comunità civile, affinché sviluppino una cultura della prevenzione sulle strade e della responsabilità individuale di chi le percorre. La proposta concreta che è stata avanzata è quella di istituire una Agenzia Nazionale per la Sicurezza Stradale e per l’Assistenza alle Vittime della Strada, con l’obbiettivo di dotare il Paese di un organo di Governance, in grado di aiutare il Parlamento e gli Enti Locali nell’individuare sia azioni efficaci di contrasto all’incidentalità stradale, sia strumenti per garantire alle vittime sopravvissute e ai famigliari un’ assistenza reale. Ma, rispetto ad un fenomeno di portata così drammatica, che lacera la trama affettiva di tante famiglie, ognuno di noi è chiamato a sentirsi coinvolto ed implicato.

Paolo Bonafe’
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Donare sangue, un atto di difesa della vita

Nel nostro paese è necessaria una campagna di sensibilizzazione a favore della donazione di sangue:l’Istituto Superiore di Sanità ha calcolato un fabbisogno annuo in 2.300.000 unità e in 850.000 litri di plasma, che non riesce ad essere soddisfatto dagli attuali livelli delle donazioni. Pertanto l’Italia è costretta a ricorrere all’importazione di plasma e di emoderivati, che non sempre sono ottenuti da donatori volontari periodici. Siamo consapevoli di quanto sia cruciale, in questo ambito, il tema della sicurezza: l’organizzazione AVIS e le strutture ospedaliere garantiscono, ai donatori potenziali, un controllo costante dello stato di salute, attraverso visite sanitarie e accurati esami di laboratorio, inoltre, a tal scopo, il 21 settembre u.s. è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il provvedimento di revisione del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva 2002/98/CE che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti. Tutto ciò nell’unicità del percorso che va dalla selezione del donatore, all’emovigilanza dello stesso e alla responsabilità professionale del centro trasfusionale. Siamo, quindi, chiamati tutti ad un personale e responsabile coinvolgimento, come donatori di sangue, per ribadire il primato della vita umana, della relazione fraterna, della solidarietà e della tutela della salute. Dobbiamo, pertanto, diffondere la consapevolezza che donare sangue può davvero salvare una vita

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia
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Contro l’inquinamento da PM10 Dobbiamo interrogarci sulle targhe alterne

Assistiamo in questi giorni al rinnovarsi delle polemiche circa l’adozione dello strumento delle targhe alterne, quale misura per la riduzione delle polveri fini. Al di là delle posizioni strumentali, è oramai accertato da una larga parte del mondo scientifico, che, l’esposizione alle polveri sottili PM10 o PM2.5, abbia effetti dannosi per la salute. Possiamo citare gli studi promossi dall’Organizzazione Mondiale per la Sanità sugli effetti dell’esposizione alle polveri fini, soprattutto nei bambini (vedi Air Quality Guidelines WHO- 2006), condotti in Olanda, Francia, California ed Inghilterra: ne emerge una stretta correlazione fra la presenza di malattie respiratorie nei bambini e il loro abitare in prossimità di arterie altamente trafficate. Gli studiosi britannici, nello specifico, hanno usato come indicatori di riferimento i macrofagi, cellule mononucleate tissutali, che svolgono la funzione di inglobare nel loro citoplasma particelle estranee, compresi i microrganismi, e di distruggerle. Utilizzando questi, come marcatori di esposizione individuale al particolato derivato da combustibile fossile, hanno dimostrato come ad ogni aumento del contenuto di carbone nei macrofagi respiratori, si associava una considerevole riduzione nei parametri della funzionalità polmonare. D’altro canto, uno studio americano ha valutato l’effetto di uno sciopero di 8 mesi dei lavoratori del rame che ha comportato, approssimativamente, una diminuzione del 60% della concentrazione delle particelle di solfato sospeso nell’aria, con una ricaduta sulla popolazione che ha garantito una diminuzione consistente del tasso di mortalità. Viene così confermata la pericolosità dell’esposizione eccessiva e prolungata al PM10 e 2.5, che ha come esito un aumento della mortalità, sia nei bambini che negli adulti, una maggiore incidenza di ictus e malattie cardiovascolari. Una maggiore consapevolezza nei cittadini, può, pertanto, rendere maggiormente condivisibile lo strumento delle targhe alterne, a condizione che si inserisca in una strategia complessiva, volta al miglioramento della qualità dell’aria che respiriamo.
Paolo Bonafe’
Presidente di laboratorio Venezia
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La vita può essere capita sollo all'indietro ma va vissuta in avanti (Soren Kierkegaard)