Che il messaggio di fratellanza del Papa in Turchia non sia una voce isolata

Vorrei soffermarmi sul viaggio “pastorale” del Papa Benedetto XVI in Turchia.
Il messaggio lanciato di un “unico DIO che lega cristiani e musulmani in una stessa famiglia” è un messaggio forte che va ad abbattere il muro di diffidenza che era stato alzato da alcuni per mettere in difficoltà il dialogo che si cerca di instaurare. Vi è una effettiva necessità di avviare un dialogo esterno ma soprattutto interno alle nostre comunità perché prima di poter parlare di rispetto della libertà religiosa si deve trovare un equilibrio nel nostro approccio con coloro che di fede musulmana già vivono qui in Italia. Infatti il sondaggio dell’Osservatorio del Nord-Est, che evidenzia come nel Veneto il 50% sia contro la religione musulmana, denuncia un pericolo alla integrazione. Quindi il richiamo forte e chiaro di favorire la libertà religiosa non deve essere rivolto solo all’esterno ma anche all’interno del nostro Paese infatti il Papa ha richiamato ogni Paese democratico perché permetta ai credenti di qualsiasi fede di poter professare liberamente il proprio credo. Giustamente i pregiudizi vengono alimentati maggiormente da paure e preoccupazioni storiche. Questo deve però far prendere coscienza anche a noi cattolici cosa significhi per ognuno di noi la fede in Cristo. Ci deve interrogare se la consideriamo solo un fatto acquisito, uno strumento che ci permette, tramite il passaggio tra i sacramenti intermedi, di poterci sposare in Chiesa e quindi utilizzare il luogo come corollario al nostro matrimonio, senza poi considerare cosa significhi veramente per un cristiano questa sacramento/sigillo, oppure , una forma di pensiero che può essere utilizzata a nostro comodo e a nostro piacimento, quale leva politica per questo o quel politico che utilizza questa appartenenza come slogan elettorale per dimostrare il di lui impegno a difendere i valori cristiani. Quanti politici conosciamo che si ergono a difensori dei valori della Famiglia e dell’Uomo e sono loro stessi cattivi testimoni nella loro vita e nelle loro azioni di quanto professano. Questo è il grande dilemma che ci attanaglia e ci preoccupa, questa nostra debole ed opportunistica fede che si deve contrapporre ad una fede che è divenuta per quel popolo una legge. Se i battezzati italiani che sono il 98% della popolazione seguissero un percorso di approfondimento delle redici della propria fede e non si soffermassero solo alla superficie o alle traduzioni popolari che si tramandano negli anni, non ci sarebbe paura ne delle altre fedi, ne delle informazioni devianti che possiamo leggere in alcuni libri o nei film che usano distortamente i vangeli apocrifi. Si potrebbe allora essere meno cedevoli su alcuni punti importanti per la nostra fede che sono quelli legati alla alimentazione nelle scuole, dove i menù devono rispettare le richieste dei musulmani ma anche quelle dei cristiani (vedi la dispensa di mangiare carne nei venerdì della passione), la possibilità all’uso del velo per le donne musulmane accompagnato alla possibile presenza del crocifisso nelle classi e negli istituti, alla richiesta che i musulmani possano avere anche nelle nostre scuole luoghi dove poter pregare, unito al fatto che sia data la possibilità che nelle nostre scuole sia valorizzato il tempo per l’insegnamento della religione cristiana o per chi volesse della religione musulmana. In questo caso non vi sarebbero problemi se si aprissero scuole per le popolazioni musulmane come non si dovrebbe porre problema nella nascita di scuole cattoliche e lo Stato dovrebbe essere granate della pluralità di insegnamento grazie anche a forme di sostentamento economico perché la formazione è indispensabile. Questi esempi legati alla scuola potrebbero essere poi esportati negli altri settori della vita sociale e politica. Come vedete tanto si potrebbe fare per migliorare il nostro mondo messo in pericolo dagli integralismi. La chiesa ha bisogno oggi di laici consapevoli e cristiani che conoscono a fondo la propria religione e dei testi sacri che la spiegano. Questo servirebbe anche per conoscere meglio la nostra storia dell’arte, soprattutto quella legata alle raffigurazioni religiose, visto che nella storia queste opere sono state strumento di lettura teologica per chi non poteva o sapeva leggere i testi sacri. Soprattutto rifuggiamo da chi usa la religione contro qualcuno o qualcosa. Il messaggio di Cristo è l’Amore, come ci ha ricordato PAPA BENEDETTO XVI nella sua enciclica DEUS CARITAS EST.

Paolo Bonafe’