Giornata della Memoria

Il secolo appena trascorso è stato testimone di una indicibile tragedia, che non potrà mai essere dimenticata: il tentativo del regime nazista di sterminare il popolo ebraico, con la conseguente uccisione di milioni di ebrei, uomini e donne, vecchi e giovani, bambini e neonati.
Alcuni di questi furono uccisi immediatamente, altri furono umiliati, maltrattati, torturati e privati della loro dignità ed infine uccisi. Solo pochi di coloro, che furono internati nei campi di concentramento, sopravvissero ed i superstiti, per tutto il proseguire della loro esistenza, sopportarono e sopportano sulla loro carne e nella loro anima ferite, angosce e terrori. Questo fu la SHOAH: uno dei principali drammi della storia. Questo termine fu coniato da ELIE WIESEL, scampato ad AUSCHWITZ e Premio Nobel per la letteratura, per modificare la terminologia “OLOCAUSTO” che proveniva da una analogia tra il sacrificio, raccontatoci nella Bibbia, al quale doveva venire sottoposto Isacco figlio di Abramo. Definizione che risultava pertanto riduttiva ed impropria per indicare la determinata strategia di sterminio perpetrata nei confronti del popolo ebraico.
La “giornata della memoria”, istituita con legge n. 211 del 20.07.2000 art. 1, cade il 27 gennaio di ogni anno, data scelta, in quanto anniversario del giorno in cui vennero abbattuti i cancelli di Aushwitz. La celebrazione di questa giornata deve rappresentare un monito per le nuove generazioni, deve essere un richiamo per ciascuno di noi, poichè la barbarie umana non ha mai fine, l’orrore delle leggi razziali, degli stermini e delle persecuzioni continuano a rappresentare un filo rosso insanguinato evidente e rintracciabile nella storia contemporanea. E’ sufficiente nominare la BOSNIA, l’ IRAQ e quanto succede tutt’oggi in tante, troppe parti del Mondo. PAPA GIOVANNI PAOLO II, nella lettera apostolica “TERTIO MILLENNIO ADVENINTE” scrisse: “ …è giusto pertanto che, mentre il secondo millennio del cristianesimo volge al termine, la chiesa si faccia carico con più viva consapevolezza del peccato dei suoi figli nel ricordo di tutte quelle circostanze in cui, nell’arco della storia, essi si sono allontanati dallo spirito di Cristo e dal suo Vangelo, offrendo al Mondo, anziché la testimonianza di una vita ispirata ai valori di FEDE, lo spettacolo di modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo”.
Pertanto, dinanzi al genocidio del popolo ebraico nessuno può dichiararsi non responsabile, come nessuno oggi può restare indifferente agli orrori ed alle ingiustizie del tempo presente. La volontà di giustizia e pace devono rappresentare i valori fondanti dell’agire personale e sociale di tutti gli uomini di “buona volontà”, affinché dalla memoria consapevole della pagina più buia della storia d’Europa, si sappia trarre insegnamento per costruire un mondo solidale e rispettoso delle differenze culturali e religiose.

Paolo Bonafè
Ass.cult. Laboratorio Venezia

Perchè richiedere lo Stato di calamità Ambientale su Mestre

La paralisi dei trasporti, legata al nodo della tangenziale di Mestre, é il problema prioritario al quale va data al più presto una soluzione. Sulla tangenziale passa una media di 120.000 veicoli al giorno con punte di 170.000, di questi il 30% è traffico pesante e il 30% è traffico di puro attraversamento. Negli ultimi 10 anni, il traffico è cresciuto del 3,4% all’anno. Nei prossimi 10 anni il traffico crescerà dell’ 1,7% -2,5% all’anno (ma nei primi mesi di quest’anno il traffico pesante è aumentato ad un ritmo dell’8%). Considerato, inoltre, che sulla tangenziale di Mestre si sommano traffici di natura diversa, da quello urbano locale a quello che proviene dalle altre province e che il 50% dell’inquinamento dell’aria di Mestre deriva dal traffico della tangenziale, che fa rilevare le più alte concentrazioni di polveri fini PM10, si capisce perché si sia richiesto “LO STATO DI CALAMITA’ AMBIENTALE SU MESTRE”, ancora in data 29 giugno 2002, con una lettera presentata dal sottoscritto al Sindaco, una lettera presentata dal Consigliere Regionale PICCOLO al presidente GALAN e una inviata dai parlamentari BERGAMO e D’AGRO al Presidente BERLUSCONI, affinché i destinatari si attivino per creare una AUTORITY che gestisca questa emergenza.
L’Autority dovrebbe essere presieduta dal livello regionale e dovrebbe dare voce ai sindaci dei comuni interessati, assieme ad ANAS, ARPAV e alla PROVINCIA, la stessa dovrebbe avere il potere di determinare, se necessario, il blocco del passaggio dei TIR, primi colpevoli degli ingorghi e dell’inquinamento da polveri fini PM10. Ma questo non è sufficiente, aspettando il PASSANTE si può e si deve intervenire: sui collegamenti alternativi TRENO (FS CARGO) e NAVE (ADRIATICA di Navigazione di VENEZIA), che possano determinare così nuovi sviluppi e nuovi collegamenti; controllando il livello delle emissioni dei veicoli in transito; regolando gli accessi alla tangenziale; potenziando le informazioni in merito alla tangenziale (sistema MARCO); garantendo la gestione di un sistema di emergenza; realizzando al più presto la terza corsia della tangenziale e tutti quegli interventi di viabilità urbana oramai non più procrastinabili (Via dell’Elettricità – Via Castellana – via Asseggiano – via Gazzera – Soluzione del nodo di San Giuliano – Viabilità dell’Ospedale di Zelarino – Modifica degli attraversamenti in Via Martiri della Libertà); prevedendo una viabilità extraurbana complementare e passante attraverso la realizzazione di opere di trasporto metropolitano su rotaia e cavo ( vedi SMFR e il TRAM di Mestre).

