La carenza di risorse idriche e la loro fruibilità, assieme al progressivo aumento di fabbisogno energetico, rappresentano le due emergenze che investono il futuro dell’uomo e del pianeta Terra. In questo scenario di preoccupazione ed allarme, diventa quanto mai interessante il progetto della General Electric statunitense, finalizzato alla costruzione di centrali che, con il calore sviluppato durante la produzione di elettricità, alimentino il processo di dissalazione, dell’acqua di mare, rendendola disponibile agli usi commerciali, domestici e fonte energetica per il futuro. Il processo si basa sul principio che in natura permette alle piante di nutrirsi (osmosi): in questo caso esso viene “invertito”, l’acqua, infatti, attraversa, dalla soluzione meno concentrata verso quella più concentrata, membrane artificiali semimpermeabili, uscendo da questo filtraggio desalinizzata. Da questi impianti si dovrebbero ottenere 800.000 metri cubi di acqua potabile al giorno e 80.000 megawatt di energia. Ad oggi, le criticità sono rappresentate dalla fonte energetica di trasformazione, ancora basata sui combustibili fossili e dal fatto che tali centrali possono svilupparsi solo lungo le coste; quando, però, sarà possibile utilizzare energia solare e convogliare nell’entroterra l’acqua di mare, questa tecnologia garantirà maggiore tutela per l’ecosistema e sosterrà lo sviluppo socio economico dei paesi oggi più poveri. A conferma dell’interesse che gravita attorno al progetto, ci sono i duemila miliardi di dollari, investiti, per i prossimi otto anni, dai Paesi del Medio Oriente.
Paolo Bonafe – Presidente Laboratorio Venezia