Il Terminal di San Giuliano quale alternativa al Ponte della libertà

Gli avvenimenti degli ultimi giorni (la tromba d’aria e l’ennesimo incidente a San Giuliano) evidenziano l’improcrastinabilità che esige la riprogettazione del sistema di collegamento che unisce la terraferma a Venezia.

Nella discussione, che anche questa volta ne è scaturita, alcuni hanno rilanciato la sublagunare quale soluzione al problema. Personalmente, ritengo questo un progetto importante, sia per i benefici sviluppi che porterebbe alla città in termini economici, di modernizzazione e di blocco dell’esodo, sia per la lotta al moto ondoso (per non parlare della salvaguardia dei nostri monumenti dalla corrosione causata dai gas di scarico dei mezzi che solcano la laguna), ma siamo tutti consapevoli che si tratta di un progetto di lunga ed incerta realizzazione, anche per la contrarietà che incontra in vari strati dell’opinione pubblica.

Va sottolineato con forza che Venezia necessita di sviluppare con urgenza e in tempi rapidi un sistema di collegamenti che tolga parte del traffico dal Ponte della Libertà, individuando alternative efficaci, consapevoli che ogni blocco del Ponte ha ricadute che si ripercuotono su tutta la viabilità dell’area di Mestre, del suo hinterland e della tangenziale. In passato, avevo già avanzato una proposta consistente nel dare compimento ai progetti dei terminal (o porte d’acqua) di San Giuliano, Tessera, Fusina e Treporti, proposti dalla prima giunta Cacciari, ma poi accantonati.
In particolare l’aver sacrificato il Terminal di San Giuliano alla causa del parco, sebbene non fossero progetti tra loro incompatibili, ci dimostra che, se oggi questo terminal fosse stato operativo, certe emergenze sarebbero meglio gestibili: ogni giorno quella direttrice potrebbe essere utilizzata da migliaia di pendolari che si riversano nella città storica, contribuendo al raggiungimento dell’obiettivo di ì suddividere i flussi tra residenti/pendolari e turisti.

E’ interessante ricordare che, già nei primi anni del secolo scorso, esisteva un traghetto RIALTO-MESTRE, che ogni mezzora, attraverso un percorso per un tratto del Canal Grande, il Canal di Cannaregio, raggiungeva San Giuliano, per poi proseguire verso Piazza Barche, impiegando allora circa 40 minuti.
Se fosse oggi istituito un servizio di linea San Giuliano – F.te Nuove – S.Pietro di Castello – Lido, questa opportunità verrebbe sicuramente utilizzata dai lavoratori pendolari, ma anche dai “pendolari delle spiagge” che in circa 40 minuti arriverebbero al Lido, senza doversi sobbarcare un viaggio stipati in autobus e motoscafi strapieni, grazie all’utilizzo di capienti motobattelli da 400 persone.

Se poi si realizzasse un nuovo terminal “Ai Pili” si potrebbe pensare a delle linee di navigazione che colleghino questo terminal con il Tronchetto e poi via Canale della Giudecca con l’area Marciana, ottenendo così la completa circunavigazione di Venezia, Bypassando, appunto, Piazzale Roma, e potendo dedicare quest’ultimo soprattutto per il traffico turistico.

Ritengo, pertanto, che l’attuale Amministrazione Comunale sia ancora in tempo per sviluppare una nuova politica sull’utilizzo dei terminal e in particolare modo per ripensare al terminal di San Giuliano, quale alternativa al Ponte della Libertà.