Diciamo No ai tagli previsti nella Finanziaria 2006 per la FLOTTA PUBBLICA e per la CANTIERISTICA ITALIANA

Da analisi fatte l’80% delle merci in entrata ed in uscita dall’Italia viaggia via mare e di queste il 66% (per la mobilità interna) si sposta poi su strada; se a questi dati sommiamo anche il trasporto civile, l’incidenza del trasporto su gomma sale all’87%. Con questi dati dobbiamo onestamente dirci che i progetti di costruzione e/o ampliamento di autostrade non possono rappresentare l’unica via di sviluppo possibile per il Paese, per i costi economici ed ambientali che comportano.
Pertanto il trasporto marittimo, soprattutto per percorrenze superiori ai 300 km, diviene il settore che potrebbe registrare un alto margine di sviluppo e un basso impatto ambientale. Purtroppo, però, questo settore occupa ad oggi, solo il 5% del traffico merci totale. Pertanto, in una penisola come l’ITALIA, l’azione politica non può prescindere dall’analisi attenta dei costi economici, sociali ed ambientali delle scelte che si effettuano. Da un lato l’aumento vertiginoso di presenza di tir sulle nostre strade mette in luce l’inquinamento prodotto, le eccessive ore di guida dei camionisti, l’usura dei mezzi, il rischio incidenti; dall’altro il rilancio del trasporto via mare, garantirebbe l’allentamento della pressione sul nostro sistema stradale, permetterebbe la revisione di investimenti economici onerosi in infrastrutture con tempi lunghi di realizzazione.
Orbene, allora non si capisce perché il Governo non attui misure mirate in tale direzione. CONFITARMA ha lanciato un messaggio di allarme al Parlamento e al Governo che è rimasto ad oggi inascoltato. La stessa, con una lettera aperta inviata lo scorso 19 dicembre, chiedeva il rinnovo degli sgravi contributivi per le navi che operano nel cabotaggio, oltre al rifinanziamento della legge 88 del 2001, che consente di ridurre i costi per le costruzioni navali .
Intervenire in tali settori è indispensabile per non penalizzare importanti realtà industriali del nostro Paese. Gli sgravi contributivi per le navi che operano nel cabotaggio è una misura introdotta nel 1999, con l’apertura del traffico marittimo interno alle navi degli stati europei e tale intervento è finalizzato a ridurre i costi di esercizio delle navi italiane. L’altro intervento menzionato è il finanziamento della legge 88 del 2001, che prevede in accordo con il regolamento europeo, contributi del 9% per gli armatori che decidono di rivolgersi a cantieri italiani per costruire nuove navi. Questo significa che, per 17 delle cinquantasei nuove navi costruite grazie alla legge, non ci sono i soldi che il Governo si era impegnato ad assicurare agli armatori. Se uniamo poi questi tagli a quelli previsti per la flotta pubblica, in ordine ai contributi per i servizi dovuti, la situazione diviene davvero grave.
Questo significa mettere in pericolo migliaia di posti di lavoro e mettere in ginocchio un fondamentale settore economico.
Le Associazioni di Categoria degli Armatori pubblici e privati e l’ANCANAP (Associazione dei Cantieri Privati Italiani) auspicano che il Governo intervenga grazie ad un decreto correttivo “OMNIBUS”, anche se ad oggi non ci sono messaggi positivi in tal senso. Sotto il profilo ambientale sembra banale ricordare il livello inferiore di inquinamento prodotto dalle navi e il minor consumo energetico: le navi utilizzano nafte pesanti meno costose e prive di additivi che, se bruciate secondo le nuove normative, non inquinano.
In secondo luogo, sviluppare il trasporto via mare, comporta investimenti calcolati in una percentuale di 15 volte inferiore, rispetto agli investimenti necessari per infrastrutture stradali o ferroviarie. Un ulteriore calcolo evince che sarebbero sufficienti circa quindici navi traghetto, per diminuire del 20% il traffico pesante nelle tratte autostradali più congestionate: tale soluzione sarebbe disponibile in tempi ridotti rispetto alla realizzazione di infrastrutture autostradali e ferroviarie.

Pertanto, visto che a VENEZIA esistono importanti compagnie armatoriali e importanti cantieri di costruzione navale diviene fondamentale che i politici: parlamentari ed amministratori locali, intervengano verso il Governo ed il Parlamento per evitare che i tagli previsti mettano in ginocchio l’economia marittima e causare importanti ripercussioni anche sui livelli occupazionali locali e quindi sull’economia cittadina.

Il Segretario Regionale
FEDERMAR-CISAL Veneto
Cap.Paolo Bonafè