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Non scoppierà la bomba demografica

2009-11-07 il venezia - la temuta bomba demografica non scoppieràDopo decenni di allarmismi sul rischio che, il processo esponenziale di sviluppo demografico, avrebbe comportato per il Pianeta – a fronte della limitatezza delle risorse da esso prodotte – gli esperti ci dicono che questo fenomeno sta rallentando. Se, in occidente, il tasso di natalità è sceso negli ultimi 50 anni del 50%, il processo di globalizzazione ha portato a una diminuzione della natalità anche nei paesi in via di sviluppo. Gli esperti mostrano la stretta correlazione fra diminuzione delle nascite e miglioramento delle condizioni socio economiche, per il  maggior livello di istruzione e maggiore utilizzo dei metodi contraccettivi ad esso connessi. Per capire l’ordine della decrescita di cui ci parlano i demografi, i dati ci vengono in aiuto: se nel 1950 la popolazione mondiale raggiungeva i 2 miliardi e mezzo, attualmente raggiunge circa i 7 miliardi, risultando quasi triplicata. Il tasso di incremento della popolazione mondiale ha raggiunto il suo apice durante gli anni ’60, con una crescita annua di circa il 2%, ridotta all’ 1,7% durante gli anni ’80 e a meno dell’1,5 % nei primi ’90. Ebbene, le previsioni per il 2050 indicano che saremo “solo” 9 miliardi. Ma la prospettiva per la quale sembra essere evitata l’esplosione della cosiddetta bomba demografica, rappresenta una delle condizioni per l’ equilibrio dell’ecosistema, ma da sola non ne rappresenta una garanzia. Perché 9 miliardi di persone, che consumassero come un cittadino dell’opulento occidente, porterebbero il pianeta alla catastrofe, mentre, l’obiettivo da perseguire è quello di migliorare le condizioni di tutta intera l’umanità, anche attraverso la tutela del pianeta che ci ospita.

 

Paolo Bonafè Presidente Laboratorio Venezia

Il reddito di cittadinanza: una misura contro la povertà.

La crisi economica ha rinnovato il dibattito sul reddito di cittadinanza, promuovendo l’interesse per questa misura economica, anche fra quanti non appartengono alla ristretta cerchia di esperti del welfare.

Questo intervento si ascrive culturalmente al principio che riconosce il diritto dei cittadini ad avere  condizioni di vita  economicamente dignitose, in base alla convinzione secondo la quale, ad ogni membro della comunità, spetti la  compartecipazione agli utili sociali, prodotti dalla stessa, attraverso lo sfruttamento delle risorse del territorio, appartenenti a tutta la  collettività. Passando dalla enunciazione del principio teorico, alla sua traduzione nei diversi sistemi di welfare, emerge come questa misura, in molti paesi nord europei, si sia consolidata in un modello di integrazione delle politiche sociali e del lavoro, diventando un importante strumento per l’ inclusione sociale dei cittadini in situazione di  vulnerabilità. In queste esperienze, l’intervento economico esce da logiche assistenziali e diventa incentivo, volto a promuovere e a realizzare l’obiettivo dell’inserimento lavorativo. In Italia, chiusa la sperimentazione nazionale 1999-2002 del Reddito Minimo di Inserimento, si sono avviate, in assenza di precisi orientamenti e finanziamenti statali, esperienze locali, promosse da alcune Regioni. In linea generale, nel nostro paese la misura si è connotata come risorsa economica a contrasto della povertà: gli esiti dimostrano che, la sua applicazione su scala nazionale, garantirebbe ai nostri cittadini uno strumento significativo, per affrontare l’attuale congiuntura economica.

Paolo Bonafè Presidente Laboratorio Venezia

www.laboratoriovenezia.it

2009-09-26

Immigrazione, sicurezza e bisogni sociali

Di fronte alla domanda di sicurezza, che proviene dai nostri cittadini, mi chiedo se sia percorribile una strada che sappia tradurre questo legittimo bisogno, in una richiesta più ricca e articolata, che non si appiattisca meramente sui temi dell’ordine pubblico
Il disagio che la società italiana sta esprimendo è anche ascrivibile alla necessità di doversi confrontare con il fenomeno migratorio, ma ha radici più profonde, che riguardano il nostro modello sociale e i complessi processi di cambiamento che lo stanno attraversando: la fragilità della struttura familiare, la frammentazione della vita sociale, lo scarso senso di appartenenza alla comunità locale, la precarietà lavorativa e l’ impoverimento economico.
Questo quadro di incertezza complessiva, investe in toto la sfera di vita delle persone: in questo contesto l’immigrazione diventa evento catalizzatore di ogni paura, causa prima dell’incertezza e del senso di insicurezza e precarietà in cui siamo chiamati a vivere.
Emerge, pertanto, nei confronti delle istituzioni, una richiesta che rivendica tutela, protezione, riconoscimento delle proprie esigenze e diritti, che non può essere ricondotta ad un bisogno di sola sicurezza pubblica, ma va coniugata fortemente ad un bisogno di sicurezza sociale.
Le persone necessitano di trovare un ascolto competente e responsabile capace di attribuire senso e dare riconoscimento alle paure e allo smarrimento, senza banalizzazioni, semplificazioni o enfatizzazioni, che corrono il rischio di essere sempre manipolatorie.

Paolo Bonafe
Presidente Laboratorio Venezia