Promuovere l’uso del trasporto pubblico quale strategia per migliorare la qualità della vita

La pesante situazione del traffico, presente nel nostro territorio e dovuto all’uso di auto private, va letta alla luce di alcuni dati: il 30% degli abitanti dell’area centrale del Veneto si sposta ogni giorno, al di fuori del proprio comune, per motivi di lavoro o studio e sono 60 le auto possedute ogni 100 abitanti. Va anche rilevato che, nell’ultimo anno, l’aumento del costo del carburante ha comportato un aumento di un 7% degli utenti dei mezzi pubblici, incremento sicuramente interessante, ma non sufficiente a diminuire in modo sensibile la percezione concreta del traffico di auto. Ma va ricordato come l’aumento del costo del petrolio incida pesantemente anche sullo stesso trasporto pubblico locale, per cui, sebbene la Regione Veneto abbia stanziato 10 milioni di euro grazie all’azione politica dell’opposizione, questo stanziamento risulterà insufficiente a compensare il solo rincaro del prezzo dei combustibili. Per promuovere l’uso dei mezzi pubblici va invece sviluppata una politica che si muova su più direttrici, investendo risorse finanziarie per treni, autobus e tram, affinché sia ampliata la rete dei collegamenti, sia migliorata la qualità del servizio di trasporti, evitando il sovraffollamento dei mezzi, sia garantito un sostegno economico alle famiglie per l’acquisto degli abbonamenti/biglietti e sia creato un biglietto unico regionale. Solo una complessiva azione di sistema garantirà una opzione decisiva, da parte dei cittadini, nei confronti del trasporto pubblico, garantendo una diversa vivibilità delle nostre strade e dei contesti urbani, una diminuzione del PM10 nell’aria, con un beneficio significativo per l’ambiente e la salute di ognuno di noi.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

Fronteggiare la crisi del ceto medio con una nuova politica economica

Fronteggiare la crisi del ceto medio con una nuova politica economica

La crisi economica mondiale, alla quale stiamo assistendo, che ha origine negli USA ma che sta interessando anche l’Europa e l’italia per la globalizzazione dei mercati, è dovuta ad una errata politica economia perpetrata negli anni. Infatti sta fallendo il modello di utilizzare il prestito o il mutuo come unico strumento per il mantenimento di un tenore di vita, alle volte superiore alle reali possibilità, unito alla troppa facilità delle banche di erogare prestiti senza le dovute garanzie. Fortunatamente in Italia il sistema bancario è più solido e fortunatamente nel 2002, le forze politiche di opposizione di allora, riuscirono a bloccare un’analoga iniziativa che l’allora (e l’attuale) Ministro Tremonti voleva applicare anche in Italia, per dare un scossa all’economia italiana, che già allora denunciava la prima crisi dei consumi e l’allarme stagnazione. Questo però non rende comunque l’Italia immune dalla crisi visto che anche nostri grandi istituti bancari hanno investito nelle banche che ora stanno fallendo e l’Italia potrebbe rischiare di pagarne una parte delle conseguenze. Sicuramente stanno pagando quei risparmiatori che sono stati indotti da promotori finanziari ad investire capitali in quel mercato.
In Italia l’ISTAT sta evidenziando come esista oramai una stagnazione dell’economia e un crollo dei consumi delle famiglie. Soprattutto la fascia maggiormente toccata da questo fenomeno è il cosiddetto ceto medio che si trova a fronteggiare un aumento dei prezzi e una diminuzione delle proprie risorse economiche.
Questa situazione di “crescita zero”, unita ad una moneta come l’euro troppo forte, rispetto alle altre monete normalmente utilizzate nel mondo (vedi soprattutto il dollaro) porta ad un conseguente aumento dell’inflazione e ad una crisi diffusa, che parte dell’industria e dalle piccola e media impresa ma che finisce nel commercio e nel settore dell’artigianato. All’ondata di crisi seguono anche i tagli e i licenziamenti da parte di alcune grandi aziende, ma che a cascata vanno ad interessare anche quelle piccole imprese che sono il tessuto della nostra economia soprattutto nel nord est. I commercianti e i piccoli imprenditori raccontano di una perdita del 20% del loro fatturato e di una continua moria di piccole e medie aziende che non sono state in grado di fronteggiare la crisi. Necessitano quindi politiche mirate alla riduzione dei prezzi e ad una maggior serenità nell’economia perché altrimenti la paura porterà ad un ulteriore calo dei consumi e quindi ad una crisi indotta ancor più grave di quella attuale.

Paolo Bonafè
Presidente Laboratorio Venezia

La progressiva emergenza idrica esige un modello di sviluppo eco-compatibile.

La progressiva emergenza idrica esige un modello di sviluppo eco-compatibile.
Il problema relativo alla disponibilità di risorse idriche e alla loro fruibilità, è motivo di grande preoccupazione per l’intera comunità mondiale. Alcuni dati possono aiutarci a riflettere: solo il 2,5% dell’acqua presente sulla Terra è “dolce”, di questa percentuale, ben i 2/3 forma i ghiacci polari. Il 70% delle risorse idriche è attualmente impiegato in agricoltura: il Consiglio mondiale delle acque sostiene che, da qui al 2020, per sfamare il mondo, sarà necessario impiegare un 17% in più d’acqua. Contemporaneamente, l’ONU ci segnala la drammatica condizione di 968 milioni di abitanti della Terra, privi di accesso a fonti di acqua pulita e del 33% della popolazione mondiale, che non ha accesso all’acqua potabile. Di fronte all’ obiettivo di dimezzare, entro il 2015, questa percentuale, i dati disponibili evidenziano, invece, un trend negativo: nel 1995 erano 436 milioni le persone, appartenenti a 29 paesi, interessate da problemi di approvvigionamento idrico, nel 2025 – stima la Banca Mondiale – le persone saranno 1,4 miliardi e apparterranno a 48 paesi; nel 2035 il dato riguarderà ben 3 miliardi di persone. Secondo le Nazioni Unite, sarebbero necessari 30 anni di investimenti a 180 miliardi di dollari l’anno, per garantire la sicurezza idrica a livello mondiale mentre, attualmente, gli investimenti ammontano a soli 70-80 miliardi di dollari. Questo “bombardamento” di dati, elaborati da fonti accreditate a livello mondiale, devono tradursi in una politica internazionale volta a garantire un modello di sviluppo eco-compatibile, ma dovrebbe interrogarci sui nostri stili di vita richiamandoci a comportamenti sociali più consapevoli e responsabili.
Paolo Bonafe – Presidente Laboratorio Venezia