Paolo Bonafe’
Presidente di Laboratorio Venezia
www.laboratoriovenezia.it

L’acqua potabile: una risorsa da non sprecare

Leggendo tra le pagine dei giornali mi ha molto colpito una informazione che per me aveva dell’incredibile e cioè che l’Osservatorio della salute ci dice che l'acqua potabile in Italia è sufficiente solo per i 2/3 della popolazione e che questa emergenza colpisce soprattutto le regioni del Sud Italia, in particolar modo Calabria, Sardegna, Sicilia, Puglia e Basilicata. Ma come? L’Italia che può vantare la presenza di laghi, fiumi, canali e montagne innevate e che ha chilometri di acquedotti si trova in emergenza idrica?
Sembra impossibile, ma la disponibilità di acqua dolce pulita rappresenta una delle tematiche più importanti che non solo l’Italia, ma l'Umanità intera, dovranno affrontare nel prossimo futuro, dal momento che la crescente domanda è superiore alle disponibilità e che l'inquinamento continua ad avvelenare fiumi, laghi e ruscelli.
Nel mondo, sui 5 miliardi di popolazione censita, esistono 1,2 miliardi di persone che non possono contare su un accesso all'acqua potabile e 2,4 miliardi di persone che non dispongono di impianti fognari adeguati. Questo è dovuto ad una congiuntura di fattori: 1) L'aumento della popolazione mondiale, che comporta una sempre crescente richiesta di questa risorsa. 2) L'inquinamento, che causa l'esclusione di importanti fonti di approvvigionamento 3) gli scarichi civili, che riversano nei fiumi una tale quantità di materia organica, da bloccare le naturali potenzialità autodepurative dell'acqua. 4) gli scarichi industriali, che vengono riversati direttamente nei fiumi o in mare o che, arrivano indirettamente a fiumi e laghi, attraverso le precipitazioni metereologiche. 5) I fertilizzanti e i pesticidi, che vengono usati in agricoltura e che provocano l'inquinamento delle falde acquifere. 6) I cambiamenti climatici globali, come l'effetto serra, che causano l'aumento della concentrazione di CO2 nell'atmosfera (con gravi ripercussioni sull'assetto idrico del pianeta.), l’aumento delle temperature nelle regioni aride (con conseguente calo delle precipitazioni del 10% circa), l’aumento delle precipitazioni nelle regioni a clima freddo o temperato (che porterà ad un aumento delle precipitazioni nei periodi invernali di 2-3 volte e a una loro diminuzione del 20-40% nei periodi primaverili).
Se uniamo a queste valutazioni quella che, nel corso del 20° secolo, l'utilizzo dell'acqua è cresciuto a un tasso più che doppio rispetto a quello della popolazione, capiamo che l’emergenza acqua non è solo problematica per l’ecosistema, ma che può portare gravi conseguenze per la politica e per l’economia mondiali, oltre che per la salute delle popolazioni.
Infatti nelle zone più aride la questione idrica è sempre servita ad alimentare la propaganda di regimi nazionalisti. L'acqua si è trasformata, di volta in volta, in obiettivo strategico da colpire per indebolire l'avversario, in uno strumento di ricatto che serviva a garantire la supremazia regionale. E' chiaro che, in questo contesto, la proposta di considerare l'acqua come bene economico raro, assegnandole un prezzo di mercato che ne rifletta la scarsità, non favorisce la pace e la cooperazione, come sostengono i suoi fautori, ma porta dritti alla petrolizzazione dell'acqua.
La soluzione ai problemi legati alla scarsità idrica, in molti casi, non si trova nell'acqua, o in costose e discutibili soluzioni tecniche, ma passa per la volontà politica dei dirigenti. Che vuol dire avviare una seria cooperazione a livello regionale e internazionale.. Nei paesi in via di sviluppo il 90% dell’acqua di scarico viene riversata direttamente nei fiumi, provocando ogni anno 250 milioni di malati. Il Summit Mondiale sullo Sviluppo Sostenibile di Johannesburg ha fissato una serie di obiettivi ambiziosi circa i problemi dell’acqua, tra cui quello di dimezzare il numero di persone che non hanno un accesso adeguato all’acqua e ai servizi sanitari entro il 2015. Il progetto, ha come obiettivi la lotta alla povertà e la conservazione della biodiversità (varietà delle specie animali e vegetali) e vede la proficua cooperazione tra istituzioni e comunità locali. Il Living Planet Index 2002 (l’indice elaborato del WWF che misura lo stato di salute degli ecosistemi e della biodiversità) denuncia che il mondo ha già perso più della metà della biodiversità degli ecosistemi di acqua dolce dal 1970 al 2000, più che per gli ecosistemi terrestri e marini. Quindi l’acqua è una risorsa e dobbiamo avere la capacità di educarci a non sprecarla, dapprima nei nostri usi domestici e poi, come cittadini, sensibilizzando le Amministrazioni Pubbliche a chiudere, durante i periodi di particolare siccità, le varie fontane presenti in città e di dotare le varie fontanelle di un rubinetto, che permetta l’approvvigionamento solo se questi viene aperto e non come succede adesso. Piccoli gesti, che non sono solo mirati a risparmi economici, ma azioni solidali verso chi l’acqua potabile non ce l’ha o non può permettersi di sprecarla.

Paolo Bonafe’
Presidente Laboratorio Venezia