La battaglia per l’acqua

2009-11-28 il venezia - un errore privatizzare l acqua del sindacoAnche l’acqua è diventata un argomento “caldo” nel dibattito politico italiano: proprio in questi giorni è stato infatti approvato un decreto, che obbliga le pubbliche amministrazioni  a privatizzare, fra gli altri, anche  tutti i servizi idrici.

Di fronte al pesante deficit pubblico e alle pessime condizioni della rete idrica italiana, che richiederebbe massicci interventi di ripristino, la scelta del Governo è quella di trasferire il problema a soggetti privati che, nella logica del profitto, potrebbero aumentare le tariffe, per recuperare le risorse indispensabili agli interventi. Eppure, le esperienze di privatizzazione già in atto, hanno dimostrato che, a fronte di un aumento delle bollette, non è stato attuato alcun intervento sulla rete di distribuzione. Benché il tema non abbia ottenuto la giusta rilevanza da parte degli organi di informazione, da parte di una pluralità di soggetti, attenti ai temi della cittadinanza e dell’ambiente, viene segnalato come l’intervento governativo si dimostri non rispettoso del principio di sussidiarietà, secondo il quale spetterebbe agli organi di governo locale – Regioni, Province e Comuni – individuare le forme di gestione dei servizi di pubblica utilità. Sono molte le associazioni e le reti che si  stanno opponendo alla mercificazione di un bene vitale, chiedendo di escludere il servizio idrico dai servizi pubblici locali di rilevanza economica. Ma anche il buon senso comune fa capire che “l’acqua del sindaco” è certificata da processi di controllo, che rappresentano una garanzia per tutti. Anche molti Comuni sono contrari alla privatizzazione, che comporterà la rinuncia alla propria funzione  su una risorsa fondamentale.

Paolo Bonafè – Presidente www.laboratoriovenezia.it

Volontariato: la ricchezza del capitale umano

2009-11-21 il venezia - l enorme patrimonio del nostro volontariatoNell’attuale scenario italiano, attraversato da una complessiva  crisi economica, politica e sociale, sono presenti interessanti spaccati di realtà, che rappresentano un segno di speranza e ci restituiscono la fotografia di un paese non ripiegato su se stesso, ma capace di una forte e fattiva presenza sociale.

Parliamo di volontariato, attività che mobilità moltissimi nostri concittadini, che gratuitamente prestano la loro opera a favore di persone in  difficoltà, ma anche promuovendo cultura e sensibilità ambientaliste.

Una tradizione forte la nostra, che affonda le proprie radici storiche già nelle esperienze delle Misericordie, ma si è nutrita sia della tradizione caritativa cattolica, sia dell’impegno sociale della sinistra. I dati ci aiutano a dare visibilità ad  un fenomeno, che coinvolge con continuità circa 1.100.000 italiani, 4 milioni in modo saltuario, e quasi 10 milioni – dato OCSE – se consideriamo tutte le persone, che dedicano genericamente un po’ del proprio tempo agli altri. Quest’impegno ha come ritorno un grande riconoscimento sociale: il volontariato gode infatti  della fiducia del 71,3% – dato Eurispes – degli italiani, battendo forze dell’ordine e istituzioni.

Il Veneto conquista il felice primato di seconda regione d’Italia, dopo il Trentino, per presenza di volontari, esprimendo una grande capacità di solidarietà e generosità.

Ed è in questo contesto che si riunirà a Roma, i prossimi 4 e 5 dicembre, la prima conferenza generale del volontariato, per  riflettere sul fenomeno ma anche per  consolidare e valorizzare questo prezioso patrimonio, che va riconosciuto come  soggetto sociale,  protagonista della vita nazionale e locale. 

Paolo Bonafè

Laboratorio Venezia

Immigrati fra diritti e doveri

2009-11-14 il venezia - gli immigrati

Li chiamano i ragazzi della “seconda generazione”, sono gli 862.000 figli di immigrati che vivono in Italia, di questi, ben 457.000, sono nati nel nostro paese. I numeri da soli non servono, ma  aiutano a ricostruire un quadro complessivo alla luce dei 4.330.000 stranieri – il 7,2%, della popolazione italiana – presenti regolarmente nel nostro territorio e il cui lavoro contribuisce alla creazione del nostro  PIL.

Non è un caso, pertanto che, a partire dal Presidente della Camera, siano molte le voci che si alzano per richiamare i temi del diritto al voto e del rendere più rapido l’iter per il riconoscimento della cittadinanza. Il cammino culturale per cui da straniero si diventa cittadino, rappresenta un passaggio cruciale di cultura e identità, perché comporta il riconoscimento di diritti ma anche di doveri, che trasformano l’ospite in colui che a pieno titolo partecipa alla vita di un paese in un processo di crescita dell’appartenenza e di rafforzamento delle responsabilità. Rispetto all’immigrazione è, pertanto,  necessario fare chiarezza senza utilizzare in modo  fuorviante il tema degli sbarchi, della clandestinità, della delinquenza per alimentare un clima che vede in questo fenomeno una minaccia ed un pericolo. Se l’integrazione rappresenta, quindi,  la grande sfida con cui siamo tutti  chiamati a misurarci, un primo segnale importante proviene proprio  dal Parlamento dove è in discussione  una proposta di legge bipartisan degli onorevoli Sarubbi(PD) – Granata(PDL), che prevede sia la cittadinanza per i bimbi nati in Italia da genitori stranieri – regolari da almeno cinque anni- sia  l’ottenimento della cittadinanza, per tutti gli immigrati, dopo cinque anni di residenza.

 Paolo Bonafè

Non scoppierà la bomba demografica

2009-11-07 il venezia - la temuta bomba demografica non scoppieràDopo decenni di allarmismi sul rischio che, il processo esponenziale di sviluppo demografico, avrebbe comportato per il Pianeta – a fronte della limitatezza delle risorse da esso prodotte – gli esperti ci dicono che questo fenomeno sta rallentando. Se, in occidente, il tasso di natalità è sceso negli ultimi 50 anni del 50%, il processo di globalizzazione ha portato a una diminuzione della natalità anche nei paesi in via di sviluppo. Gli esperti mostrano la stretta correlazione fra diminuzione delle nascite e miglioramento delle condizioni socio economiche, per il  maggior livello di istruzione e maggiore utilizzo dei metodi contraccettivi ad esso connessi. Per capire l’ordine della decrescita di cui ci parlano i demografi, i dati ci vengono in aiuto: se nel 1950 la popolazione mondiale raggiungeva i 2 miliardi e mezzo, attualmente raggiunge circa i 7 miliardi, risultando quasi triplicata. Il tasso di incremento della popolazione mondiale ha raggiunto il suo apice durante gli anni ’60, con una crescita annua di circa il 2%, ridotta all’ 1,7% durante gli anni ’80 e a meno dell’1,5 % nei primi ’90. Ebbene, le previsioni per il 2050 indicano che saremo “solo” 9 miliardi. Ma la prospettiva per la quale sembra essere evitata l’esplosione della cosiddetta bomba demografica, rappresenta una delle condizioni per l’ equilibrio dell’ecosistema, ma da sola non ne rappresenta una garanzia. Perché 9 miliardi di persone, che consumassero come un cittadino dell’opulento occidente, porterebbero il pianeta alla catastrofe, mentre, l’obiettivo da perseguire è quello di migliorare le condizioni di tutta intera l’umanità, anche attraverso la tutela del pianeta che ci ospita.

 

Paolo Bonafè Presidente Laboratorio Venezia